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Le Opinioni

Fin da piccolo venni allontanato dalla mia famiglia di origine e venni affidato ad una comunità all'età di tre anni e mezzo: mia madre non era in grado di occuparsi dei suoi tre figli...

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Fin da piccolo venni allontanato dalla mia famiglia di origine e venni affidato ad una comunità all'età di tre anni e mezzo: mia madre non era in grado di occuparsi dei suoi tre figli...

Fin da piccolo venni allontanato dalla mia famiglia di origine a causa di gravi problemi di maltrattamento. Principalmente per questo motivo venni affidato ad una comunità, all'età di tre anni e mezzo: mia madre non era in grado di occuparsi dei suoi tre figli e con il passare del tempo la situazione non fece che peggiorare.
In reazione a questi eventi, in me iniziò a crearsi un senso di vuoto, di abbandono e di tristezza fino a quando mi resi conto di essere completamente solo.
Venni spostato da un collegio all'altro, percependo la sensazione di essere considerato come un oggetto che doveva trovare costantemente una nuova posizione, rimanendo così senza punti di riferimento.
Nell'infanzia, ma soprattutto nel periodo dell'adolescenza, il senso di solitudine e abbandono si fece sempre più forte.
Riuscii comunque a trovare un buon lavoro, per il quale mi impegnavo con professionalità, attenzione e scrupolosità oltre che assumendomi importanti responsabilità.
Le mie giornate avevano ritmi di lavoro frenetici fino a quando mi resi conto che stavo dando troppa importanza alla carriera, trascurando la famiglia.
Intanto, in questi anni di duro lavoro, diventai padre di due figli, con due compagne diverse.
Ho voluto sposarmi molto giovane perché sentivo il desiderio di costruire una famiglia tutta mia, ma non avendo vissuto in prima persona le basi per formarla, le cose andarono male.
Questa situazione mi mise a dura prova, e come soluzione cominciai ad utilizzare la sostanza. Iniziai per gioco, poi con il passare del tempo ne divenni succube, la utilizzavo come antidepressivo e come aiuto per non pensare ai veri problemi della mia famiglia.
Ero una persona molto confusa e annebbiata dalla sostanza, ma ero consapevole del fatto che i miei due figli non potessero avere un padre che stava male e non potesse fare nulla per loro.
Decisi di entrare in comunità di mia iniziativa, spinto dal bisogno di fermarmi per pensare e riflettere sul fatto che anch'io ho commesso degli errori.
Volevo ripulirmi e riorganizzare le idee ma soprattutto liberarmi da questa dipendenza che non era solo dalla sostanza, ma da qualcosa che regnava in me, di più antico, ovvero l'affetto che non ho ricevuto dai miei genitori.
So che la dipendenza affettiva è una patologia molto diffusa e sono consapevole del fatto che l'ho sempre portata in me, ma non l'ho mai voluta affrontare seriamente.
Ad oggi rimane per me ancora difficile pronunciare il nome delle emozioni.
Io le chiamo "cose" o "fatti". Nonostante tutto, posso dire che ce la sto mettendo tutta.