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Università di Ghent: dipendenze comportamentali nei giocatori accaniti di videogames

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Dipendenze comportamentali nei giocatori accaniti di videogames

In uno studio realizzato dalle Università di Ghent (Belgio) e Charitè di Berlino (Germania) i ricercatori hanno analizzato 150 immagini di

risonanza magnetica di più di 150 ragazzi di 14 anni che dedicano molto tempo ai videogiochi, individuando che i giocatori abituali hanno un

elevato volume di materia grigia in alcuni punti cruciali dei loro cervelli. Studi precedenti avevano già dimostrato l'esistenza di un legame

tra il rilascio di dopamina nello striato ventrale, struttura del cervello che sottende i meccanismi di ricompensa, e i videogiochi o il

gioco d'azzardo, ma è la prima volta che viene esaminata la struttura del cervello e il volume in relazione a questi fenomeni.
"Queste ricerche dimostrano che lo striato ventrale assume un ruolo significativo nei casi di eccessiva esposizione al videogaming e

contribuiscono a individuare le dipendenze comportamentali", si legge nel testo dello studio.
Negli ultimi anni si è fatto sempre più intenso il dibattito fra dottori e ricercatori per individuare il confine tra normale utilizzo di

videogiochi e dipendenza, e in quali casi definire quest'ultima disordine mentale. I ricercatori tedeschi hanno dunque individuato il

riproporsi di attività cerebrali analoghe in un alto numero di giocatori abituali, ma non riescono ancora a stabilire se le differenze

strutturali al cervello sono la causa dalla prolungata esposizione ai videogiochi o se sono un frutto del cambiamento occorso al cervello

dovuto alle abitudini di questi ragazzi.
Henrietta Bowden-Jones della divisione di Neuroscienze dell'Imperial College di Londra sostiene che queste ricerche sono altamente rilevanti

in ambito clinico perché consentono di individuare le differenze e le analogie tra la dipendenza da videogiochi e gli altri tipi di

dipendenze, dando ai tecnici ulteriori spunti di analisi per studiare le opzioni di trattamento a lungo termine.
"Il prossimo fondamentale passo sarà quello di capire se le differenze nei volumi sono una causa o una conseguenza dei comportamenti

eccessivi", ribadisce la scienziata. "Si tratta di una questione centrale per capire il sistema motivazionale del cervello e studiare il

percorso della dopamina", aggiunge Luke Clark del Dipartimento di Psicologia Sperimentale dell'Università di Cambridge. "Per dare un senso a questi studi dobbiamo minitorare l'attività del cervello nel lungo periodo".

 


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)