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Giovani, alcol, binge drinking: osservazioni del prof. Veronesi

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Chi pratica il "binge drinking", cioè il bere smodato, influenzerebbe negativamente il consumo di alcolici del partner. Il parere del professor Veronesi
Bere è un vizio contagioso come il raffreddore: infatti il rischioso comportamento del binge drinking (bere tanti bicchieri in un lasso di

tempo strettissimo, ad esempio in una sola serata) si ''trasmette'' tra i partner all'interno di una coppia quando uno dei due lo pratica e

l'altro no. Sono i risultati di uno studio diretto dallo psicologo Simon Sherry della Dalhousie University di Halifax, e appena pubblicato

sulla rivista specializzata nei comportamenti tipici della tossicodipendenza Psychology of Addictive Behaviors. Gli psicologi hanno seguito

il comportamento, in quanto ad abitudini alcoliche, di 208 giovani coppie di 20enni, nell'arco di appena 28 giorni. E' emerso che in questa

brevissima finestra temporale il comportamento di uno dei partner e' in grado di influenzare quello dell'altro in fatto di consumo di alcol.
SIGNIFICATO DEL BERE- «Il problema è che ormai l'alcol più che consumato viene "usato". Oggi i giovani, ma spesso anche gli adulti e tra

questi le donne in particolare, hanno trasformato il significato originale del bere, il rito tradizionale dei nostri pasti, in un valore

comportamentale in funzione degli effetti che l'alcol è in grado di esercitare sulle performance personali» dichiara il professor Umberto

Veronesi. Oggi infatti si beve per sentirsi più sicuri, più loquaci, per facilitare le relazioni interpersonali, per apparire più emancipati

e più "trendy", per essere più facilmente accettati dal gruppo o, in alcuni casi, per conquistare un ruolo di leadership. «Così l'alcol è

diventato un fattore di rischio, ma a differenza di altri fattori, come il fumo o le droghe pesanti, gode di una accettazione sociale e di

una familiarità legate alla cultura italiana del bere, una cultura mediterranea, che pone il consumo di vino come componente inseparabile

dell'alimentazione» continua Umberto Veronesi.
NO AL PROIBIZIONISMO- Una delle correnti di pensiero che in passato, soprattutto negli Stati Uniti si diffuse maggiormente, fu quella del

proibizionismo. Come per quanto riguarda il fumo di sigarette, il proibizionismo non risolve il problema, ma ne crea altri, favorendo il

mercato nero gestito dalla criminalità organizzata. «Questo discorso -spiega Veronesi- in via di principio vale anche per l'alcol. Per antica

convinzione sono antiproibizionista e da sempre sono convinto che ognuno di noi deve avere la libertà di scegliere la vita che meglio crede.

Dunque non si deve proibire ma porre dei limiti: uno può bere quanto vuole, ma se poi guida in stato di ebbrezza e diventa un pericolo per

altri, deve essere sanzionato e impedito. D'altronde una legge, quella che proibisce la vendita e la somministrazione di alcolici al di sotto

dei 16 anni, esiste già, ma è poco o per nulla rispettata».
EFFETTI NEGATIVI NEI GIOVANI- Nonostante i giovani debbano essere educati al consumo responsabile di alcol, bisogna ricordare che prima dei 15 anni non si dovrebbe bere. «A questa età l'apparato digerente non ha ancora completato la maturazione del sistema enzimatico con il qualeil nostro organismo riesce a "smaltire" l'alcol che introduciamo e questo espone gli adolescenti a un maggior rischio» conclude Umberto Veronesi. Dobbiamo anche ricordare che lo smaltimento è differente per i due sessi: quello femminile è in grado di eliminare solo la metà dell'alcol ingerito rispetto a quanto avviene per i maschi.
QUANTO BERE?- Non esistono evidenze scientificamente fondate per stabilire un limite sicuro. Un bicchiere di vino, una lattina di birra, un

aperitivo analcolico, un bicchierino di superalcolico, contiene circa 12 grammi di alcol. Mentre gli adulti non dovrebbero superare la soglia

dei 40 grammi al giorno per gli uomini e di 20 grammi per le donne (corrispondenti a 2-3 bicchieri e 1-2 rispettivamente), per i giovani tali

limiti dovrebbero essere ulteriormente ridotti.
Daniele Banfi


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)