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Come allontanare i giovani dall'abbuffata di alcol: considerazioni della d.ssa Bellini

Come allontanare i giovani dall'abbuffata di alcol: considerazioni della d.ssa Bellini

Sempre più spesso si leggono articoli che evidenziano la rilevanza del problema dell'abuso di alcol tra giovani e

giovanissimi. Ultimamente la notte di San Ranieri a Pisa, è stata palcoscenico di numerosi interventi da parte del 118 per

soccorrere giovani (dai 15 ai 30 anni) che per l'occasione hanno deciso di festeggiare " alzando il gomito". E così è

accaduto a Viareggio dove la "Follia alcolica" ha avuto come risultato un ragazzo in coma. Cronache di questo tipo,

purtroppo, che hanno come protagonisti giovani in stato di ebbrezza o di ubriachezza sono all'ordine del giorno. Eppure gli

stessi ragazzi intervistati singolarmente, dimostrano consapevolezza dei pericoli che corrono bevendo e ancor di più se dopo

aver bevuto decidono di mettersi alla guida dell'auto o del motorino. C'è una tendenza diffusa a sopravvalutare la tolleranza

soggettiva dettata molto probabilmente dalla nostra cultura mediterranea che attribuisce doti positive all'alcol, al vino

nello specifico. Tanto per esemplificare, è interessante rilevare che è proprio nell'ambito familiare che i ragazzi consumano

alcol per la prima volta. Dietro al fenomeno del "binge drinking", ovvero dell'abbuffata alcolica, termine di cui la maggior

parte dei giovani non conosce il significato, ma che, spesso, pratica durante il fine settimana, sottostanno diverse

motivazioni. Qualcuno, in maniera evasiva dice che beve semplicemente perché gli piace, altri affermano che bevendo si

divertono di più. Principalmente si ricorre all'alcol per socializzare, alleviando il disagio della relazione (non bisogna

dimenticare che siamo nell'era di face book), per essere disinibiti, per dimostrare coraggio e virilità: in pratica l'alcol

finisce per rappresentare lo strumento per fronteggiare le nuove difficoltà di adattamento, è come un sedativo per sentirsi

più tranquilli. Non è un caso che l'OMS nel 1975 abbia sostituito il termine alcolismo con la dicitura "farmacodipendenza di

tipo alcolico". Occorre non dimenticare che nelle moderne società industriali cresce l'isolamento individuale e la

frammentazione sociale, per cui i soggetti, come i giovani che vivono momenti delicati, in questo caso di passaggio all'età

adulta, rappresentano una fascia di età vulnerabile, molto più soggetta alla sperimentazione di comportamenti rischiosi come

ubriacature, uso di sostanze, vandalismo, bullismo ecc. Occorre allora lavorare per una nuova definizione dei valori d'uso,

finalizzata a promuovere atteggiamenti più responsabili in particolare tra i giovani. Si tratta di aiutarli a ridefinire i

propri valori di riferimento e, di renderli più consapevoli dei propri comportamenti al fine di permettere loro di sostituire

quelli rischiosi con altri che possano, comunque, soddisfare i bisogni di sottofondo senza dover necessariamente mettere in

gioco la propria vita, per "seguire la moda". Per questo occorre un lavoro sinergico della famiglia, della scuola e della

società che come principali fattori di protezione possono permettere ai ragazzi di crescere e di affrontare costruttivamente

le scelte da protagonisti sviluppando una adeguata coscienza critica. Alla luce di tutto questo fa, veramente, sorridere la

considerazione del nostro presidente del Consiglio, che osservando i dati della "Relazione annuale al Parlamento sull'uso

delle sostanze stupefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze in Italia", si compiace del fatto che nel 2009 i

consumatori sono diminuiti del 25,7% rispetto all'anno precedente, senza prendere in considerazione non solo lo spostamento

verso l'alcol ma neanche le motivazioni che lo hanno causato. - Nila Bellini - pedagogista e counselor