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Regione Lazio: considerazioni sul trattamento dei tossicodipendenti

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Colpa dei ritardi e delle lungaggini amministrative. Ma è anche colpa della politica. Le comunità che combattono la tossicodipendenza sono al verde perché le Regioni esitano a pagare le rette. E' questo il grido d'allarme lanciato dalle comunità terapeutiche Fondazione Villa Maraini, storico centro antidroga romano e dalla Saman, l'associazione laica no profit che opera nel settore del recupero dei tossicodipendenti, a livello locale e nazionale.
Degli oltre 67mila detenuti nelle carceri italiane il 25 per cento sono tossicodipendenti. Per loro, l'accesso a misure alternative alla detenzione riguarda soltanto un condannato su sei. Perché? "Riceviamo il pagamento delle rette con enorme ritardo" - spiega Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini. L'ammontare delle rette giornaliere è di 27,90 euro. Una cifra stabilita dal ministero della Giustizia prima della riforma regionale. E con il passaggio di competenze dalle Regioni e alle Asl, le cose non sono migliorate affatto. Ventisette euro e novanta al giorno per ogni tossicodipendente. Una somma che però non copre né le notti di lavoro né i giorni festivi. Non basta. Nonostante la cifra bassissima, di questi soldi non c'è ancora traccia. E infatti, "per il 2009 - spiega Achille Saletti, presidente dell'associazione Saman - non è ancora arrivata una lira, mentre per il 2007/2008, gli operatori aspettano ancora 100mila euro dal ministero di Giustizia".
Colpa della burocrazia. Mediamente le rette vengono pagate a uno-due anni di distanza. Il meccanismo è sempre lo stesso. "Il processo - spiega Saletti - è 'triangolare': per il servizio che noi forniamo, su commissione della Regione Lazio, le banche sanano il credito che i nostri centri di recupero maturano con le Asl. Poi sono le banche a recuperare gli importi dalle Asl stesse. Sulle cifre di denaro a noi destinate, però, gli istituti di credito trattengono degli interessi. Su 100 a noi arriva 97". Un meccanismo, questo, che va avanti da almeno tre anni a causa del debito che le Asl del Lazio hanno nei confronti dei centri di recupero.
Di più. A confermare che in Italia, "ci sono molti più drogati in carcere che non nelle comunità" sono le procedure amministrative che un condannato deve seguire per essere trasferito. Come funziona? "Il centro dà la disponibilità e, sulla base del numero massimo di posti letto che abbiamo (numero stabilito dalle Asl stesse) il detenuto - chiarisce il presidente della Saman - può fare richiesta di trasferimento. Dopo di che, viene messo sotto osservazione dal servizio alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni che certifica lo status di tossicodipendente del detenuto. Infine la valutazione di idoneità. A quel punto il servizio dovrebbe fornire un nulla osta in tempi rapidi". Ma così non avviene. E infatti, le comunità terapeutiche, dopo aver dato la disponibilità, sono costrette ad attendere ancora. "Spesso - conclude Saletti - le camere restano riservate ma i posti letti rimangono vuoti anche fino a 40 giorni".Burocrazia, ma non solo. "Questo - aggiunge Saletti - è un problema che investe tutte le comunità di recupero. Da Roma in giù. Il Lazio, con la Puglia, è la Regione che fornisce meno sussidi in assoluto. A darci il denaro sono le Asl, è vero, ma dipende tutto e soprattutto dalla Regione che equipara i nostri centri a dei fornitori normali: alle grandi case farmaceutiche o ai gruppi come quello di Angelucci".Quanto servirebbe? "In media avremmo bisogno di 60-70 euro al giorno per tossicodipendente - dice Saletti - Questo perché, oltre alla cura della dipendenza stessa, si tratta di uomini che hanno bisogno di mangiare, di dormire, di assisitenza socio-sanitaria e di ogni genere di conforto indispensabile per attenuare l'astinenza. E invece, negli ultimi mesi abbiamo lavorato gratis". Anche la politica ci mette lo zampino: "Invece di costruire carceri - sottolinea ancora il presidente della Saman - la politica potrebbe intervenire sull'amministrazione, rendere i passaggi burocratici più rapidi, finanziare i centri di recupero, spostando i tossicodipendenti dalle carceri alle comunità". E invece, in Italia nel 2007, erano 24.371 i tossicodipendenti in carcere e solo 16.433 quelli in comunità.