338-1938888 o 331-2460501/2/3 o 0172-55294[email protected]

News di Alcologia

Alcol e minori, la meglio gioventù dei bevitori

Alcol e minori, la meglio gioventù dei bevitori

Alcol e minori, "la meglio gioventù dei bevitori"

di LORENZO MARONE
 

Iniziamo con un po’ di dati: quasi 9 milioni di italiani risultano essere "bevitori a rischio", cioè bevitori forti, che fanno uso di alcol anche fuori dai pasti, tra questi quasi 3 milioni di anziani e 700mila minori.
 

L’alcol causa 17mila morti all’anno, ed è la principale causa di decesso fra i giovani. Dilaga fra i ragazzi il binge drinking, l’assunzione in brevissimo tempo di una quantità smodata di drink, per ubriacature immediate. A tredici, quattordici anni un terzo degli adolescenti supera almeno una volta alla settimana la dose raccomandata, e il battesimo in Italia avviene fra gli undici e i dodici anni, senza grandi differenze fra giovani problematici o appartenenti alle cosiddette "famiglie bene". Dei 39mila intossicati giunti al Pronto Soccorso nel 2018, il 17% ha meno di quattordici anni.
L’Italia spende ogni anno circa 25 miliardi di euro per gestire le conseguenze devastanti dell’abuso di sostanze alcoliche. A Napoli, nella notte di San Silvestro, 20 casi di coma etilico, tutti pazienti con meno di venti anni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’alcol rappresenta in Europa il secondo fattore di rischio malattie e morte prematura dopo il tabacco, e l’assunzione globale nel mondo negli ultimi trent’anni è aumentata in modo esponenziale.
 
Questi i dati.
Ma perché siamo arrivati a tanto? Quali le cause? In verità, io non so se un tempo si consumasse davvero meno alcol, soprattutto qui da noi, siamo un Paese che ha sempre bevuto, in alcune zone esiste il caffè corretto alla mattina, e il grappino dopo pranzo. Ricordo che da bambino il nonno non pranzava senza un bicchiere di rosso sulla tavola, era così in tutte le famiglie, il vino non poteva mancare, e poi l’amaro, il digestivo, il limoncello, piccoli piaceri degli adulti, rituali che segnavano il confine fra l’età bambina e il diventare uomini. Approdare a una bevuta alla tavola familiare insieme al padre e al nonno era il destino di noi maschi, il certificato di adultità compiuta. Nella nostra cultura l’alcolismo è da sempre tollerabile, se non addirittura visto di buon occhio, "fa sangue" si dice ancora oggi, un bicchiere di vino non ha mai ucciso nessuno, fortifica, e la birra disseta, ti rende figo e dannato agli occhi del gruppo, come la sigaretta stretta fra le dita. Anche a quarant’anni, se ti vuoi divertire come ai vecchi tempi, occorre l’alcol, c’è poco da fare; oggi va di moda pure l’aperitivo alcolico, e se chiedi un crodino invece di uno spritz diventi subito un emarginato. Come il povero adolescente astemio, bullizzato ed eternamente preso per il culo perché ama la coca cola, piccino.
 
C’è la cultura del bere, quindi, i nostri figli crescono con l’idea che sia la patente per entrare nel mondo dei grandi. Nessuno spiega loro quanto faccia male l’abuso di alcol, nessuno fa due più due e capisce che i bicchieri di vino da due possono facilmente diventare quattro, che per arrivare a sballarsi basta poco, solo un accenno di ribellione adolescenziale, la voglia di sfidare la vita e i limiti. Nessuno sembra preoccuparsi per il gran numero ancora oggi di morti in Italia per cirrosi epatica, non ci si preoccupa nemmeno della correlazione fra alcol e insorgenza di tumori. Senza contare ovviamente gli incidenti su strada. Nessuna educazione, e divieti nemmeno a parlarne. Sì, esiste la legge, ma chi la rispetta; in America, se ti beccano a vendere alcol ai giovani, ti tolgono subito la licenza, ma questo è il Paese dei Balocchi, e se proibisci un po’ di sano divertimento, se pretendi che i titolari dei bar non vendano ai minori e la sera chiudano a un orario umano, sei un vecchio fascista retrogrado. Lo Stato non colpisce i commercianti e non si preoccupa di prevedere corsi nelle scuole, ci guadagna e poi spende parte del ricavato per l’assistenza e il controllo sulle strade, un bel paradosso.
 
(...omissis...)
 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)