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Alcol e malattie epatiche: a rischio teen ager e anziani

Alcol e malattie epatiche: a rischio teen ager e anziani

Alcol, quel bicchiere in più che fa ammalare il fegato. A rischiare teen ager e anziani

 
Circa 800.000 minorenni e 2.600.000 ultra sessantacinquenni sono a rischio di patologie e problematiche alcol-correlate. I danni del binge drinking fra i giovanissimi. Preoccupa anche l'aumento dei casi di obesità
 

Circa 800.000 minorenni e 2.600.000 ultra sessantacinquenni sono a rischio di patologie e problematiche alcol-correlate tra le quali quelle a carico del fegato. È la diretta conseguenza del fatto che, proprio ai due estremi delle età della vita, si registri un aumento del consumo di alcol. Dopo la presentazione degli ultimi dati Istat nella Relazione al Parlamento sull'alcol, il tema è anche tra quelli più discussi nel corso del 54° Congresso nazionale dell'Aisf (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato). E accanto al maggior consumo di alcol, a preoccupare gli epatologi è anche l'aumento dell'obesità: in entrambi i casi il rischio per la salute del fegato è quello della cirrosi.

L'aumento del consumo di alcol

Probabilmente come conseguenza delle difficoltà vissute durante la pandemia l'alcol è stato un 'rifugiò o meglio una scappatoia da ansie e preoccupazioni per molti. Nel periodo pandemico, secondo i dati Passi d'Argento dell'Istituto Superiore di Sanità, il 57% degli adulti di età 18-64 anni ha dichiarato di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l'intervista.

Complessivamente il 17% degli intervistati ha fatto un consumo di alcol a maggior rischio per la salute, per quantità e modalità di assunzione: il 3% ne ha fatto un consumo abituale elevato, superando le soglie di consumo medio giornaliero indicate dalle linee guida internazionali, l'8% risulta un binge drinker e un altro 9% ha consumato prevalentemente alcol fuori pasto. Si beve di più tra le fasce di popolazione che hanno una maggiore disponibilità economica, residenti nel Nord Italia ed tra gli uomini.

Più alcol tra minorenni e anziani

Colpiti i target di popolazione più vulnerabili: minori (760mila) e anziani (2milioni 600mila) le fasce di età di maggiore criticità. Ma a preoccupare gli esperti è anche l'aumento del consumo tra le minorenni: tra 16 e 17 anni la frequenza delle consumatrici a rischio (40,5%) raggiunge quella dei coetanei maschi (43,8%); tra 11 e 15 anni 10 minori su 100 sono a rischio.

Cresce anche il binge drinking con oltre 4 milioni di consumatori hanno abusato nel 2020, 930mila tra gli 11 e i 25 anni di età, con 120mila minori intossicati. Che conseguenze ha tutto questo bere sul fegato? "Durante la pandemia - risponde Alessio Aghemo, segretario Aisf - c'è stato un incremento nel consumo di alcolici misurato dalle vendite, che ha portato a un aumento dei ricoveri per epatite alcolica negli Usa e ad un incremento dei casi di trapianto di fegato per malattie alcol correlate in Nord Europa. In Italia non abbiamo ancora dati aggiornati, ma è ragionevole supporre che vi sia un impatto prolungato nel tempo. L'incremento delle complicanze probabilmente si verificherà nei prossimi 5-10 anni, poiché queste non sempre sono acute, e talora richiedono molto tempo per emergere".

Quanto si può bere senza danneggiare il fegato

Esiste una soglia di sicurezza oltre la quale il consumo di alcol diventa dannoso per la salute in generale e per il fegato in particolare? "Attualmente le quantità di alcol che non sono considerate dannose in chi ha un fegato sano sono rispettivamente 3 unità di alcol negli uomini e 2 nelle donne durante la giornata. Una unità di alcol corrisponde a un bicchiere di vino o a una lattina di birra - spiega Manuela Merli, ordinario di Gastroenterologia presso La Sapienza di Roma.

"Inoltre, a meno di 18 anni non si dovrebbe bere perché gli enzimi non sono ancora maturi per metabolizzare l'alcol. Questi stessi enzimi anche dopo i 65 anni attraversano una riduzione di attività, che lascia intuire come anche la popolazione anziana dovrebbe moderare notevolmente il consumo di alcol. Tuttavia, l'alcol è sempre più diffuso nelle fasce giovanili, talvolta attraverso il fenomeno del binge drinking, per cui non si consuma abitualmente, ma in occasioni particolari si assumono più di 5 unità alcoliche in poche ore, determinando un effetto tossico importante sul fegato, col rischio soprattutto sui più giovani di provocare un coma etilico".

I danni del peso in eccesso

Ma a preoccupare gli epatologi a Congresso è anche l'eccesso di peso. Il fegato rappresenta la centralina metabolica, l'organo che permette di ricevere tutte le sostanze acquisite nei pasti e di smistarle nell'organismo. Un'alimentazione in eccesso fa accumulare grasso nel fegato e nel 5-10% dei casi può portare a una cirrosi epatica: visto che in questo periodo storico i soggetti che accumulano grasso sono milioni, gli effetti si riflettono anche sull'epidemiologia delle malattie del fegato.

"In alcuni Stati del Pacifico oltre il 50% della popolazione è all'interno del range di obesità", sottolinea Giulio Marchesini, già Ordinario di Dietetica Clinica presso l'Università di Bologna. "L'Italia sta meglio di altri Paesi europei, con circa il 12% della popolazione nel range di obesità e il 20-25% nel range del sovrappeso. Tuttavia, il nostro è il secondo Paese europeo per obesità infantile e le proiezioni per il futuro indicano che un bambino con obesità ha l'80% di probabilità di diventare un adulto obeso, con relative complicanze e patologie di tipo cardiologico, epatologico, nefrologico".

 

Cirrosi epatica e sarcopenia

Ma in che modo l'eccesso di peso può incidere sulla salute del fegato? "Il grasso - risponde Marchesini - si localizza a livello dell'addome, danneggiando pancreas e fegato: da una parte provoca diabete, dall'altra un danno epatico che può sfociare in cirrosi e in epatocarcinoma". Ma c'è di più: "Quando interviene la cirrosi - aggiunge Merli - può instaurarsi una progressiva malnutrizione che si riflette anche sulla muscolatura corporea, provocando una precoce sarcopenia, che può portare un paziente di 40 anni con cirrosi grave ad avere una fragilità analoga a quella di un 70enne. La malnutrizione, la fragilità e la sarcopenia devono essere contrastate perché hanno effetti negativi sulla sopravvivenza".