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Adultescenti: tra eterna adolescenza e mancanza di identità

Adultescenti: tra eterna adolescenza e mancanza di identità

Ammaniti e la società degli “Adultescenti” tra eterna adolescenza e mancanza di identità

Dal tema della neotenia in Hobbes al problema dell'identità personale in Feuerbach, il saggio "Adolescenti senza tempo" di Massimo Ammaniti ripropone in chiave attuale problemi che hanno da sempre caratterizzato il pensiero umano.

Massimo Ammaniti, professore di Psicopatologia dello Sviluppo presso l’università La Sapienza di Roma, ha pubblicato recentemente il suo ultimo libro“Adolescenti senza tempo”. Il testo, scritto sotto forma di saggio, affronta la condizione degli adulti di oggi che, citando le parole dell’autore, si trovano a “vivere un’adolescenza eterna”. Ammaniti li definisce infatti “adultescenti”. “Sono adulti che cronologicamente potrebbero essere dei genitori, ma continuano ad avere delle caratteristiche adolescenziali”. A questo perpetuarsi della condizione giovanile è connesso il tema dell’identità personale. Il raggiungimento di una identità personale, condizione necessaria per entrare nel mondo degli “adulti”, ritarda sempre più il momento della sua consapevolezza. Alla base di questo mutamento umano troviamo quelle che posso essere definite come “distrazioni sociali”, ovvero i social network, lo spasmodico utilizzo della tecnologia e il consumismo omologante.

L’uomo è un essere neotenico

Tema centrale del saggio risulta essere dunque la neotenia. Con questo termine si intende la tendenza che hanno alcuni organismi di mantenere in età adulta le caratteristiche infantili della propria specie. Nell’uomo questa condizione è di gran lunga più marcata e decisiva che in altri esseri viventi. Già Hobbes, nel “De Cive”, si era soffermato su questo argomento poiché è uno dei motivi per cui la società risulta necessaria per il nostro genere. L’uomo infatti acquisisce autosufficienza nel vivere ad un età molto avanzata. I bambini non sono capaci di orientarsi da soli nel mondo come avviene invece per i cuccioli di altre specie animali. Data questa dilatazione temporale della condizione di immaturità risulta allora necessario per la sopravvivenza costruire una società che si renda garante della conservazione della vita di ognuno, anche dei più piccoli. E forse non è un caso che questa condizione umana si stia allungando in corrispondenza ad un declino della nostra società nella capacità di garantirci un certo sostegno.

Il problema dell’identità

“In passato i genitori affrontavano un percorso che li portava ad essere adulti. Ora si vestono tutti allo stesso modo (…) Tende ad esserci un’omologazione che riguarda fasi diverse.” Questo è l’altro tema centrale affrontato da Ammaniti nel suo saggioL’omologazione è divenuta ormai l’unica forma di risposta all’inquietudine che comporta la progressiva conoscenza di se stessi. La società si sta evolvendo e quelle strutture di pensiero che hanno da sempre promosso la formazione di una coscienza di sé stanno scomparendo. Rousseau, nel porre un problema di identità, avrebbe tirato in ballo le piccole patrie ed i costumi connessi ad esse. Avrebbe posto quella vicinanza fisica e mentale che accomuna chi abita lo stesso luogo come valore per il formarsi di una coscienza identitaria. Machiavelli avrebbe parlato parimenti della patria ed avrebbe aggiunto la religione come momento di coesione sociale capace di orientare la nostra direzione nel mondo. Concezioni forse troppo lontane dal nostro tempo, dove termini come patria e religione sembrano anacronismi.

Il valore della Differenza

Una risposta alla tendenza omologante della nostra società potremmo trovarla negli scritti di Feuerbach. Sebbene “l’allievo” di Hegel abbia vissuto in un’epoca ancora estranea a queste prospettive di massificazione del desiderio e del gusto, la sua teoria può ugualmente fornire ottimi spunti di considerazione sui quali strutturare nuove idee. Sostenitore di un’eguaglianza ontologica degli uomini, in quanto ogni uomo è un momento di un principio comune a tutti, ovvero il genere umano, Feuerbach definisce, molto hegelianamente, un piano di acquisizione dell’identità sulla base del differenziarsi. Infatti egli sostiene che si sviluppa una propria identità in quanto ci si differenzia da ciò che è altro da noi stessi. Io posso dunque essere in identità con me stesso solo nella misura in cui mi differenzio da tutto ciò che non sono io. Ed è proprio il determinarsi di pluralità differenziate a fornire una propria identità ad ognuno e a manifestare ogni possibilità di ciò che ci accomuna in quanto siamo tutti esseri umani.