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Bevande analcoliche: i pro e i contro

Bevande analcoliche: i pro e i contro

Sicuri che bere analcolici faccia meno male dell'alcol?

 
Contengono più zuccheri e per molti non sono che la strada che porta agli analoghi alcolici. Anche per la confezioni, spesso identiche

Birra, vino e persino i distillati 0.0. Le bevande analcoliche stanno diventando sempre più popolari, anche fra i giovani: merito della loro accessibilità e del numero crescente di marchi che si trovano sugli scaffali dei supermercati. Ma cosa comporterà questa nuova moda?

L'Istituto Superiore di Sanità ha rilevato come aperitivi digitali e home delivery hanno cambiato il modo di bere degli italiani durante lockdown. Una situazione molto preoccupante per giovanissimi, anziani e donne. Ma ripiegare sulle versioni analcoliche non pare essere una scelta realmente salutare. Ecco perché.

Un mercato in forte espansione

Qualche anno fa, le birre e il vino analcolici erano una rarità. E ciò che era disponibile era piuttosto esecrabile. "Oggi il mercato è in forte espansione e puoi ordinare una pinta di Ipa analcolica con tutta la sua ricca luppolatura, o un bicchiere di merlot dealcolizzato che sa proprio di vino, non di succo d'uva", scrive la dottoressa Ali Hill, responsabile del corso in Nutrizione umana applicata dell'Università di Solent, su The Conversation.

"Dato l'effetto negativo che l'alcol può avere sulla salute, in particolare a lungo termine, birra e vino analcolici sono sicuramente opzioni più salutari. Ma questo significa che ti fanno star bene?". Non proprio. "Una pinta di birra analcolica contiene un cucchiaino e mezzo di zuccheri liberi, un quarto del massimo consigliato in un solo bicchiere. Se finisci una bottiglia di chardonnay analcolico, ne hai bevuti otto cucchiaini". E in alcuni casi, potrebbe anche essere più della sua alternativa alcolica. "Come per le bibite, nelle birre analcoliche e nel vino dealcolizzato il contenuto di zucchero varia da prodotto a prodotto. Un bicchiere di limonata contiene circa due cucchiaini di zucchero libero, mentre la stessa quantità di cola è più vicina a cinque".

Ma c'è anche chi ne fa una questione che va ben oltre la linea. Un nuovo articolo della Menzies School of Health Research e del George Institute for Global Health solleva interrogativi sul fatto che queste bevande potrebbero dare un motivo in più ai giovani per avvicinarsi all'alcol.

"L'industria degli alcolici promuove spesso bevande analcoliche come adatte al consumo alla guida, mentre ci si allena in palestra e pure durante la gravidanza. E non conosciamo il potenziale d'impatto sui bambini che vedono i loro genitori bere al volante poiché è improbabile che possano distinguere tra una birra a zero alcol e una normalmente alcolica".

Confezionate allo stesso modo per facilitare il passaggio

Come ricorda la ricercatrice Mia Miller, "le bevande ad alcol zero sono spesso confezionate in modo identico a quelle alcoliche e possono essere indistinguibili anche nel gusto. La loro libera vendita nei supermercati significa che i giovani saranno più frequentemente esposti al marchio e ai loghi delle aziende di alcolici. E l'esposizione alla pubblicità di alcolici ha dimostrato di portare a un consumo precoce e maggiore di alcol". Pensate solo alle bottiglie di spumante alcol free fatte apposta per le feste dei bambini o ancora i biberon a forma di bottiglia di birra e i cocktail analcolici dei menù bimbi fatti per assomigliare in tutto e per tutto "a quelli dei grandi".

I ricercatori non sanno ancora quale impatto avrà il consumo di bevande analcoliche durante l'infanzia sul successivo consumo di alcol ma, secondo Miller, "sono necessarie ulteriori ricerche per valutare se la facilità di disponibilità di bevande a zero alcol può portare a un "effetto gateway", in cui i bambini che le consumano potrebbero essere più propensi a consumare bevande alcoliche da grandi. È quindi opportuna una ricerca longitudinale nel campo dell'alcol, simile a quello della ricerca sul tabacco, per determinare se i giovani le stanno acquistando e se il loro utilizzo ha delle implicazioni nell'iniziazione precoce all'uso di alcol. E saranno necessari anche notevoli sforzi per informare le politiche che regolano la disponibilità e la commercializzazione di queste bevande, dato che con l'uso sregolato può perpetuarsi il mito culturale che il bere rientri nel conformismo sociale".

Tutto questo ancora di più oggi, reduci da una pandemia che ha portato in Italia a un incremento incontrollato nel consumo di alcolici. Ad affermarlo è l'Iss nel Rapporto 2021 sul monitoraggio di bevande alcoliche nelle Regioni, mostrando che l'e-commerce delle bevande ha avuto un'impennata nel 2020 tra il 181 e il 250%: "L'approvvigionamento degli alcolici non ha conosciuto pause nel periodo del lockdown, anzi: il mercato ha rafforzato nuovi canali alternativi e anche meno controllati, relativamente al divieto di vendita a minori", cambiando anche "le abitudini degli italiani". E pensare che già nel periodo antecedente la pandemia l'alcol era uno tra i più temibili fattori di rischio e di malattia per circa 8 milioni e mezzo di consumatori definiti a rischio, tra cui oltre 2,7 milioni di anziani e 4 milioni di binge drinker, coloro che si abbuffano di alcolici e che bevono 5 o più bevande alcoliche, cocktail, birra, vino, liquori in un breve lasso di tempo, arrivando ad un'immediata ubriacatura. Una abitudine che, secondo il sondaggio del Drinkaware Barometer, è cresciuta del 36% rispetto al periodo pre Covid.

Giovani, target vulnerabile

"I giovani sono un target di popolazione estremamente vulnerabile ai rischi legati al consumo di bevande alcoliche - ricordano Emanuele Scafato e Rosaria Russo dell'Istituto Superiore di Sanità - rischi spesso assunti inconsapevolmente e sempre più frequentemente influenzati dalle pressioni sociali, mediatiche, pubblicitarie, familiari.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: https://www.repubblica.it/salute/2021/09/27/news/bere_analcolici_e_davvero_piu_sano-313790089/

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)