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Disturbi del comportamento alimentare nello sport

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Disturbi del comportamento alimentare nello sport

Il 10 giugno 2012 si è tenuto ad Assago (MI) il Congresso Nazionale SINSeB (Società Italiana Nutrizione Sport e Benessere).

Ho avuto il grande onore di parteciparvi come relatore e, insieme a Clorofilla come uditrice e fotografa, mi sono immerso in una intera giornata dedicata alle novità inerenti la nutrizione sportiva e il benessere.

Il mio intervento ha riguardato i DCA (disturbi del comportamento alimentare) nello sport. Si tratta di un problema diffuso verso il quale negli ultimi anni è aumentato l’interesse ma, purtroppo, le conoscenze a riguardo sono ancora molto scarse.

Molte sono le atlete che si sottopongono a diete incongrue, non adatte allo sport praticato e che spesso si ritrovano in una condizione di iponutrizione. Spesso per la fobia del peso corporeo saltano il pasto, si disidratano usando indumenti gommati per sudare, si inducono il vomito o usano lassativi, tutte pratiche molto pericolose per la salute.

Questi comportamenti alimentari non salutari possono manifestarsi sotto diverse forme, ad esempio come un’alimentazione irrazionale, compulsiva, restrittiva e le cause scatenanti sono le più diverse (stress, infortuni, eccetera).

Ma quali sono gli sport a rischio?

    sport di endurance (ad esempio corse di lunga durata, triathlon, ciclismo, sci di fondo)
    sport estetici (danza, pattinaggio artistico, ginnastica artistica, nuoto sincronizzato)
    sport con categorie dei peso (lotta, arti marziali, pugilato) con una prevalenza soprattutto di disturbi di tipo bulimico
    sport che ricercano un basso peso corporeo (equitazione, ciclismo)
    sport che enfatizzano la massa muscolare (body building)
    sport in cui l’abbigliamento per la competizione rivela la forma del corpo (nuoto, pallavolo)

Classificare i disturbi alimentari è complesso. Non esistono solo anoressia e bulimia, ma una serie di sfumature che vanno dal BED alla dismorfofobia muscolare, alla triade femminile dell’atleta, all’anoressia atletica e all’ortoressia. Quest’ultimo disturbo in particolare è di recente identificazione molto presente negli atleti ed è caratterizzato da un’ossessione per il mangiare sano, da un eccessivo controllo sulla qualità dei pasti con rischio di iponutrizione e compromissione della vita sociale, affettiva e lavorativa.
Gli studi sull’argomento DCA dello sport non sono privi di criticità. I problemi sono legati alla metodologia (spesso mancano gruppi di controllo o la statistica è troppo esigua), alla variabilità relativa al tipo di sport e alla diagnosi, il più delle volte effettuata mediante questionari di autovalutazione.
Tenendo conto di ciò, tali studi hanno dimostrato che la prevalenza dei DCA è più alta negli atleti rispetto ai non atleti e che aumenta con il livello della competizione.
Sebbene la frequenza dei disturbi alimentari sia maggiore nelle atlete, il problema non deve essere sottovalutato nei soggetti di sesso maschile, soprattutto per quanto riguarda la bigoressia che invece è prevalente nei maschi.

Le differenze esistenti tra anoressia nervosa e anoressia atletica aiutano a fare chiarezza su alcune peculiarità di tali disturbi nello sport: nel primo caso la perdita di peso è spesso associata a un disturbo dell’immagine corporea, mentre nel secondo caso è finalizzata a ottenere un miglioramento della performance sportiva e spesso si tratta di un comportamento temporaneo modificato volontariamente dall’atleta ad esempio in funzione dell’allenamento o della stagione.

È fondamentale che chi si occupa di questi disturbi sia un team multidisciplinare (psichiatra, psicologo e psicoterapeuta, endocrinologo, gastroenterologo, medico sportivo e nutrizionista) formato ed esperto nel trattamento dei DCA.
Una valutazione approfondita e completa deve prevedere:

    un’anamnesi approfondita
    una valutazione nutrizionale (mediante il recall delle 24 ore o il diario alimentare)
    l’uso di test psicometrici specifici
    analisi del sangue
    valutazione della composizione corporea (in particolare facendo riferimento alla BIVA e alla DEXA)

Da evitare il trattamento esclusivamente dietologico che aumenterebbe negli atleti la preoccupazione nei confronti dell’alimentazione, del peso e delle forme corporee.

L’obiettivo del programma nutrizionale abbinato a una psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale è quello di normalizzare lo stato nutrizionale, il comportamento alimentare e la metodologia di allenamento che a volte diventa compulsiva.
I risultati di efficacia del trattamento multidisciplinare sono confortanti, ma ancora più importante è la prevenzione. Educare quindi gli atleti, gli allenatori e le famiglie enfatizzando gli effetti deleteri dei DCA sulla salute e sulla prestazione sportiva.

 


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)