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Alcol ed eccitanti, un consumo inarrestabile

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I consumi di droghe e i cambiamenti che in questo campo avvengono possono dire molto sui paralleli cambiamenti nello stile di vita soprattutto dei giovani. Ne abbiamo parlato con Renato Bricolo, che in passato è stato primario del Ser.T. 2 di Padova. Psichiatra, esperto di giovani e nuove droghe, ha studiato a lungo l'andamento dei consumi delle sostanze stupefacenti.
Bricolo, quali sono le droghe che oggi si consumano maggiormente?
Ormai da molti anni c'è stato un viraggio del consumo verso quelli che genericamente potremmo chiamare gli eccitanti. C'è anche una qualche ripresa di quelli che tra virgolette potremmo qualificare come "allucinogeni", sia per il versante dell'Lsd che per quello dell'anfetamina e simili. E poi c'è una grossa esplosione dell'utilizzo di alcol. Si usa il sistema assai inglese di bere tanto per stonarsi molto presto, per uscire un po' dalla capacità di controllo.
Questo panorama non costituisce però una novità, come diceva.
Assolutamente no. Già quasi venti anni fa don Gino Rigoldi della Comunità Nuova di Milano aveva identificato il momento inizio nell'uso della cocaina nel biennio delle superiori. Quindi si tratta di un processo lento ma progressivo che si va imponendo.
E quali sono invece i nuovi elementi di questo processo?
La grande novità è l'enorme tendenza alla diffusione. L'impressione è che queste sostanze comincino a essere utilizzate moltissimo.
In particolare dai più giovani?
Si parla sempre naturalmente molto di loro, perché questo è uno stereotipo. Però l'impressione è che l'utilizzo di questo tipo di bere e di questo tipo di sostanze sfondi oramai verso i trentacinque o quaranta anni. Giovani sì, ma non proprio sempre ragazzini. Anche se obiettivamente c'è un'invasione di queste modalità di utilizzo verso i giovanissimi, dai dodici ai quindici anni. Che però non si chiude verso i diciotto, i venti o i venticinque. C'è indubbiamente uno sfondamento anche verso le età più avanzate.
Lei ha sempre lavorato sulla prevenzione e sulla riduzione del danno. Se oggi fosse a capo del Dipartimento delle Tossicodipendenze, quali sono i primi interventi che metterebbe in atto?
Queste sono domande imbarazzanti e a cui è molto difficile rispondere... La mia linea è semplice: tenderei a prendere atto che la realtà è quella che è e che, per carità, dobbiamo certo impegnarci sulla prevenzione - è un impegno che va messo in campo come riduzione del danno, come insegnamento, come tante cose - però dobbiamo puntare immensamente sulla presa in carico precoce. Perché ho l'impressione che questo fenomeno abbia assunto l'andamento di un trend di moda, e che quindi sia improbabile riuscire a bloccarlo, anche se è commovente lo sforzo di cercare di impedire che si diffonda e si allarghi oltre un certo livello.
Cioè  il bacino degli utilizzatori di allarga sempre di più, senza che sia possibile fare niente per contenerlo?
Mi pare che la tendenza all'invasione del campo degli utilizzatori sia progressiva ed entro certi limiti inarrestabile. Dire che è inarrestabile è forse usare una parola esagerata, ma diciamo che certamente non si è riusciti a contenerla oltre un certo livello. E quindi la grande attrezzatura deve andare verso la presa in carico precoce, verso l'impedire il più possibile che consumatori sporadici o abusatori diventino dipendenti. E impedire il più possibile le grandi complicazioni, anche biologiche, che l'utilizzo di queste sostanze può dare.
Quali complicazioni?
Continuiamo a parlare della tossicodipendenza come del rischio principale, ma non dobbiamo dimenticare che c'è tutta un'altra serie di patologie altrettanto grosse. Ad esempio molte patologie cardiache nei quarantenni possono probabilmente trovare spiegazione negli eccitanti, nella cocaina, e non solamente in accidenti cardiaci indipendenti.
E come affrontare questa situazione?
C'è tutto un fronte che bisognerebbe sensibilizzare. Pensiamo ai Pronto Soccorso e a come non siano assolutamente abituati né preparati per prendere in carico le componenti biologiche, fisiche dell'utilizzo di sostanze. Siamo fissati su questa idea della prevenzione, continuiamo a tentare di impedire la dipendenza, e va benissimo, questo sforzo è encomiabile. Però non vi è dubbio che nel frattempo bisogna aprire dei fronti che non sono fino ad ora stati aperti e che a mio modo di vedere invece si impongono.
Quali soggetti andrebbero attivati in questa direzione?
I Ser.T. dovrebbero lavorare molto più al di fuori, molto più nei Pronto Soccorso. Il privato sociale dovrebbe rivedere tutta una serie di strategie che adopera. Perché sicuramente il campo delle tossicodipendenze non è un campo da abbandonare, però non vi è dubbio che il campo degli abusi, con tutti i rischi che comporta, si è nel frattempo dilatato. E non poco.