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Jama Psychiatry: il danno cerebrale prosegue anche quando si smette di bere

Alcol: il danno cerebrale prosegue anche quando si smette di bere

Gli effetti dell'alcol sul cervello si protraggono (almeno) fino a un mese e mezzo dopo aver bevuto l'ultimo bicchiere. L'emisfero destro e il lobo frontale le aree più colpite

Le bevande alcoliche non sono «amiche» del cervello. Si sa da tempo, infatti, che anche il consumo moderato e regolare di alcolici è in grado di recare un danno strutturale e funzionale al principale organo del sistema nervoso centrale. Un aspetto che riguarda tanto i giovani (il cui cervello è in formazione) quanto gli anziani (per età già esposti a un rischio più alto di sviluppare disturbi psichiatrici e malattie neurodegenerative) e che non si esaurisce nel momento in cui si smette di consumare birra, vino e superalcolici. Le conseguenze sembrano infatti protrarsi anche nelle prime fasi astinenza e sono proporzionate ai consumi avuti nel tempo.

Sei settimane, un mese e mezzo: è questo il periodo dopo il quale il progredire delle lesioni cerebrali è stato registrato in un gruppo di 90 pazienti adulti in cura per disintossicarsi dall'alcol all'Istituto di Salute Mentale di Mannheim (Germania). Il dato emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista Jama Psychiatry, condotta al fine di valutare l'«impatto» della disassuefazione sul cervello. Le persone in cura - al pari di quelle sane coinvolte nello studio come «controlli» - sono state sottoposte a una particolare risonanza magnetica che evidenzia le variazioni della mobilità dei protoni dell'acqua in un tessuto biologico.

Dal confronto è emerso che negli ex bevitori le modificazioni della sostanza bianca, ovvero l'insieme di fibre che pongono in relazione le diverse aree cerebrali, si perpetuano pure dopo aver smesso di consumare bevande alcoliche. Un dato confermato dal contemporaneo raffronto effettuato tra due gruppi di topi geneticamente propensi a consumare elevate quantità di etanolo (soltanto uno dei quali esposto alla sostanza), grazie ai quali è stato possibile osservare la «transizione» che avviene nel cervello prima e dopo aver sviluppato la dipendenza.

«Finora nessuno immaginava che i danni provocati dall'alcol fossero in grado di progredire anche dopo aver smesso di bere», afferma Santiago Canals, responsabile dell'unità di neurobiologia cellulare e sistemica dell'Università di Alicante e coordinatore della ricerca messa nero su bianco dalla fisica italiana Silvia De Santis. «Abbiamo riscontrato la maggiore vulnerabilità a livello del corpo calloso e della fimbria. Si tratta di due strutture cerebrali deputate alla connessione tra i due emisferi (corpo calloso, ndr) e tra l'ippocampo, il nucleus accumbens e la corteccia prefrontale (fimbria, ndr)».

Le aree sono - rispettivamente - coinvolte nella formazione dei ricordi, nel sistema di ricompensa (è qui che si innesca il meccanismo del bere compulsivo) e nella maturazione delle decisioni. Nei prossimi mesi, i ricercatori cercheranno i dare il giusto profilo ai processi infiammatori e degenerativi che sono alla base di quanto osservato nel cervello di chi aveva appena smesso di bere. In più lavoreranno sulla possibili differenze di genere nei percorsi di disassuefazione, dal momento che tutti gli ex bevitori coinvolti nello studio erano uomini. 



(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/neuroscienze/alcol-il-danno-cerebrale-prosegue-anche-quando-si-smette-di-bere

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)