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Alcol e donne: temi e problemi connessi all'alcolismo femminile

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ALCOL E DONNE
Le abitudini delle donne sono profondamente cambiate anche nei confronti dell'alcol,
tanto che oggi tra il sesso femminile l'assunzione di alcol è regolare e l'alcolismo ha un tasso d'incremento superiore a quello maschile.
Negli ultimi anni questo fenomeno è diventato di rilevanza sociale, anche perché gli studi fatti fino ad oggi non hanno approfondito bene il problema dell'alcolismo in campo femminile. I motivi di questo sono da ricercarsi nel fatto che spesso l'etilismo femminile non è facilmente rilevabile, essendo sovente confinato nel privato o dissimulato per l'elevata riprovazione sociale; inoltre le implicazioni sociali del fenomeno sono sempre state meno gravi, proprio perché la donna era meno responsabilizzata dell'uomo, infine fino a qualche anno fa il problema era trascurabile per la netta preponderanza di uomini etilisti.


La donna impiega un tempo più limitato dell'uomo per diventare un alcolista e, per la maggior vulnerabilità dell'organismo femminile nei confronti dell'alcol, condizione questa determinata dalle diverse modalità di assorbimento gastrico, sviluppa molto rapidamente le complicanze epatiche e psichiatriche correlate all'abuso.
La mortalità alcol-correlata in una fascia d'età compresa fra i 30 e i 34 anni è oltre 3 volte superiore rispetto all'uomo. Oggi si calcola che il numero delle donne alcoliste corrisponde a 1/4 di quello degli uomini e la percentuali di ricoveri fra le donne etiliste è triplicata. I numeri variano molto tra i vari paesi e regioni, tanto che negli Stati Uniti alcuni studiosi dicono che un etilista su due è una donna. L'esordio dell'abuso di alcol è più tardivo nella donna rispetto all'uomo; si considera la quarta decade come il periodo a maggior rischio, perché si tratta di un età in cui la donna può smarrire i ruoli e le speranze con più facilità.
Spesso entrano in gioco situazioni di eccessiva routine svolte inutilmente e senza riconoscimento, i figli sono grandi e si allontanano, il marito si interessa poco, la donna è meno oggetto di attrazione sessuale e non è più impegnata a costruire la famiglia. Alcuni pensano che la casalinga sia la professione che maggiormente influisce sull'alcolismo, soprattutto quando questa condizione lavorativa è imposta da motivi familiari o economici. Elevato è il numero delle alcoliste fra le pensionate. Le donne etiliste sono numericamente più numerose tra le sposate, proprio a causa delle incomprensioni con il coniuge. Anche la vedovanza è un fattore predisponente. Sembra che il luogo di appartenenza, la città piuttosto che la campagna, non influisca sulla scelta del bere; invece il senso di solitudine e di abbandono, vissuto per esempio dalle immigrate, sembra influire molto.


La donna vive un alcolismo reattivo, cioè preferisce bere da sola, nascondendosi e l'alcolismo rappresenta il rifiuto per il proprio ruolo matrimoniale, una reazione esagerata a situazioni intollerabili o alla menopausa vissuta come un segno di inevitabile declino. Il fattore predominante nella donna nel determinare un abuso di alcol è la motivazione psicologica , legata spesso al ruolo sessuale e alle funzioni fisiologiche, mentre nell'uomo assumono primaria importanza i fattori socioculturali e la consuetudine.
Alcuni sostengono che le donne bevono perché si sentono poco femminili e alla base dell'alcolismo ci sono l'incapacità di realizzare in pieno una sessualità serena e appagante e il fallimento del ruolo di moglie e di madre. L'alcol, quindi, placa l'ansia causata da questi conflitti. La natura della donna alcolista è conflittuale, nevrotica, con scarsa autostima. Molte incominciano a bere eccessivamente spinte da forti impulsi di autodistruzione; altro fattore non trascurabile per l'alcolismo è quello fisiologico, determinato dalla maggiore vulnerabilità e dalle variazioni ormonali che la donna vive in modo ciclico. In fase premestruale e mestruale, parallelamente alle variazioni di estrogeno, la donna è particolarmente attratta dall'alcol, perché questo allevia i dolori, sia per la sua azione antalgica sia per l'inibizione dell'ossitocina, ormone responsabile delle contrazioni uterine; inoltre l'alcol diminuisce la sensazione di gonfiore e di ritenzione idrica e attenua, in modo provvisorio la depressione che spesso accompagna questo momento femminile. Le donne che usano anticoncezionali estroprogestinici hanno un consumo di alcol significativamente minore rispetto alle altre, di conseguenza a questo tali preparati vengono utilizzati per diminuire la voglia di bere nelle donne in trattamento.


Il ruolo, i compiti diversi e, quindi, la nuova immagine femminile dei nostri giorni, espone la donna nei confronti dell'alcol esattamente come l'uomo. La donna madre e lavoratrice è sottoposta a livelli di lavoro e di fatica elevati, a flessibilità di orario, a mobilità, a disponibilità, insomma a esigenze in contrasto con quelle classiche del ruolo femminile mentre la donna che, per scelte di carriera professionale, ha procrastinato il matrimonio e la maternità avverte, a un certo punto, un senso di inadeguatezza sotto la pressioni di stereotipi sociali tuttora attuali. Sono situazioni che creano conflitto, frustrazioni, senso di inadeguatezza e che, a lungo, andare influiscono sull'uso di alcol. Anche la casalinga intorno ai 30/40 anni, essendo spesso insoddisfatta del suo ruolo, cerca un alternativa di maggiore interesse al di fuori del nucleo familiare, all'interno del quale vive una condizione di frustrazione che la espone ad un alto rischio per l'alcolismo. Le donne che hanno avuto parenti etilisti, specialmente il padre, o che sposano persone dedite all'etilismo, spesso sviluppano problemi inerenti all'alcol e arrivano all'abuso attraverso atteggiamenti diversi, elaborate trasformazioni del loro ruolo e della figura del marito, comportamenti di fuga regressiva mirati a trasmettere al loro compagno un messaggio di ribellione e di libertà o a ricercare una compensazione per antiche carenze e rigori infantili eccessivi vissuti nell'infanzia.
Quando il compagno interviene nel tentativo di far interrompere il vizio del bere, la donna risponde con crisi depressive, con infantili promesse e sempre con inevitabili ricadute. Questo comportamento femminile ha lo scopo di mettere in evidenza l'impotenza maschile nei confronti della sua voglia di bere e di come i sentimenti del marito siano così poco intensi da non ottenere alcun risultato.


Il rapporto tra alcol e gravidanza, chiarito una ventina di anni fa, è estremamente importante per le gravi conseguenze che l'alcol causa al nascituro. Si ritiene che l'alcol sia tra le cause più frequenti di deficit mentale. Non è stata definita nessuna dose tossica, ma già moderate quantità di alcol possono avere effetti dannosi.
L'etanolo attraversa la placenta e arriva al feto ad una concentrazione di poco inferiore a quella ematica materna e, di conseguenza, anche i prodotti tossici del suo metabolismo lo raggiungono senza difficoltà espletando, così, la loro azione pericolosamente negativa sui tessuti in crescita e in formazione. Le cellule maggiormente colpite sono quelle cerebrali e l'intervento sul loro normale processo di sviluppo determina malformazioni. Il rischio permane anche per le donne alcoldipendenti da tempo che, pur sospendendo di bere durante la gravidanza, possono avere figli con disturbi alla nascita più o meno gravi. Ciò è dovuto probabilmente alle gravi lesioni, ormai irreversibili, indotte dall'alcol al corpo materno e alle carenze vitaminiche che si ripercuotono sullo sviluppo del bambino. Nei primi 3 mesi di gravidanza l'alcol determina i danni maggiori per il feto, addirittura spesso incompatibili per la sua vita. Il nascituro, che spesso nasce con difficoltà e prematuro, può essere colpito da malformazioni, da un ritardo mentale congenito, da una forma di mongolismo con una frequenza piuttosto elevata. Tutto ciò si verifica sia in donne dedite all'alcol durante la gravidanza sia in quelle che si sono astenute dal bere durante la gestazione, ma che avevano abusato di alcol precedentemente.


E' indispensabile che la coppia che decide di avere un figlio sia informata con chiarezza sui danni dell'alcol. L'astinenza totale è consigliata, visto che non siamo a conoscenza di un limite minimo di assunzione non rischioso. Inoltre chi beve trascura sempre la dieta, e questo non deve succedere durante la gravidanza, perché l'alimentazione corretta in tale periodo è di fondamentale importanza. Quando la donna beve, deve assolutamente rivolgersi ai normali presidi terapeutici per l'assistenza pre e post parto e per avere tutte le informazioni e gli aiuti possibili. L'allattamento al seno di una donna etilista provoca nel bambino un'intossicazione, perché l'alcol ingerito dalla madre si distribuisce rapidamente dal sangue alla ghiandola mammaria. Oltre a tutto questo, è necessario aggiungere che il bambino, quando è riuscito a sopravvivere, deve essere seguito con particolare attenzione nel suo sviluppo fisico, motorio e psichico.
La terapia è essenziale per la donna che beve, perciò il marito, superato il primo periodo di negazione del problema e di vergogna, deve rivolgersi a un medico o a un'equipe specializzata per chiedere l'aiuto necessario a superare la situazione. I molti e diversi problemi della donna, come la famiglia da mantenere unita, l'atteggiamento psicologico particolare o il comportamento protettivo e autoritario del marito, rendono la terapia estremamente difficile. Spesso la sintomatologia della etilista viene affrontata con la somministrazione di tranquillanti e antidepressivi. Questa prescrizione deve essere fatta usando una particolare attenzione e sotto stretto controllo medico anche in considerazione del fatto che quasi la metà delle donne alcoliste associa normalmente e in modo autonomo l'abuso alcolico con l'uso di psicofarmaci.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)