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Disturbi alimentari, curarsi è un'odissea

Disturbi alimentari, curarsi è un'odissea

Disturbi alimentari, curarsi è un'odissea

I medici di base spesso non sono in grado di fornire un aiuto mirato e le strutture adeguate sono pochissime: il risultato è che dopo esperienze drammatiche in "normali" reparti psichiatrici, le giovani pazienti di anoressia sono costrette a fare anche mille chilometri per ottenere le cure giuste. Un viaggio lungo e costoso che solo le famiglie più fortunate possono permettersi. Anche perché molte Asl fanno di tutto per non concedere le autorizzazioni necessarie alla trasferta

di VALENTINA RUGGIU

ROMA - Quando Laura viene ricoverata al Bambino Gesù di Roma è quello che chiamano un 'giorno della pesa', "l’unico - riflette - in cui faresti di tutto per riavere indietro almeno due chili". Sono le 10:30 e l’acqua bevuta di nascosto inizia a farsi sentire.Deve sforzarsi però di trattenerla perché davanti a lei ci sono ancora due ragazze. Passa mezz’ora, viene chiamata, e al termine della visita può finalmente tirare un sospiro di sollievo: l’ago segna un chilo in più. "Ce l’ho fatta", pensa. Eppure si ritrova sdraiata su un letto del reparto di psichiatria infantile con una flebo nel braccio. Ha 15 anni, soffre di anoressia nervosa e per curarsi, dalla Sardegna, è dovuta arrivare nel Lazio. Il suo non è un caso isolato.

La storia di Laura è la stessa di Sofia, Roberta o Clarissa. Cambia il nome, ma non il fatto che provengono tutte dalla metà sbagliata d’Italia: quella in cui le strutture per curarsi non ci sono o non sono adeguate. Anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata sono tre volti di una patologia tra le più complesse da curare, con una tendenza alla cronicizzazione elevata (circa il 20-30% dei casi) e un indice di mortalità (5-12%) che ne fa la seconda causa di morte tra i giovani. Eppure trovare assistenza non è semplice e le difficoltà sono disseminate lungo tutto il percorso di cura. Le eccellenze sono rare, concentrate in poche strutture, e alimentano un continuo pellegrinare di pazienti provenienti non solo dalle solite zone del Meridione, ma anche da Regioni più ricche come Toscana, Lazio e Piemonte. Una delle mete più gettonate è Todi. L’Umbria è stata infatti tra le prime a sviluppare una rete per la cura e da anni ormai è un punto di riferimento nel trattamento di queste patologie. Palazzo Francisci, una struttura residenziale inserita in un percorso terapeutico che accompagna gradualmente i pazienti sino al ritorno alla vita normale, è considerata una tra le migliori realtà italiane. 

"Ignoranza e pregiudizi, guarire dall'anoressia è una corsa ad ostacoli"

Il ricovero può durare dai tre ai sei mesi, in base alla profondità con cui i comportamenti e i pensieri malati si sono radicati nella personalità del paziente. Un luogo protetto, quasi una campana di vetro, in cui i ragazzi ospitati si sentono in condizione di abbassare le barriere costruite in anni di malattia. Entrarci però non è semplice. La richiesta è tanta, i posti sono pochi e l’attesa è lunga. Se non si è umbri bisogna ottenere l’autorizzazione dell’azienda sanitaria di provenienza. Un processo macchinoso che non sempre va a buon fine e che qualcuno tenta di aggirare cambiando addirittura residenza. Cosi ha fatto Paola, romana, che dopo il ricovero a Palazzo Francisci ha deciso di continuare il percorso in regime semi residenziale a Todi. I genitori le hanno preso un appartamento in affitto e dal lunedì al venerdì ha i pasti assistiti e le terapie al centro “Nido delle rondini”, mentre il sabato e la domenica deve essere in grado di gestirsi da sola. A Roma sarebbe stato impossibile ottenere lo stesso servizio, senza contare che ormai con quei dottori-amici si è stretto un legame terapeutico difficile da ricreare.

Il Lazio è una di quelle Regioni che sulla carta ha tutti i livelli di assistenza necessari, ma “a Roma funziona solo una Asl per i disturbi alimentari”, spiega la mamma di Clarissa. Mentre la struttura residenziale presente sul territorio è in realtà una clinica psichiatrica in cui vengono curati disturbi psicologici di ogni tipo. Un ambiente completamente diverso rispetto a Todi. "E' difficile che i pazienti accettino di stare in un ambiente troppo psichiatrico, di solito se ne vanno", dice la dottoressa Laura Dalla Ragione, responsabile dei centri Palazzo Francisci e Nido delle Rondini di Todi. I genitori di Paola confermano. "Camici bianchi, lettini d’ospedale, sbarre alle finestre. La nostra Asl voleva farla curare in un'ambiente del genere".Ma di chilometri c'è anche chi è costretto a farme molti di più dei circa 150 che separano Todi da Roma. Per tre mesi, ogni week end, i genitori di Maristella dovranno lasciare le altre due figlie ai nonni e arrivare in Umbria da Torino. Vuol dire percorrere qualcosa come 1200 km in 48 ore. "In Piemonte strutture residenziali che accettino bambini al di sotto dei 14 anni non ce ne sono e Maristella di anni ne ha solo 12", raccontano. Alle spalle ha però già un anno e mezzo di anoressia e un ricovero di sei mesi.
(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2016/08/08/news/disturbi_alimentari_se_curarsi_e_un_odissea-143694481/

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)