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Ragusa: la "droga" del gioco d´azzardo dilaga nella provincia iblea

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La patologia della scommessa a tutti i costi attecchisce soprattutto tra i meno abbienti, ma anche tra le persone più fragili sul piano psicologico. La conferma arriva da alcune analisi sociologiche
Ogni occasione è buona per scommettere. I dati di chi gioca d'azzardo, di chi s'indebita per il gioco e di chi finisce in cura per colpa di «momenti ludici» pericolosi sono preoccupanti. Le feste sono, non solo occasioni per stare insieme, ma anche per tentare la fortuna. Un diversivo che non sempre ha i suoi effetti benevoli. La diffusione così capillare delle occasioni di gioco sta scardinando la precaria condizione psicologica di molti individui che vivono un periodo di particolare crisi economica. Non c'è tabaccaio,rivendita di giornali dove non si trova un giocatore pronto a «grattare». Al di là delle previsioni per questo 2010, che lasciano intravedere una lenta ripresa economica, l'allarme che lancia il responsabile del Sert di Vittoria ha i toni del dramma e della disperazione. Il gioco senza limiti attecchisce soprattutto tra i meno abbienti, ma anche tra le persone più fragili sul piano psicologico. La conferma arriva da alcune analisi sociologiche.«Il gioco d'azzardo patologico - denuncia Giuseppe Mustile, responsabile del Sert di Vittoria - è una delle dipendenze più gravi che si conoscano, in quanto, proprio perché non esiste il danno biologico legato alla azione neurotossica della sostanza, è ancora più difficile da contrastare per l'interessato che resta prigioniero della propria precarietà e disperazione fino a compiere gesti estremi. A quanto denunciano gli esperti, è molto sottile la differenza tra gioco normale e quello patologico. Il gioco, oramai, è incentivato da moltissimi siti on line, da moltissime campagne pubblicitarie che confezionano una vita migliore dopo aver azzeccato la combinazione perfetta al gratta e vinci o, dopo aver indovinato la squadra di calcio vincente. La pericolosità del gioco d'azzardo - prosegue Mustile - sta nella possibilità di accesso di tutti i soggetti, anche dei minori, che bazzicano nei siti internet, dove il poker è aperto a tutti. I giovanissimi, soprattutto, vedono nel gioco una via alternativa ed una scorciatoia per arrivare all'eldorado, al denaro facile senza fatica e senza merito. E il pericolo sta proprio lì, negli individui più vulnerabili, che iniziano a indebitarsi per giocare, perché non riescono a frenare la loro voglia di scommettere e a sperare nella dea bendata, che prima o poi, dovrà essere clemente con tutti. E allora le conseguenze si fanno gravissime. Le ripercussioni si hanno sul nucleo familiare, sociale, lavorativo. Il giocatore d´azzardo prima o poi viene preso dalla morsa dei debiti e si mette alla continua ricerca di soldi, che sottrae alla famiglia, chiede prestiti a parenti e amici, emette assegni a vuoto, ruba, diventa un bugiardo patologico. E tutto quello che riesce ad accumulare non viene usato per pagare il conto in rosso, ma viene investito nuovamente nel gioco» Una vera e propria piaga sociale. Ma i rimedi sono lenti da individuare. «Siamo davanti ad una patologia a tutti gli effetti - aggiunge Mustile - che richiederebbe una prevenzione sociale, ma anche personale. Innanzitutto sarebbe opportuno moderare l'accesso al gioco d'azzardo come il poker, vietare ai minori di accedere al gioco on line, allinearsi, quindi, agli standard europei che suggeriscono iniziative tese a favorire una positiva cultura del gioco che valga a promuovere adeguate forme di attività ludica e a prevenirne l'abuso.
Inoltre, l'informazione gioca un ruolo fondamentale. Le persone devono sapere a cosa vanno incontro, quali sono i rischi che corrono e come riconoscere i segnali d'allarme per identificare la patologia. In ultima analisi, è necessario far capire che il gioco d'azzardo non è una dipendenza minore rispetto all' uso di sostanze stupefacenti. non è un hobby, non è un vezzo, ma è una patologia grave, che va curata attraverso un trattamento psicoterapeutico o attraverso l´adesione ad alcuni gruppi, che in questi casi, come in quello degli alcolisti, produce importanti e duraturi risultati. Prima si accetta la «malattia» - conclude Mustile - e prima si riuscirà ad uscire dal tunnel».