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Demenza e disturbi cognitivi correlati all'abuso di alcol

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Demenza e disturbi cognitivi
Una forma di demenza può essere fra le conseguenze tardive dell'etilismo. Si era ipotizzato che essa non fosse altro che un'estrema evoluzione della Sindrome di Wernicke-Korsakoff, ma vari aspetti distintivi hanno portato ad escluderla. Innanzi tutto le alterazioni rilevabili con la RNM sono diverse: atrofia selettiva di alcune aree del cervello per la Sindrome e atrofia diffusa per la demenza da alcool. Inoltre, la demenza è preceduta da carenze parziali della funzione cognitiva che non sono presenti nella Sindrome. D'altra parte, il fatto che la carenza da alcool presenti caratteristiche che la distinguono anche da forme di demenza, come quelle da traumi cranici e da insufficienza epatica, permette di identificarla come una patologia a sé stante. Quello che resta da definire è come mai, a parità di entità e durata di assunzione di alcool, alcuni sviluppino la demenza e altri no. Comunque, secondo criteri diagnostici accreditati, un'assunzione di alcool intensa e prolungata e il permanere dei sintomi della demenza, per di più di tre settimane di astinenza confermano la diagnosi di demenza da alcool.


La maggior parte dei soggetti nei quali viene formulata la diagnosi di demenza da alcool è di solito in età avanzata e hanno presentato in precedenza alterazioni di alcune funzioni cognitive fra le quali memoria e funzione esecutiva. La funzione esecutiva comprende processi come l'attenzione, la memoria cosiddetta di lavoro (working memory), la soluzione di problemi (problem solving), la progettazione e la modificazione del comportamento, necessari per raggiungere un particolare obiettivo in modo articolato e flessibile. Fattori che influenzano la comparsa delle alterazioni della funzione cognitiva provocate dall'alcool sono il sesso, la durata dell'abuso o la quantità di bevande alcoliche introdotta giornalmente. Alcuni autori hanno valutato la possibilità di ripristinare le funzioni cognitive compromesse dall'etilismo: si è rilevato che un recupero ci può essere, sia pure parziale, ma non sono stati individuati i meccanismi che lo determinano.


Ma le alterazioni della funzione cognitiva indotte dall'assunzione di alcool non sono appannaggio solo della terza età. Evidenze cliniche hanno dimostrato che esse si verificano anche negli adolescenti che consumano alcool, sotto forma di ridotta capacità di attenzione e carente "memoria di lavoro" o a breve termine. In questa fascia di età i danni possono essere particolarmente gravi, anche per quantità e frequenza di assunzione di alcool relativamente contenute, in quanto il sistema nervoso centrale è in una fase di sviluppo che lo rende particolarmente sensibile agli effetti negativi di questa sostanza. Inoltre, il fatto che fra gli adolescenti episodi di assunzione di grandi quantità di bevande alcoliche si alternino a fasi di relativa astinenza non comporta una riduzione del danno, ma anzi determina alterazioni della maturazione e della capacità di adattamento del cervello (plasticità) che hanno conseguenze a lungo termine sui comportamenti dell'individuo. Se la quantità e la frequenza di assunzione a rischio sono più basse in questa fascia di età, i meccanismi attraverso i quali l'alcool danneggia il cervello negli adolescenti non sono diversi da quelli osservati nelle altre fasce di età. Si osservano infatti modificazioni della funzione dei neuroni associate a fenomeni infiammatori. Infine, nel sistema nervoso centrale degli adolescenti l'alcool determina alterazioni epigenetiche ovvero cambiamenti nell'espressione dei geni dei neuroni che, a loro volta, possono alterarne le funzioni e favorire l'instaurarsi della dipendenza.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it