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La psicologia del gioco d'azzardo raccontata da Mauro Croce

La psicologia del gioco d'azzardo raccontata da Mauro Croce

Mauro Croce e la psicologia del gioco d'azzardo, dalla élite dei Casinò alla liquidità degli smartphone

Conoscenza, riflessione ed esperienza ludica: si conclude con Mauro Croce la rassegna cinematografica a sfondo sociale “Cinemente Indipendente”. Soddisfatto l'organizzatore Vittorio Grappone, che promette nuove iniziative nel solco della positiva collaborazione tracciata con la camera di Commercio di Avellino

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Se a qualcuno venisse proposto di lanciare dei dadi, e gli venisse chiesto di ottenere il risultato più basso possibile, probabilmente li lancerebbe con molta delicatezza. Se alla stessa persona venisse chiesto di ottenere un risultato alto, viceversa, con ogni probabilità lancerebbe i dadi con maggiore trasporto.

Non c'è nessuna logica alla base di questo comportamento, eppure molti di noi sarebbero inspiegabilmente indotti ad agire in questo modo.

E' la “magia” del gioco d'azzardo, che rende il giocatore vittima di un “incantesimo” inducendolo a credere che, eventi puramente casuali, possano invece ritenersi pronosticabili ed influenzabili da particolari comportamenti umani.

Di questo, e dei fenomeni connessi al “gambling” (il gioco d'azzardo patologico), si è discusso in compagnia dello studioso Mauro Croce - psiconalista, piscologo e criminologo italiano - nell'ambito del quarto ed ultimo appuntamento della rassegna cinematografica a sfondo sociale dal titolo “Cinemente indipendente”, nata su impulso degli psicoanalisti Vittorio Grappone e Roberto Palermo, organizzata con il patrocinio della Camera di Commercio di Avellino e con la collaborazione del “Godot Art Bistrot” di Luca Caserta e del media partner “Radio Cometa Rossa”.

Quattro incontri cinematografici - quelli promossi dall'iniziativa - che hanno stimolato analisi e riflessioni sui fenomeni legati alle dipendenze, coinvolgendo i maggiori studiosi italiani del settore quali Manuela Fraire (alcolismo e dipendenze nel mondo femminile), Susanna Ronconi (cocaina), Grazia Zuffa (eroina) ed appunto Mauro Croce (gambling/gioco d'azzardo).

Ad introdurre l'argomento dell'ultima serata la proiezione del film “Quintet”, opera del 1979 del regista statunitense Robert Altman (oscar alla carriera 2006), rivelatasi quanto mai attuale per la particolare concretezza con cui affronta le perverse dinamiche del gioco, soffermandosi perlopiù sull'aspetto emozionale della dipendenza e sull'influenza dell'ecosistema sociale rispetto all'individuo.

Il film introduce lo spettatore in un futuro post-apocalittico in cui il protagonista, un ex cacciatore di foche, giunge in una cittadina in cui l'attività principale è rappresentata dal “Quintet”, un gioco da tavolo che in un mondo ormai rassegnato alla sua fine rappresenta l'unica ed ultima fonte di emozioni. Ma quel che da principio sembrerebbe un banale passatempo, nasconde un risvolto inquietante che si traduce con l'eliminazione fisica dei giocatori perdenti. Dal Quintet è quasi impossibile tenersi lontani, perché tutti sono potenzialmente vittime e parte di esso, in balia di un oscuro disegno tracciato dalla casta dei vincenti.

Un ottimo spunto per il dottor Croce, che ha incentrato le sue prime riflessioni sui fattori che negli ultimi 30 anni hanno portato al radicale cambiamento delle modalità di consumo dell'azzardo. 

“Se prima il gioco d'azzardo era considerato una questione di nicchia che interessava perlopiù imprenditori e personaggi del mondo dello spettacolo, oggi il fenomeno riguarda maggiormente le fasce sociali meno abbienti. Il pericolo sta proprio nella conservazione di tale stereotipo, che produce una massa ancora incline a considerarsi estranea al problema del rischio patologico. Ma la logica del “ti piace vincere facile” - ipocrita slogan delle lotterie di Stato – ha scientemente permeato la nostra cultura condannandoci ad un drammatico circolo vizioso.

Del resto – ha precisato Croce – la diffusione dell'azzardo è direttamente proporzionale alle condizioni socio-economiche di un Paese e, rispetto a queste, il gioco si inserisce silenziosamente come ulteriore forma di tassazione volontaria e non coatta”.

Ci troviamo dunque di fronte ad un nuovo modo di produzione del consumo di “se” – come ribadito anche dal dottor Grappone - dove “il prototipo è l'uomo indebitato ed asservito ad una società che ha trasformato il lavoro e l'economia in una spietata macchina del debito”.

Una macchina che ha promosso e veicolato nuovi strumenti di assuefazione al gioco, ormai avulsi dai vecchi luoghi di esercizio e diffusi a macchia d'olio nei bar, nei centri commerciali ed addirittura nelle case.

A sfuggire, per questo, è la misura di quanto sia anormale riporre le proprie speranze nell'azzardo.

“Se qualcuno componesse un numero di telefono con prefisso americano, con l'intenzione di parlare direttamente con il presidente Obama, verrebbe certamente tacciato di pazzia – riflette Croce - La stessa cosa, però, non accade quando qualcuno si reca in una ricevitoria per tentare la sorte. Se considerassimo che gli abitanti degli Stati Uniti ammontano a circa 350 milioni, a fronte di una probabilità di vincita all'Enalotto pari ad 1 su 622milioni, ci renderemmo conto che la persona che avesse il folle intento di telefonare ad Obama avrebbe quasi il doppio delle possibilità di successo. Questo può darci chiaramente la misura di quanto il fenomeno sia stato metabolizzato dalla società, che oggi riconosce il gioco come un comportamento assolutamente normale”.

Non sempre, però, il rischio è finalizzato ad una vincita economica. Sempre più spesso – ed è questa la dimensione pericolosamente in ascesa- si punta ad una soddisfazione puramente immateriale. L'esempio di Croce riguarda il passaggio dal “game” (gioco) al “gamble” (l'azzardo) che oggi coinvolge spaventosamente anche i bambini.

“Le strategie per addestrare i ragazzi al gambling – ha spiegato - sono una realtà talmente invasiva che, nonostante in Italia il gioco d'azzardo sia vietato ai minori, tutte le ricerche in merito ci dicono che migliaia di giovanissimi rischiano quotidianamente di diventare inconsapevoli soggetti patologici adoperando i nuovi strumenti della comunicazione (smartphone, computer e tablet).

Esempi allarmanti ci vengono forniti proprio dai videogame progettati per gli smartphone, che prevedono il continuo acquisto di funzioni finalizzate al mero avanzamento dei livelli di gioco, ed ancora dalle cosiddette “ticket redemption”, vere e proprie slot machine per bambini spesso collocate nei centri commerciali e nei luoghi dell'infanzia, attraverso cui si indottrinano i più piccoli al click facile e senza logica”.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.ilciriaco.it/focus/item/18151-mauro-croce-e-la-psicologia-del-gioco-d-azzardo,-dalla-%C3%A9lite-dei-casin%C3%B2-alla-liquidit%C3%A0-degli-smartphone.html

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)