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Dipendenza dai social: gli effetti collaterali di Facebook sul nostro benessere

Dipendenza dai social: gli effetti collaterali di Facebook sul nostro benessere

Dipendenza dai social: gli effetti collaterali di Facebook sul nostro benessere

Perdita di produttività, perdita di sonno, degrado delle relazioni personali: sono solo alcuni degli effetti negativi legati a un uso “problematico” di Facebook. Ecco quando la nostra presenza sul social può diventare patologica, quali sono le cause e i possibili rimedi che la società potrebbe attuare

Sono stati resi noti, da parte del Wall Street Journal[1], i risultati di una ricerca condotta da Facebook sull’impatto che la piattaforma social ha sulle abitudini comportamentali dei propri utenti, come sonno, lavoro, genitorialità e relazioni.

Gli studi condotti dai ricercatori della piattaforma avrebbero fatto emergere la circostanza per cui 1 utente su 8 faccia un uso compulsivo dei social media, con risvolti che impattano sulla qualità della vita e delle relazioni interpersonali. Trattasi di sintomatologia che viene ricondotta tipicamente al disturbo da Internet dipendenza e che viene percepita dagli utenti come maggiormente presente sulla piattaforma di Zuckerberg rispetto alle altre grandi piattaforme social.

In riscontro a quanto rilevato dai ricercatori, Facebook ha poi posto in essere, nel corso degli ultimi anni, una serie di misure correttive finalizzate al miglioramento dell’esperienza sul social dell’utente; l’efficacia di tali misure, tuttavia, è ancora da accertarsi, specialmente alla luce della crescente e preoccupante interdipendenza dai dispositivi mobili, che rendono molto più complesso non accedere ai social media per verificare la presenza di nuovi contenuti sui feed.

 

I risultati degli studi condotti

Come anticipato in premessa, l’analisi del Wall Street Journal prende spunto da una ricerca avviata anni fa da parte di un team di Facebook, il cui scopo era quello di analizzare il benessere degli utenti sul social e suggerire una serie di possibili correzioni che la società potrebbe implementare, avendo riscontrato l’insorgenza, all’interno delle proprie piattaforme, di una serie di comportamenti potenzialmente dannosi.

Nel 2018, i ricercatori di Facebook hanno intervistato 20.000 utenti statunitensi, abbinando le loro risposte ai dati posseduti su Facebook sul loro comportamento all’interno della piattaforma. Dallo studio, parte del quale è stato reso pubblico all’interno di un documento pubblicato nel 2019, è emerso come circa il 3% di questi utenti abbia riscontrato “problemi seri” nel sonno, nel lavoro o nelle relazioni, connessi al tempo trascorso su Facebook, cui si faceva fatica a rinunciare.

Secondo un’interpretazione maggiormente estensiva dei risultati dello studio, i ricercatori concludevano che, in realtà, il 14% degli intervistati abbia trascorso “molto più tempo su Facebook di quanto desidera”, sebbene gli stessi non fossero ancora considerati come “utenti problematici”. “Non esiste una definizione stabilita o utilizzata in modo coerente di dipendenza da Internet o uso problematico nella ricerca accademica o nella pratica clinica”, scrivono i ricercatori, definendo il lavoro svolto come uno sforzo per ripensare gli approcci del settore al tema.

Le persone che sentivano di avere un problema con l’app avevano maggiori probabilità di essere uomini; adolescenti o ventenni; avere circa 15 sessioni in più al giorno rispetto all’utente medio; e trascorrono una parte maggiore del loro tempo sull’app di notte. Hanno anche trascorso più tempo su Facebook in generale, circa 1 ora e 36 minuti al giorno, rispetto a 1 ora e 18 minuti al giorno per gli utenti normali. Alcune delle persone, sebbene abbiano segnalato problemi, hanno anche affermato che il tempo che trascorrono su Facebook è più prezioso delle persone che non segnalano problemi.

Facebook e la perdita di controllo del tempo

Nel 2019, i ricercatori arrivano a stimare una nuova percentuale di utenti che manifestavano comportamenti problematici, arrivando a indicare che l’uso eccessivo di Facebook si riscontrava nel 12,5% delle persone presenti sulla piattaforma. L’esito differente del sondaggio è da ascriversi all’applicazione di una definizione più ampia di dipendenza digitale, che include fra gli utenti problematici coloro che hanno riportato risultati negativi su aspetti chiave della loro vita, sensi di colpa o perdita di controllo.

All’interno di questa percentuale, si rileva come la maggior parte degli utenti che afferma di usare Facebook in modo compulsivo utilizzi più app di social media, incluse Instagram e Whatsapp, facenti entrambe parte dell’”universo” di Meta, oltre a Twitter e Snapchat.

Nello specifico, si riscontra come:

  • Negli Stati Uniti, circa il 10% degli utenti mostra questo comportamento;
  • Nelle Filippine e in India, che rappresentano il mercato più grande dell’azienda digitale, si riscontra una percentuale del 25% degli utenti che presenta questo comportamento.

In particolare, i ricercatori affermano di aver rilevato che alcuni utenti non hanno il controllo del tempo che trascorrono su Facebook e, di conseguenza, manifestano una serie di problematiche nella loro vita privata. Tale situazione è aggravata dal fatto che gli utenti medesimi non considerano l’eccessiva presenza sui social come una dipendenza clinica, “perché non colpisce il cervello allo stesso modo del gioco d’azzardo o dell’abuso di sostanze”; tuttavia, i ricercatori hanno notato che anche “attività come lo shopping, il sesso e l’uso di Facebook, quando ripetitivo ed eccessivo, possono causare problemi ad alcune persone”.

I comportamenti problematici

Alcuni dei principali comportamenti problematici riscontrati sono: la sensazione di pressione nel rispondere ai messaggi e il controllo frequente di nuovi contenuti, diffusi, a livello più generale, anche nell’uso degli smartphone.

La manifestazione di tali comportamenti comporta, secondo i documenti presi in esame dal WSJ, una perdita di produttività (in quanto gli utenti interrompono le proprie attività per controllare frequentemente i feed e le notifiche di Facebook), una perdita di sonno (nel caso in cui si rimanga svegli fino a tardi a scorrere l’app) e il degrado delle relazioni personali (in quanto viene sostituito il tempo in presenza con altre persone al tempo trascorso online). In alcuni casi, si legge, “i genitori si sono concentrati più su Facebook che sulla cura o sul legame con i loro figli”.

“Sono su Facebook ogni giorno, ogni momento. Letteralmente, ogni momento; solo non quando sono sotto la doccia”, ha affermato ai ricercatori una donna di 22 anni, “Perdo la nozione di tempo.”

“Perché dovremmo preoccuparci?” scrivono i ricercatori, “Le persone ne percepiscono l’impatto. In uno studio comparativo con i concorrenti, le persone hanno percepito un minore benessere e un uso più problematico su Facebook rispetto a qualsiasi altro servizio. Gli altri servizi nel confronto includevano anche YouTube, Reddit e il videogioco “World of Warcraft”.

Come Facebook intende risolvere l’uso problematico della piattaforma

Sebbene il team sia stato chiuso alla fine del 2019, un portavoce di Facebook ha dichiarato, all’interno di una nota pubblica, che la società è ancora al lavoro per risolvere quello che si definisce “un uso problematico” della piattaforma, oltre ad altre problematiche connesse al benessere psico-fisico degli utenti, come “l’immagine corporea e la salute mentale”. “Abbiamo un ruolo da svolgere, motivo per cui abbiamo creato strumenti e controlli per aiutare le persone a gestire quando e come utilizzano i nostri servizi”, si afferma nella nota, “Inoltre, abbiamo un team dedicato che lavora sulle nostre piattaforme per comprendere meglio questi problemi e garantire che le persone utilizzino le nostre app in modi che siano significativi per loro”.

Lo stesso Mark Zuckerberg ha affermato, in un’audizione al Senato del novembre 2020, in risposta a una domanda della senatrice Lindsey Graham, che la società continua a dare priorità al problema. “Certamente non vogliamo che i nostri prodotti diano dipendenza”, ha detto, “Non credo che la ricerca sia stata conclusiva, ma è un’area che ci interessa e che studiamo”.

Tant’è che, nel marzo 2020, i ricercatori che facevano parte del team hanno condiviso internamente una presentazione contenente alcuni dei risultati dello studio condotto, incoraggiando altri team a proseguire il lavoro per determinare se sia la struttura di Facebook a determinare la maggiore insorgenza di stress e problematiche correlate.

Quanto riscontrato dai ricercatori di Facebook, appare, peraltro, pienamente coerente con quanto riscontrato, nel corso degli anni, da altri ricercatori esterni. Uno studio condotto dal Professor Brian Primack, del College of Education and Health Professions presso l’Università dell’Arkansas, in particolare, riscontrava come la percentuale di utilizzo dei social media, da parte di un paziente fosse una delle variabili principali da valutare nel caso in cui si manifestino sintomi depressivi.

La dipendenza digitale e le soluzioni proposte

I principali aspetti della piattaforma che i ricercatori individuano come possibili cause dei disturbi comportamentali, sono:

  • La ricezione di troppe notifiche (“I punti rossi sulla schermata iniziale sono tossici”, ha detto ai ricercatori un utente statunitense, riferendosi al simbolo che avvisa della presenza di nuovi contenuti da visualizzare);
  • La riproduzione automatica dei video, specialmente nell’orario che precede il sonno;
  • L’incertezza sulla possibilità di vedere i post delle persone che si vogliono seguire al posto dei contenuti non rilevanti o che ci si sente obbligati a vedere.

L’insorgenza di comportamenti problematici, inoltre, secondo quanto riscontrato da Facebook già nel 2017, appare connessa anche al tipo di interazione che si ha con la piattaforma: infatti, mentre un consumo di tipo passivo dei contenuti dei social media può far sentire peggio l’utente, un uso attivo dei social media avrebbe l’effetto opposto.

“L’interazione attiva con le persone, in particolare la condivisione di messaggi, post e commenti con amici intimi e il ricordo delle interazioni passate, è collegata a miglioramenti del benessere”, affermava la società all’interno di un blog post.

Si rilevava, inoltre, come gli utenti che mostravano un comportamento “convulso” (il frequente accesso all’app per brevi sessioni) nei confronti della piattaforma, avevano maggiore probabilità rispetto agli utenti normali di disattivare i propri account per il motivo dichiarato “Passo troppo tempo su Facebook”.

Nel 2018, Facebook ha, dunque, aggiunto all’app uno strumento di gestione del tempo, che include una dashboard mediante la quale gli utenti possono vedere il tempo totale trascorso sull’app ogni giorno e impostare un promemoria giornaliero che li avvisa quando hanno raggiunto sulla app una quantità di tempo desiderata.

A metà del 2019, i ricercatori hanno tenuto un seminario per cercare di trovare delle idee su come modificare gli aspetti di Facebook che fanno maggiormente insorgere fenomeni di uso eccessivo negli utenti.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/dipendenza-dai-social-gli-effetti-collaterali-di-facebook-sul-nostro-benessere/

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)