338-1938888 o 331-2460501/2/3 o 0172-55294[email protected]

News di Alcologia

Dipendenza affettiva patologica: che cos’è e come riconoscerla

Dipendenza affettiva patologica: che cos’è e come riconoscerla

Dipendenza affettiva patologica: la relazione malata dietro la violenza di genere. Che cos’è e come riconoscerla

 
Erica Pugliese

Chi ha detto che parlare di relazioni sia un argomento frivolo? Costruire e mantenere rapporti sani è una delle abilità più importanti e allo stesso tempo più difficili della nostra vita. Lavoro da anni con donne che subiscono violenza di genere e quello che mi ha subito colpito dei loro racconti è stata la lucida consapevolezza di vivere una relazione malata ma di non poter rinunciare a quel legame. Molte di loro si chiedono se hanno commesso errori, preteso troppo o se possono ancora fare qualcosa affinché la situazione migliori. Perché non andiamo via quando le cose si mettono male? Abbiamo paura di morire soli? Non sopravvivere all’eternità della morte? La questione è un po’più complessa e merita un approfondimento.

Nella mia esperienza di psicoterapeuta, quello che ho osservato è che quando le cose “tra noi” non vanno come vorremmo stiamo lentamente sempre peggio: riversiamo questo malessere in qualche parte del corpo e facciamo cose per sentire meno male che, la maggior parte delle volte, ci fanno solo sentire più dolore fino a compromettere la nostra salute mentale e fisica.

Innamorarsi è la parte più facile e risponde al nostro bisogno di socialità, di sentirci parte di un progetto sano rispettando spazi e differenze me corrobora anche l’idea antica di avere necessità di un altro a tutti costi perché sole non possiamo farcela. Ma quando questi scopi non sono raggiunti e il rapporto diviene la fonte di sofferenza, cosa ci costringe a portarlo avanti?

Oggi sappiamo che questa condizione si chiama dipendenza affettiva patologica, una manifestazione clinica che fa da ombrello al fenomeno sociale della violenza di genere nelle relazioni intime. Questa patologia, ancora oggi poco studiata e approfondita nel mondo della psicologia accademica, si caratterizza per la tendenza a perseverare in relazioni tossiche, non paritarie, fonte di dolore e dispiacere per almeno uno dei due partner e a non riuscire a porre fine al rapporto anche quando la situazione degenera nella violenza fisica che, oltre al valore, alla dignità e al senso di sicurezza, mette a repentaglio la vita della vittima.

Secondo l’ultimo report Istat, nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%). Nonostante questa impennata di consapevolezza da parte delle vittime sull’importanza di rompere il silenzio e chiedere aiuto quando la relazione è violenta, il numero delle donne morte per mano del partner o dell’ex partner è ancora oggi troppo alto e le notizie di cronaca nera sui femminicidi sono all’ordine del giorno.

La dipendenza affettiva patologica, nonostante la portata potenzialmente drammatica delle conseguenze su chi ne soffre direttamente e sulle persone che le gravitano intorno, come genitori, figli e amici, ancora oggi non è inserita nei sistemi nosografici ufficiali né esiste un protocollo di intervento di psicoterapia di comprovata efficacia. Il filo di Arianna delle storie di dipendenza affettiva sembra ricamare lo stesso copione: un primo incontro, l’innamoramento, le rotture, le rappacificazioni, le fasi di stallo e un’unica possibile e sola tragica conclusione. Finirà male.

Nessun lieto fine, nessun principe sul cavallo bianco che salva la principessa, nessuna principessa che “guarisce” il principe burbero. Non si tratta di amore o di “troppo amore” ma di un disturbo della salute mentale. Di cosa soffre dunque il/la dipendente affettivo/a nello specifico? La dipendenza affettiva patologica è una condizione di dolore profondo e pervasivo generato nella e dalla relazione. Questa sofferenza continua a protrarsi nel tempo anche quando chi ne soffre diviene consapevole della disfunzionalità della relazione stessa ma non riesce comunque a rompere il legame. Non ha preferenze di genere, di età, di orientamento sessuale o status socioeconomico. È democratica e a quanto pare difficile da estirpare.

Marta (nome di fantasia) chiede aiuto, si rivolge a un professionista della salute mentale, è consapevole di essere una alla quale piacciono i tipi difficili, sa che la relazione non la fa stare bene e vorrebbe capire cosa fare per sentirsi meglio. Sembra vivere un conflitto interno, vorrebbe salvarsi ma... Cosa le accade a livello intrapsichico? Clinicamente parlando, queste relazioni, si caratterizzano proprio per la presenza di un conflitto interno alla persona tra il voler abbandonare quella condizione di grande sofferenza e il voler salvare la relazione a tutti i costi. Sebbene il problema delle dipendenze affettive patologiche sia antico come il mondo, questo tipo di problematica ancora oggi è fonte di grande confusione fra i terapeuti, tra chi la considera una tematica frivola e chi di competenza del sociale e chi non degna di un vero e proprio approfondimento scientifico e intervento terapeutico.

Per fortuna questo panorama sta cambiando: oggi il primo intervento per chi soffre di dipendenza affettiva patologica e che subisce violenza di genere (sia di tipo emotivo, psicologico ma anche fisico, sessuale o economico) è finalizzato alla messa in sicurezza, alla raccolta di prove e ancora prima al riconoscimento dei segnali tipici di una relazione tossica e dei diritti che gli esseri umani hanno nelle relazioni interpersonali.

Il punto di partenza è imparare a non aspettarci che le cose vadano diversamente. Il desiderio che le cose prima o poi migliorino è molto potente e, in questi casi, altrettanto inutile e distruttivo. Ti porta a pensare che la logica e la ragione avranno la meglio, che la persona cambierà e che presto avrà capito. Ma si è sulla strada sbagliata: il partner tossico non darà mai realmente ragione, non cambierà per nessuno e non ascolterà mai veramente. Le vittime di violenza non riconoscono di essere seriamente in pericolo. Di conseguenza sapere identificare i segnali di una relazione tossica non aiuta solo a non invischiarsi nell’amore patologico ma anche a salvarsi quando il rapporto degenera nella violenza.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: https://27esimaora.corriere.it/21_luglio_06/dipendenza-affettiva-patologica-relazione-malata-dietro-violenza-genere-che-cos-e-come-riconoscerla-7a3c3366-d844-11eb-b949-f9df7b28a0a6.shtml

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)