338-1938888 o 331-2460501/2/3 o 0172-55294[email protected]

Le Opinioni

Volevo più la bottiglia che mia figlia! Durante la fase acuta della dipendenza alcune volte mi diceva

Volevo più la bottiglia che mia figlia! Durante la fase acuta della dipendenza alcune volte mi diceva "Papi, puzzi di vino!"... CUFRAD ALCOL ALCOLISMO DROGA FAMIGLIA DIPENDENZA. CUFRAD OPINIONI ESPERIENZE TESTIMONIANZE.

Volevo più la bottiglia che mia figlia! Durante la fase acuta della dipendenza alcune volte mi diceva

Ho 40 anni, sono separato e ho una figlia di 9 anni. Sono qui al CUFRAD da circa 5 mesi per curarmi dalla dipendenza dall'alcol. Ho sempre bevuto, ma in maniera normale, come si dice ero un "bevitore sociale" cioè non abusavo della sostanza. Certo, da ragazzo alcune volte ho esagerato, ma non in modo continuo. Negli ultimi due anni invece le sofferenze che avevo accumulato in tutta la vita mi hanno portato a bere in modo esagerato, pensando di risolvere i miei problemi e non capendo che così, invece di risolverli, li aggravavo.

Nella mia famiglia mio padre era molto autoritario e mia madre soffriva di depressione fin da prima che io nascessi. In casa non c'era dialogo, c'erano quasi sempre solo silenzi che, io mi permetto di dire, alcune volte sono più dolorosi delle violenze fisiche. Questo ambiente ha accentuato molto la mia timidezza portandomi a chiudermi sempre più in me stesso, accentuando le mie insicurezze e la mia paura a relazionarmi con gli altri, anche con i compagni di gioco.

Non sono riuscito a sfruttare gli aiuti, datimi dai miei due fratelli più grandi di me. La mia passione per la cucina, che avevo fin da bambino tramandata da mia nonna, mi ha permesso di "scappare" dall'ambiente familiare. Così all'età di 13 anni e mezzo andavo a scuola e lavoravo in un ristorante. Il lavoro mi dava molte soddisfazioni, ma amplificava le difficoltà nei rapporti interpersonali.
Infatti non ho goduto in toto della mia adolescenza e del resto della mia vita. Per questo oggi che sto lavorando su me stesso posso dire che ho, nei confronti del mio lavoro, un rapporto di odio e di amore. Odio perchè non mi ha fatto godere la vita, e di amore perchè oggi mi manca molto.

Con i miei familiari i contatti durante la dipendenza non sono esistiti in quanto sono riuscito a tenerla nascosta a mio padre, così come a mio fratello,a mia sorella e al mio più caro amico. Mia mamma non l'ha vissuta, in quanto è mancata 4 anni fa, ma il suo istinto materno l'aveva messa in guardia, tanto che aveva chiesto ai miei fratelli di starmi vicino.

La mia ex - moglie ha cercato di aiutarmi, ma non ho accettato il suo sostegno per vergogna e perchè ero sicuro di smettere in qualunque momento e quindi la mia dipendenza è stata una delle cause della nostra separazione. Alcune volte sono stato messo in guardia da parte sua che se non mi vedeva lucido non mi avrebbe più fatto vedere la bambina.

Dopo il mio ricovero in ospedale, ricovero al quale sono stato obbligato da mia sorella e da me solo accettato perchè non riuscivo quasi più a camminare, la mia ex - moglie non mi ha mai impedito di vedere mia figlia, anzi le spiaceva quando, a causa degli impegni scolastici della bambina, non ci potevamo vedere molto.
Con la bambina, durante la mia dipendenza, ho cercato di non abusare dell'alcol in sua presenza, ma arrivato ad un certo punto preferivo che lei non venisse più, così potevo fare quello che volevo. Insomma volevo più la bottiglia che mia figlia! Sicuramente lei ha sofferto molto, ma solo oggi mi accorgo dell'aiuto che mi dava. Lei ha conosciuto per sette anni il suo vero papà. Durante la fase acuta della dipendenza alcune volte mi diceva "Papi, puzzi di vino!". Quella parola, "papi", che anticipava una frase che non auguro a nessun padre di farsi dire, sottolineava quanto la mia bambina mi volesse spronare, come se volesse dirmi "Che cosa stai facendo? Non sembri più tu il mio papà!".

Oggi sto fisicamente meglio e sto cercando con l'aiuto degli operatori e dei miei compagni di gruppo, di curarmi psicologicamente, cosa non facile, ma spero con la forza di volontà e il coraggio di mettermi in sesto. Mi ritengo molto fortunato perchè nonostante l'aver fatto del male con la mia dipendenza a molte persone, oggi sono stato perdonato. E' vero... alcuni amici, io li ritenevo tali, mi hanno voltato le spalle, ma oggi ho capito che una possibile ricaduta danneggerebbe in primis me stesso, in quanto mi è stato detto chiaramente dai dottori che se rincominciassi a bere la mia cirrosi peggiorerebbe fino a diventare mortale, e poi le persone che ora mi sono vicine a questo punto non mi perdonerebbero più. E' per questo, grazie all'aiuto di mia sorella e del mio amico, e alla voglia di riconquistare l'amore di mia figlia, che ho trovato il coraggio di venire qui in comunità.

Io voglio imparare ad amare me stesso, solo così potrò anche capire l'amore che ricevo dalla famiglia, da mia figlia e dagli amici. Voglio imparare ad amare perchè solo cosi riuscirò a sconfiggere la mia nemica principale, ciò che mi ha portato alla dipendenza: la solitudine.

Terminato il percorso riabilitativo al CUFRAD voglio continuare a mantenere i contatti con il Ser.T.: purtroppo noi, con disturbi di dipendenza, saremo sempre a rischio. Dovrò essere consapevole che l'alcol è ovunque, ti mette sempre alla prova e quindi farsi aiutare da un esperto è importantissimo.

Oggi voglio godermi la vita in tutti i suoi istanti. Con la lucidità si possono vedere le bellezze della natura, si ama veramente con il cuore e l'anima, si godono i piccoli momenti di felicità come il ricevere un sorriso, una parola dolce, un aiuto, insomma...si gode la vita a 360 gradi e non come sotto l'effetto dell'alcol dove tutto è irreale.

Mi permetto di consigliare a chi è in difficoltà di farsi aiutare. Lo so, non è facile, perchè spesso subentra la vergogna. Non bisogna permettersi di sfidare l'alcol. Lui è troppo forte e vincerà sempre, in ogni caso. Si rischia di perdere tutto: la famiglia, il lavoro, le amicizie e sopratutto si perde il nostro io.

Godiamoci la vita che ci è stata donata, non devastiamola con le sostanze. Prima di farlo pensiamo che, pur avendo molti problemi, ci sono persone malate che vorrebbero godersi la vita, ma sono immobili in un letto, quindi non distruggiamo il nostro corpo. Troviamo il coraggio di affrontare i nostri problemi!