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Quel fiume di droga che nessuno controlla da quasi tre anni

Quel fiume di droga che nessuno controlla da quasi tre anni

 

Quel fiume di droga che nessuno controlla da quasi tre anni

Sospesi gli studi sul consumo di stupefacenti dalle tracce nelle acque

Due anni fa Torino era stata ribattezzata «la capitale delle droghe da sballo». Seconda soltanto a Roma, grazie a una media, al ribasso, di 40 pastiglie di ecstasy consumate al giorno ogni mille abitanti. A cui si devono aggiungere le 33 dosi giornaliere di marijuana e le 5 di cocaina, di cui sembrava farne uso un torinese ogni trecento. Cifre fornite dal centro ricerche Smat, che attraverso il depuratore di Castiglione Torinese tiene d’occhio gli scarichi di due milioni e mezzo di abitanti. E da qui riesce a stimare, in maniera assolutamente attendibile, il consumo di stupefacenti che si riversano, attraverso l’urina, nelle acque del Po.  

 

Consumi stabili  

La notizia di una città in grado di digerire qualcosa come 35 mila dosi - media sempre giornaliera, peggio di Bologna, Milano e Napoli - era rimbalzata su giornali e tv nell’agosto 2015, anche se le ricerche erano state effettuate l’anno precedente. E confermava i risultati preoccupanti dell’analisi condotta già nel 2008, quando sì cambiava la distribuzione delle sostanze, ma non il volume generale dei consumi. 

E oggi cosa raccontano le acque del fiume? Nulla, visto che lo studio è stato sospeso. Oppure, per usare le parole dell’amministratore delegato di Smat, Paolo Romano, «I controlli del centro ricerche sulla qualità dell’acqua che arriva al depuratori di Castiglione sono continui. Nessuno, però, ci ha più chiesto di elaborare i dati relativi ai metaboliti, attraverso cui si riesce a fornire una valutazione indicativa degli effettivi consumi di sostanze stupefacenti tra la popolazione».  

 

«Aqua drugs»  

Nessuno ha più chiesto i dati, ma nessuno chi? «Aqua Drugs» è un progetto del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Studio poi affidato all’istituto di ricerca farmacologica Mario Negri, con sede a Milano. «Il nostro ruolo, in questo progetto, è sempre stato quello di strumento di supporto - dice Romano - Le indagini avevano cadenza biennale ma, dopo il 2015, il nostro centro non ha più ricevuto richieste per proseguire nel progetto». E il motivo sembra essere tutto di natura economica. Perché le ricerche costano e dopo il 2014 il ministero ha deciso di tagliare i finanziamenti dedicati ad «Aqua Drugs». Romano è deluso? Per ora prevale la diplomazia. «La società è impegnata su tanti fronti. Certo la ricerca forniva dati precisi, ottimi per studiare un fenomeno che in ogni caso non ha mai dimostrato flessioni significative nel corso degli anni». 

 

Nelle scuole  

Ecco perché, sempre tre anni fa, lo stesso Dipartimento aveva chiesto a Smat informazioni ancora più dettagliate. Non più riferite a un bacino generico di 2,5 milioni di persone, piuttosto a una «categoria» particolare di torinesi: quella degli studenti. «È stato un lavoro lungo e difficile: dovevamo campionare gli scarichi in uscita dei principali istituti scolastici della città. I prelievi sono durati diversi mesi». E con quali risultati? Anche questo non si sa. Perché le cifre sono «sensibili» e soprattutto incomplete.

 

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

 

http://www.lastampa.it/2017/04/04/cronaca/quel-fiume-di-droga-che-nessuno-controlla-da-quasi-tre-anni-4flx0TDsMvfz3SuBhJm8oM/pagina.html

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)