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Phubbing: nuova forma di esclusione sociale

Phubbing: nuova forma di esclusione sociale

Il phubbing: una nuova forma di esclusione sociale

Il termine Phubbing è stato creato dalla combinazione delle parole “Phone”, telefono, e “Snubbing”, snobbare. Fa riferimento ad una situazione sociale in cui una persona interagisce con il proprio cellulare o altro dispositivo, piuttosto che interagire con la persona presente.

Quando ci troviamo all'interno di una relazione, sia essa amicale o intima, e l'altro ci sta ignorando perché impegnato ad interagire con il proprio smartphone, siamo di fronte al cosiddetto “phubbing”.

Il termine Phubbing è stato creato dalla combinazione delle parole “Phone”, telefono, e “Snubbing”, snobbare. Fa riferimento ad una situazione sociale in cui una persona interagisce con il proprio cellulare o altro dispositivo, piuttosto che interagire con la persona presente.

In un'interazione sociale, un “phubber” può essere definito come la persona che inizia ad interagire con il proprio dispositivo, mentre un “phubbee” è colui/colei che è destinatario del comportamento di phubbing.

L'uso di questo e di altri termini relativi all'uso dei dispositivi mobili mette in luce un problema crescente con i diversi tipi di tecnologia, incluso il delicato equilibrio di condivisione del tempo e dell'attenzione quando si affrontano due interazioni molto diverse nello stesso momento.

Il fenomeno del Phubbing è molto comune, almeno nelle culture occidentali. In una recente indagine statunitense, nove intervistati su dieci hanno affermato di aver usato il proprio smartphone durante la loro attività sociale più recente.

Vi è anche la prova di come esso sia socialmente dannoso, lasciando le persone meno soddisfatte delle loro interazioni faccia a faccia e generando sentimenti di risentimento e isolamento.

È proprio un recente studio pubblicato sul Journal of Applied Social Psychology che ha esplorato le ragioni di questi effetti.

I risultati si basano sul Dottorato di ricerca di Varoth Choptitayasunondh presso l'Università di Kent, Inghilterra, che, insieme alla co-autrice, Karen Douglas, ha chiesto ad un gruppo di partecipanti di sesso femminile (età media, 19 anni) di assistere ad un'animazione di tre minuti in raffigurante una conversazione tra due persone.

A loro è stato chiesto di immaginare se stessi come una delle persone nell'animazione, e successivamente esprimere giudizi sulla conversazione e su come si sentivano.

Vi erano tre condizioni in cui il compagno di conversazione del partecipante variava in termini di utilizzo del telefono cellulare durante la conversazione.

Nella prima condizione, il telefono dell'interlocutore dei partecipanti è rimasto inutilizzato sul tavolo durante tutta la conversazione.

Nella seconda condizione, l'attenzione dell'interlocutore è stata rapidamente attirata da qualcosa sul proprio telefono, trascorrendo il resto dell'interazione facendo phubbing, mantenendo lo sguardo sullo schermo mentre periodicamente ridacchiavano per ciò che visualizzano.

La terza condizione era caratterizzata da un'interazione in cui l'interlocutore dei partecipanti si impegnava in esplosioni di phubbing intervallati da periodi in cui ignoravano il telefono.

I 128 partecipanti hanno quindi vissuto diverse tipologie di phubbing. Tuttavia, maggiore era presente l'esperienza di phubbing peggiore era considerata la qualità dell'interazione.

I ricercatori ritengono che il phubbing abbia questo effetto perché viene vissuto come forma di esclusione sociale, analogo a quando le persone non hanno altra scelta che mangiare da soli nella caffetteria della scuola o scoprire che i loro amici non rispondono alle loro chiamate.

La caratteristica di tale fenomeno è che questa esclusione si verifica durante la condivisione di un incontro fisico e, almeno a livello teorico, di un'interazione.

(...omissis...)

A cura della Dottoressa Giorgia Lauro

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: https://www.psiconline.it/articoli/benessere-e-salute/il-phubbing-una-nuova-forma-di-esclusione-sociale.html

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)