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Friuli Venezia Giulia: un morto al giorno per colpa dell'alcol

Friuli Venezia Giulia: un morto al giorno per colpa dell'alcol

Dipendenze in Fvg: un morto al giorno per colpa dell'alcol

In 13 anni oltre 5mila decessi per patologie legate all'abuso: la piaga costa alla società oltre 90 milioni di euro

di Davide Vicedomini

UDINE. In Friuli Venezia Giulia più di una persona al giorno muore a causa dell’alcol. L’indagine-choc, recentemente condotta dall’Azienda sanitaria udinese e dall’Università di Udine e presentata nell’auditorium della Regione, ha messo in luce l’impatto dei problemi alcol correlati nella nostra regione, sia in termini di mortalità sia di costi sull’intero sistema sanitario. In tredici anni sono state registrate 5.418 morti per gli effetti dovuti all’abuso di sostanze alcoliche, pari a 416 all’anno, più di una al giorno. L’impatto economico è altrettanto devastante. Di media tra costi per ricoveri, medici e Pil distrutti la perdita economica sfiora i 90 milioni di euro.

Più maschi che femmine

Il gruppo di ricerca, formato dal dottor Francesco Piani, già direttore del dipartimento delle dipendenze dell’Aas 4 e ora responsabile scientifico del centro solidarietà giovani di Udine, dal professor Maurizio Massaro, del dipartimento di scienze economiche e statistiche dell’ateneo friulano e da Fabio Barbone, Federica Edith Pisa, Valentina Rosolen, Maria Fuso Zigotti e Annarita Tullio del dipartimento di scienze mediche e biologiche, ha analizzato il data base regionale della salute che riporta casi, ragioni e diagnosi di ricoveri e decessi.

Il numero delle morti totali per cause alcol-correlate (totalmente e parzialmente) è pari al 3 per cento di tutte le morti nei residenti del Friuli Venezia Giulia. In gran parte riguardano gli uomini (279 all’anno), in un rapporto di quattro a uno rispetto alle donne. Preso come esempio il 2009, il decesso per alcol è al quarto posto dopo le malattie del sistema cardiocircolatorio (2.140), la malattia ischemica del cuore (922) e il cancro della laringe e della trachea (565).

32 mila ricoveri all’anno

Tra le cause croniche di morte per problemi totalmente alcolcorrelati in prima posizione troviamo la cirrosi al fegato (81per cento dei casi), seguita dal cancro al fegato (15 per cento), dall’ictus ed emorragia (13 per cento) e dal tumore all’esofago (8 per cento). Tra le cause acute di morte per problemi parzialmente alcol correlati sul gradino più alto c’è la lesione per caduta (42 per cento degli episodi), l’incidente in auto (28 per cento) e il suicidio (19 per cento). Nelle donne il cancro al seno rappresenta l’11,2 per cento di tutte le morti dovute a patologie croniche parzialmente attribuibili all’alcol. Di media ogni anno, inoltre, sono 32 mila i ricoveri per ragioni legate a questo tipo di sostanza.

L’impatto sul sistema sanitario

L’analisi ha voluto misurare anche l’impatto dell’ospedalizzazione e dei costi farmaceutici per la cura contro l’alcol sull’economia del sistema sanitario della regione. I costi diretti e indiretti (ricoveri e medicinali) ammontano a circa 17 milioni di euro all’anno. Il Pil mediamente distrutto, «calcolato – precisa il professor Massaro – stimando il numero di anni persi rispetto alla durata media della vita moltiplicato per il reddito medio delle persone decedute», ammonta a circa 70 milioni di euro. L’impatto economico complessivo sfiora quindi i 90 milioni di euro.

Alcol e crisi economica

«Il quadro che ne emerge da questa ricerca è preoccupante», commenta il dottor Piani. «Si muore – spiega – più per alcol che per tumore alla prostata o al colon. I dati – aggiunge – sono fedeli alla realtà, frutto di un lavoro complesso che ha visto interagire per la prima volta tre dipartimenti, sanitario, economico e biologico. Questo è sinonimo della qualità della ricerca che è stata svolta. Sono dati impressionanti che rendono l’idea di quanto sia esteso questo fenomeno».

«Gli effetti di questi decessi sull’economia – precisa Massaro – ce li porteremo dietro per altri trent’anni. Dei 90 milioni di euro persi all’anno, 5 milioni riguardano il costo del personale ospedaliero che poteva essere impiegato in altri modi e in altre attività. Abbiamo poi notato che la dipendenza è legata alla crisi economica. Il picco dei ricoveri e dei decessi si è registrato nel biennio 2010-2011 quando la recessione ha toccato l’apice. E in particolare il fenomeno ha toccato gli uomini: l’alcolismo non è avulso dal contesto in cui viviamo».

Gli esperti concordano: "I giovani e gli stranieri i soggetti a rischio"

Le sfide che gli operatori si trovano ad affrontare nella lotta contro la piaga nell’alcol sono quattro: l’abuso nei giovani; la politossicodipendenza; le nuove modalità di consumo; e la dipendenza nella popolazione immigrata. 
 
L’abuso nei giovani
I servizi di alcologia regionali nel 2016 hanno registrato una quota cospicua di nuovi ingressi, circa un terzo dei 4.107 utenti complessivamente in carico. Stratificando il dato in base all’età, si nota un rapporto percentuale più alto per le fasce d’età che vanno dai 20 ai 29 anni rispetto alle altre. Dai dati nazionali risulta, inoltre, che tra i giovanissimi aumenta il consumo occasionale (dal 38,8 per cento al 43 per cento) e fuori dai pasti (dal 26,1 per cento al 29,2 per cento). Gli esperti in campo medico da tempo hanno messo in atto una campagna di prevenzione a favore dei ragazzi. 

«Entriamo nelle scuole elementari – spiega Piani – e teniamo lezioni già nelle classi quarte e quinte». Per Marin, presidente Acat, l’approccio è quello giusto ma serve un «maggior coinvolgimento delle famiglie che spesso tendono a sottovalutare il problema». D’accordo con questa opinione è il direttore Soc del servizio tossicodipendenze dell’Asuiud, Enrico Moratti, che parla di «modifiche negli stili di vita. Prima – precisa – c’era l’alcolista sociale, ovvero quello che andava nelle osterie e nei bar di paese. Oggi l’alcol va a coprire un disagio psicologico e va intaccare in particolar modo le fasce giovanili». Nel 2017 sono circa 800 le persone con problemi di alcol che si sono rivolte al dipartimento di dipendenze dell’Azienda sanitaria universitaria integrata udinese. «Il dato è costante da alcuni anni – spiega – ma è comunque superiore rispetto alle altre regioni d’Italia». 
 
Il binge drinking
A destare preoccupazione, tra le fasce giovanili, è soprattutto il cosiddetto binge drinking, che consiste nel concentrare in breve tempo (4-5 ore), soprattutto nel fine settimana, più assunzioni alcoliche (birra, vino, superalcolici), con conseguente ubriacatura e perdita di controllo. «È il bere per sballare – specifica il dottor Piani – tipico delle società del nord Europa e ora entrato in voga anche nei Paesi del Mediterraneo. Finché non si è ubriachi non si è contenti. Con conseguenze devastanti tra cui gli incidenti che causano la mortalità. Ogni anno in Europa scompare una città di 65 mila abitanti fatta solo di giovani che perdono la vita per l’alcol». 

«Quando si assumono queste sostanze – aggiunge – ci si sente ottimisti e sicuri e si allentano i freni inibitori. E contemporaneamente si sottovaluta il pericolo». «Spesso poi un bicchiere di birra o vino viene accompagnato da una canna», dice Piani.
 
È il fenomeno della politossicodipendenza «la porta d’accesso – così la chiama il responsabile scientifico del centro solidarietà giovani “Micesio” di Udine – verso l’abuso di droghe sempre più pesanti».

L’abuso di alcol negli immigrati
E c’è infine un ultimo problema che gli esperti non sottovalutano: l’abuso di alcol negli immigrati. «Gli orientali, in particolare – sottolinea ancora Piani –, hanno una minore capacità di metabolizzare l’alcol. A ciò si aggiunge il fatto che spesso queste persone arrivano in Italia e nella nostra regione senza un tessuto sociale di sostegno».

«L’uso di questa sostanza, quindi, diventa un’auto terapia per cancellare la depressione e l’abbandono. È questa una delle sfide che ci vedrà impegnati nell’immediato futuro», conclude Piani.

Oltre 1.500 persone in trattamento nei club in regione

Sono circa 1.500 le persone seguite dalle 220 associazioni club alcolisti in trattamento. Una rete, questa, sparsa in tutta la regione, nata nel 1979 e strettamente legata all’approccio ecologico-sociale Hudolin che, in particolar modo, ha influenzato i reparti di medicina e clinica psichiatrica di Trieste. L’offerta territoriale prevede anche due gruppi di trattamento nell’Azienda sanitaria 2, due nell’Aas 3, due nell’Asuiud e 3 nel Friuli Occidentale. Ci sono poi altri 65 sodalizi privati a sostegno delle dipendenze, più una decina tra comunità e residenze alcologiche. Complessivamente quindi nella nostra regione ci sono 300 gruppi che si occupano di problematiche alcol correlate.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2018/02/08/news/dipendenze-in-fvg-un-morto-al-giorno-per-colpa-dell-alcol-1.16451899

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)