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Intervista a Emanuele Scafato: "Bastano tre mesi di sbornie per perdere il 10 per cento della memoria"

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L' abuso vi brucia il cervello
Intervista a Emanuele Scafato, direttore dell'osservatorio Iss: «Bastano tre mesi di sbornie per perdere il 10 per cento della memoria»


di Ilaria Bonuccelli
Una legge che impedisca ai ragazzi con meno di 18 anni di bere. E, per la prima volta, di acquistare una bottiglia di alcol in un supermercato. Una legge che preveda anche sanzioni per gli adulti che "cedono" birre e cocktail ai minorenni. Anche così - secondo Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio nazionale sull'alcol all'Istituto superiore della Sanità - l'Italia smetterà di essere fanalino di coda in Europa. E non si ritroverà più sola con Malta e Polonia fra i paesi privi di una legislazione che metta al riparo i propri adolescenti da un accesso precoce a birra, vino e liquori, causa di danni anche irreversibili alla capacità di orientamento e alla memoria. Di norme mirate per i giovani c'è bisogno, ammette Scafato, vantando l'Italia un doppio primato negativo in Europa: il più precoce approccio minorile al bere (intorno agli 11 anni) e una scarsa applicazione delle leggi che regolamentano l'accesso all'alcol. Di cui si parlerà da oggi in Lussemburgo dove inizia la prima valutazione sulla strategica comunitaria di contenimento all'abuso di alcol, alla quale Scafato partecipa per l'Iss.


Direttore Scafato, perché l'Italia sull'alcol ha una legislazione meno restrittiva di altri paesi?
«Il problema non sta tanto nella restrittività delle norme quanto nel rigore dell'applicazione. Un progetto comunitario (Ecas) ha rilevato che l'Italia è fra i paesi con la più bassa applicazione delle normative e la più bassa applicazione di sanzioni. Basterebbe applicare le nostre leggi con più rigore, favorendo più controlli per incidere in modo rilevante su comportamenti in capo ai giovani, ma imputabili spesso agli adulti che cedono le bevande alcoliche. Se chiediamo a un ragazzino perché beve, di frequente risponderà che beve perché riesce a procurarsi l'alcol».


Quindi a suo avviso che tipo di normativa servirebbe?
«Oltre al divieto di somministrazione e vendita, bisognerebbe introdurre il divieto di cessione per impedire ai maggiorenni di acquistare e cedere l'alcol ai minorenni come spesso accade. Con l'ex sindaco di Milano, Letizia Moratti, è stata prodotta un'ordinanza che sanzionava anche la cessione di alcol da parte di maggiorenni».


Questo a cosa porterebbe?
«A limitare l'accesso di alcol ai minori. È evidente che questo approccio favorirebbe l'introduzione della norma civile, oltre che di diritto, di limitare l'accesso ai minori. Fra l'altro, anche in assenza di una legge nazionale alcuni sindaci, ispirandosi alla normativa comunitaria (recepita dall'Italia un paio di anni fa) che consente il consumo di bevande alcoliche solo nei luoghi deputati dei locali hanno vietato il consumo di alcol nei luoghi pubblici e nelle aree aperte».


Ordinanze dei sindaci a parte, perché non è mai stato approvato il divieto di vendita ai minori?
«Diciamo che al punto in cui siamo è ineluttabile l'armonizzazione della normativa italiana a quanto già adottato da gran parte dei paesi europei nei quali l'età minima legale per il consumo di alcol è di 18 anni. In Italia, al contrario, è consentita la somministrazione di alcol nei pubblici esercizi da 16 anni in su (ma in nessun paese dell'Unione si fa distinzione fra vendita e somministrazione, ndr). Ormai i tempi sono maturi anche da noi. È maturato il consenso per l'adozione di una norma che possa maggiormente garantire la tutela della salute dei minori, così come hanno già fatto i sindaci di molte città, recependo il parere della Consulta nazionale alcol (abolita nell'agosto del 2011 nonostante sia prevista dalla legge quadro sull'alcol, ndr). La consulta inviata istituzioni e autorità competenti ad adottare provvedimenti per "ridurre la disponibilità fisica ed economica delle bevande alcoliche per i minori". Provvedimenti che impedissero offerte per il consumo di alcol a prezzi stracciati o lo spostamento di massa da un pub all'altro. In Francia, per ottenere questi risultati, alcune municipalità hanno vietato l'Happy hour».


Ma quali danni provoca l'abuso di alcol nei minori?
«Dopo 2-3 mesi di "binge drinking", di abuso di alcol, si registra un danno a livello cerebrale: nell'ippocampo si verifica una riduzione della massa che porta alla perdita del 10-20% della capacità di memoria e della capacità di orientamento. Il deficit cognitivo è irreversibile. Inoltre, negli adolescenti che bevono molto, il fegato può presentarsi all'ecografia come "steatosico", infarcito di grasso: in questo caso, smettendo di bere, assumendo vitamine e anti-ossidanti il fenomeno è reversibile. Se si continua, invece, si sviluppa la cirrosi e, nel lungo periodo, è probabile la formazione del cancro. E' certo, inoltre, che a causa dell'avvicinamento precoce all'alcol poco meno dell'1% delle persone in carico ai servizi sanitari (circa 700 giovani in Italia) abbia meno di 19 anni. Per contrastare queste tendenze uno degli obiettivi dell'Organizzazione mondiale della Sanità è di azzerare entro il 2015 il consumo di alcol dei ragazzi entro 15 anni. E di ritardare l'avvio al consumo alcolico dei giovani. Ma in questo non siamo messi bene: il 25% della popolazione maschile (fino a 24 anni) beve secondo modalità a rischio. E lo stesso vale per il 7% della popolazione femminile».


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)