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Corato (BA): piano sociale di zona, tra sogni e bisogni

progetto prevenzione giovani alcolismo

Dopo l'incontro di presentazione dell'11 c.m. presieduto dall'assessore ai Servizi Sociali Franco Caputo, in rappresentanza del Comune di Corato, capofila dell'Ambito, coadiuvato dai colleghi di Terlizzi, Santina Mastropasqua, e di Ruvo di Puglia, Irene Turturo, con la partecipazione dei dirigenti Giuseppina Rutigliano, (Distretto Socio-Sanitario), di Vitantonio Patruno, (Servizi Sociali di Corato) e di Angela Carnicella (Servizi sociali di Terlizzi) sono stati avviati i sei "Tavoli tematici" previsti dal Piano regionale per l'Ambito territoriale n. 3 che comprende i Comuni di Corato, Terlizzi e Ruvo di Puglia.
Tutti gli incontri, ai quali sono stati invitati i rappresentanti di enti pubblici, organizzazioni sindacali, organismi di rappresentanza di volontariato e delle cooperazione sociale, ordini e associazioni professionali, associazioni di categoria, associazioni delle famiglie e singoli utenti, ai sensi della L.R. n.19/2006, art. 4, si sono tenuti nella Biblioteca comunale di Corato.
Il percorso consultivo e partecipativo realizzato nei tavoli tematici, si è articolato nella trattazione dei temi di massima rilevanza sociale: "Politiche familiari e per la prima infanzia; Politiche di genere e per la conciliazione vita-lavoro; Politiche integrate per le non autosufficienze; Politiche per la promozione dei diritti delle persone disabili e delle loro famiglie; Politiche sociali nell'area della salute mentale; Politiche per l'inclusione sociale di soggetti svantaggiati; Politiche per l'inclusione sociale degli immigrati; Politiche sociali nell'area delle dipendenze patologiche; Politiche per il contrasto e la prevenzione di fenomeni di abuso, maltrattamento e violenza in danno di donne e minori; Politiche di prevenzione del rischio di devianza minorile e di promozione per gli adolescenti e i giovani; Politiche per l'integrazione socio-sanitaria.
Il percorso programmatico delle politiche sociali si concluderà con la conferenza di concertazione generale nella quale sarà illustrato e condiviso lo schema di Piano.
Questo documento di lavoro costituirà, quindi, la base di discussione e di proposta metodologica per avviare un confronto che veda effettivamente coinvolti tutti gli attori-chiave del sistema di welfare. Non è quindi il testo del Piano Regolatore Sociale. Si tratta, più modestamente, ma anche più coerentemente con la filosofia di fondo che lo anima, di uno strumento di lavoro per la costruzione di un processo corale teso a rilanciare con forza la questione sociale della città ed a realizzare in forma co-progettata il Piano Sociale di Corato-Terlizzi e Ruvo di Puglia entro il mese di dicembre 2009.
In attuazione, pertanto, della Legge 328/2000 il Piano di Zona ha lo scopo di impegnare le tre Amministrazione comunali dell'Ambito nella programmazione, nella progettazione e nella realizzazione del sistema cittadino dei servizi e degli interventi sociali.
Allo stesso tempo, però, il Piano di Zona vuole essere lo strumento con cui leggere le politiche cittadine di sviluppo dal punto di vista del bisogno e della domanda sociale.
Troppo spesso, però, abbiamo dovuto osservare negli incontri ai quali abbiamo partecipato in rappresentanza dell'"Associazione contro la criminalità per la legalità" di Corato e la "Consulta delle Associazioni del Comune di Terlizzi" che gli interventi sociali restano confinati nella sfera assistenziale, senza una reale integrazione con i percorsi di formazione e di politica attiva per il lavoro. Oppure giungono troppo tardi, nella fase dell'emergenza, perché non si è riusciti a prevenire i rischi di esclusione. E' necessario, invece, che gli interventi sociali siano inseriti nell'ambito di interventi di prevenzione dal rischio di esclusione e di percorsi di inclusione integrati. Il 2° Piano di Zona deve diventare, quindi, a differenza del precedente, lo strumento tramite il quale il "sociale" interpreta ed orienta le politiche sanitarie, urbanistiche ed abitative, della scuola e dei servizi per l'infanzia, della formazione e del lavoro, dell'ambiente, dei trasporti, delle periferie, delle pari opportunità fra uomini e donne, dei tempi e degli orari che si vivono in città.
Questa architettura istituzionale deve essere finalizzata ad attuare un modello di rete solidale su scala urbana e di ambito, garantendo al contempo la globalità della dimensione cittadina e le specificità del fabbisogno locale.
In questo modo è riconosciuta e valorizzata sia l'autonomia programmatica e gestionale dei tre Municipi, sia l'identità delle politiche sociali cittadine. Si tratta, in altre parole, di federare autonomie, costruendo la città delle reti sociali, in cui le connessioni e i nodi si intrecciano armonicamente all'interno di unità organizzate tra molteplici istituzioni.
Le opzioni di fondo, nostro avviso, pertanto dovranno essere le seguenti:
1) Responsabilità civiche e solidarietà: a) sviluppare strategie e misure di prevenzione del disagio e dell'esclusione sociale; b) considerare i cittadini e le famiglie non "oggetto" di interventi ma "soggetto protagonista" della rete degli interventi e dei servizi sociali; c) aprire spazi e opportunità per l'esercizio della cittadinanza attiva nel campo sociale, attuando un principio di reciprocità, per cui, a fronte di tale impegno, vi sia un riconoscimento concreto; d) sostenere l'autorganizzazione dei cittadini e delle famiglie nello svolgimento delle funzioni pubbliche, tramite la messa a disposizione di spazi, servizi, opportunità di impegno;e) offrire anche al mondo della produzione opportunità per esercitare la propria "cittadinanza di impresa"; f) valorizzare le forme e gli istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale, sviluppando a tutti i livelli una cultura del partenariato con i movimenti e le associazioni dei cittadini e con i lavoratori dei servizi.
2) Diritti sociali da promuovere, tutelare e rendere esigibili: a) il diritto all'informazione sui servizi, come diritto primario dei cittadini, anche per coloro che hanno maggiori difficoltà a causa di barriere linguistiche, fisiche o culturali; b) il diritto di accesso alla rete dei servizi, a partire dalle aree periferiche della città dove risulta più difficile; c) il diritto alla personalizzazione dei servizi e al riconoscimento delle differenze, tramite progetti personalizzati di intervento e l'abbandono dell'approccio rigido secondo le vecchie "categorie" (anziani, handicap,...), d) il diritto al tempo, inteso sia come diritto ad ottenere tempestivamente le prestazioni e i servizi di cui si ha bisogno; e) il diritto di scelta e di continuità del percorso di cura.
3) Qualità come strategia di cambiamento: a) investire sulle professionalità sociali, in termini di formazione, di ridefinizione e crescita delle figure professionali; b) promuovere la cultura della valutazione in tutti gli interventi e i servizi sociali, anche al fine di migliorarne l'efficacia e l'efficienza e di combattere lo spreco di risorse umane e finanziarie; c) sperimentare metodi di misurazione della qualità, dell'efficacia e dell'efficienza; d) coinvolgere i cittadini e le loro organizzazioni nella misurazione della qualità; e) valorizzare le buone pratiche innovative e il lavoro di rete degli operatori sociali.
4) Integrazione per lo sviluppo locale e integrazione socio-sanitaria: Per troppo tempo le politiche sciai sono state considerate esclusivamente "politiche per i deboli". E' necessario che le politiche sociali recuperino la loro centralità, orientando le politiche pubbliche di sviluppo locale. Per la definizione del Piano Sociale di Zona 2009 -2011 va dunque considerata prioritaria l'integrazione con le politiche sanitarie, formative, dell'occupazione, previdenziali, delle abitazioni, dei trasporti e delle infrastrutture.
5) In conclusione, a nostro avviso, gli elementi qualificanti ed obiettivi del Piano Sociale di Zona 2009-2011, alla luce delle suddette opzioni di fondo sono: 1) la centralità della persona, e della famiglia, quale soggetto destinatario ed insieme risorsa ed opportunità per le comunità locali dell' Ambito territoriale n. 3; 2) l'universalità dell'accesso agli interventi ed ai servizi sociali; 3) la prevenzione e la riduzione della povertà e dei rischi connessi ai processi di esclusione sociale; 4) il riconoscimento dei soggetti del Terzo Settore quali agenti di politiche e responsabilità pubbliche e non solo come fornitori di servizi e prestazioni; 5) sviluppare e conservare la proprie risorse personali e capacità psico - fisiche; 6) svolgere una soddisfacente vita di relazione ed essere membri attivi della società; 7) affrontare positivamente le responsabilità quotidiane, prevenire e superare le diverse forme di disagio, povertà e marginalità.