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Eyeballing e binge drinking: nuovi fenomeni del disagio giovanile

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Ragazzini e alcol, ora qualcuno parla di eyeballing

L'ultima mania, folle e parecchio stupida, arriva dall'Inghilterra: la chiamano vodka eyeballing, si tratta in pratica di

versarsi vodka negli occhi. C'è chi assicura che regali uno stordimento immediato con l'alcol che passa facilmente attraverso

le mucose ed entra direttamente nel flusso sanguigno. Di sicuro fa male: provoca un bruciore insopportabile all'occhio e, a

lungo termine, può causare effetti devastanti.
È una pratica estrema, certo. E c'è da sperare che a farlo siano in pochi. Ma è senz'altro la punta di un iceberg. Secondo

uno studio promosso dal ministero della Gioventù, dall'Istituto Superiore di Sanità e dalla fondazione Ania, il 44% dei

giovani italiani che esce la notte dai locali ha un tasso alcolico superiore alla soglia consentita. Uno su tre (il 34,6%) è

già sopra il limite quando entra in discoteca. Ma i dati allarmanti, che Gente pubblica in queste pagine, sono anche altri:

sette giovani su dieci tra i 13 e i 24 anni sono consumatori occasionali di bevande alcoliche. Un ragazzino su dieci tra i 13

e i 15 anni si dichiara consumatore regolare, quattro su dieci sono consumatori occasionali. Dalle ricerche il primo

contatto con il bicchiere di vino o di birra avviene tra i 14 e i 15 anni. Intorno ai 16 invece quello con i superalcolici.

«Negli ultimi anni», spiega Letizia, responsabile in Lombardia degli Alcolisti Anonimi, associazione che compie 75 anni di

attività, «abbiamo visto l'arrivo nelle nostre sedi di ragazzi sempre più giovani. Il loro percorso di riabilitazione è

difficile, molto faticoso. La prima regola per uscire dall'alcolismo, infatti, è stare lontano dagli ambienti a rischio. I

ragazzi bevono con gli amici, nei locali, in discoteca. Nel loro mondo chi beve è "figo". Lasciare gli amici, le abitudini,

per loro è uno sforzo grandissimo».
I ragazzi vengono indirizzati agli Alcolisti Anonimi dai Sert (Servizio per le tossicodipendenze). «Ma a volte», continua

Letizia, «la loro è una scelta autonoma, fatta anche all'insaputa dei genitori. D'altra parte chi cade nell'alcolismo, che

sia giovane o adulto, tende a tenere segreto il proprio problema».
In Italia la legge fissa un limite preciso e severo: niente alcol sotto i 16 anni, sia per la mescita sia per la vendita.

Dal luglio 2010 è stato anche modificato il codice della strada con l'introduzione del cosiddetto "tasso zero" per i

neopatentati tra i 18 e i 21 anni. Ma le regole sono spesso aggirate. Lo dicono i dati sugli incidenti del sabato sera, sulle

tante vittime giovanissime. E lo testimoniano anche i fatti di cronaca. Pochi giorni fa a Crema, in Lombardia, una

quindicenne ha sfiorato il coma etilico (è l'intossicazione da etanolo, circa il 3 per mille nel sangue) approfittando dell'

offerta di un bar che garantiva 30 chupito (rum e succo di pera) a un euro ciascuno. La ragazza è stata vittima di un'altra

moda che in Italia è molto diffusa: il binge drinking (binge letteralmente significa frenesia, esagerazione). Lo fanno i

giovanissimi soprattutto il sabato sera: si bevono 4 o 5 bicchieri di seguito, in maniera compulsiva. «È la bevuta da sballo

fino allo svenimento», spiega Michele Contel, vicepresidente dell'Osservatorio permanente sui giovani e l'alcol, «una pratica

importata dall'Inghilterra e dai Paesi nordici, dove l'alcol è considerato una sorta di droga da serata». Eppure in Italia le

bevande alcoliche e il vino sono da sempre associate al cibo. «È vero», continua Contel, «nelle nostre case, fino a qualche

anno fa, il primo contatto con l'alcol avveniva a 14 anni durante i ritrovi familiari, quando si posavano per la prima volta

le labbra sul bicchiere di spumante. Oggi non è più così: le occasioni conviviali in famiglia sono sparite. I ragazzi sono

impreparati a capire le conseguenze dell'assunzione di alcol. Non conoscendone la pericolosità, i più giovani perdono il

controllo».
Sono tanti i giovanissimi che, durante i fine settimana, chiedono aiuto ai pronto soccorso degli ospedali proprio perché

hanno bevuto troppo. In alcune strutture, come il Policlinico di Milano, esistono sezioni specializzate nell'affrontare la

dipendenza da alcol dei giovanissimi. «I ragazzi si trovano ad affrontare i pericoli delle sbornie da soli o tra coetanei»,

dice ancora Contel, «pericoli che sono a breve o a lungo termine. Se l'alcol è accompagnato da droghe, anche leggere, può

portare danni neurologici permanenti».
Ci sono episodi sconvolgenti: in Inghilterra un bambino di tre anni è stato ricoverato per disintossicarlo dall'alcol. E in

Scozia una bimba di 8 anni, cresciuta in una famiglia di forti bevitori, ha sviluppato, a sua volta, una dipendenza dagli

alcolici.