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News di Alcologia

Quando l'alcol diventa la tua casa

Quando l'alcol diventa la tua casa

 

Quando l'alcol diventa la tua casa

Assistiamo sempre più a morti di giovani che mixano alcol e droga. Accostiamoci al problema, perché sta diventando sempre più grave e contagioso. Io voglio raccontare la storia di un mio amico che non sapeva neppure il mio nome.

Il mio amico, quello che si trovava sempre al bar dalle 7 del mattino, non tornava a casa fino a quando non arrivava sera. La sua casa era diventata un bancone vicino alla finestra del nostro bar. Una finestra che rifletteva la corrosione di tutte le vite messe in gioco da destini che non lasciano traccia.

Il mio amico aveva più di 70 anni, ma in effetti non avevano mai saputo dargli un’età. Avrebbe potuto avere tutte le età del ricordo. Sembrava che il tempo insieme a lui avesse un accordo sancito da un viso con la stessa espressione. La stessa tristezza, il rammarico del fallimento.

Lo guardavano, e vedevano rughe che gli appartenevano ancor prima di conoscere la vita. Lui aveva una bicicletta, la patente gli era stata tolta dopo che la polizia l’aveva fermato mentre la macchina non rispondeva più ai suoi comandi. Si stava addormentando, mentre tutto l’alcol che aveva ingerito gli stava facendo vivere i sogni che avrebbe voluto vivere.

Il mio amico non parlava mai del suo passato: forse lo voleva addormentare, lo voleva far sopire come stava facendo finire la sua esistenza. I suoi fantasmi li voleva imprigionare in uno scrigno, e le chiavi le poteva trovare solo nella sua amarezza.

Il mio amico era solo. La moglie lo aveva lasciato, i suoi figli non li vedeva da anni, viveva in un alloggio del Comune con una pensione che gli bastava solo per mangiare cose congelate e vino in scatola. Ultimamente aveva dovuto smettere di inventarsi la sua esistenza. L’alcol l’aveva devastato. Ma non solo quello. Lo aveva devastato la solitudine, il fallimento, il rancore, l’inutilità del suo essere. Lo aveva devastato la vecchiaia vissuta in una piccola gabbia dove dei conoscenti gli avevano messo un televisore che trasmetteva immagini e che lui guardava senza capirne il senso.

Il mio amico era alcolizzato come tanti in queste città levigate dalla nebbia e dal freddo acuto e che quando arriva il caldo ti toglie il respiro. Mi aveva detto che il medico dopo avergli fatto esami e la TAC, gli aveva emesso la condanna a morte.

E lui ha smesso di bere. Non sapeva lui neanche perché. Forse per non morire dal dolore, forse per rassegnarsi a sentire fino in fondo il suo dispiacere, forse perché pensava che se lo meritasse, forse perché lo avevano abbandonato come i cani randagi.  

Forse perché la disperazione gli modellava il suo vestito sempre sporco e puzzolente. Io gli parlavo sempre, ma lui da quando non beveva sembrava assente. Lo ritrovavo ogni giorno al bar. Con uomini che alle 8 di mattina già sorseggiavano il primo bicchiere di vino rosso, ma lo prendevano in giro. Era diventato oggetto di scherno proprio da chi si stava incamminando nel suo stesso sentiero.

Gli dicevano: “Eccolo qui il beone”, “Eccolo qui quello che ha più vino in corpo che ossigeno”. Lui non diceva nulla, era abituato a non essere più un uomo, era abituato a non avere più dignità, era abituato a appendersi nel ricordo del suo viso incorniciato da capelli bruni. 

Ma lui preferiva al silenzio della sua casa, la visibilità di un uomo perdente anche se doveva subire derisioni e sberleffi. Mi hanno detto che non beve più, ma ogni giorno lo continua a consumare in un bar con le tavole di legno e bicchieri che trasudano il vuoto. La sua casa è quel caffè dove lo offendono, dove nessuno ha stima di lui. La stanza della sua vita. Dove nessuno lo accoglie ma lo umiliano, dove nessuno gli rivolge una parola, dove nessuno si accorge che è vivo. Nessuno.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

https://www.huffingtonpost.it/entry/quando-lalcol-diventa-la-tua-casa_it_5db00ea7e4b0f34e3a7eda24

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)