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Testino: «Le insidie dell'alcol non vanno sottovalutate»

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Ben vengano i controlli sull'uso e abuso di alcol, in porto come su altri luoghi di lavoro. In attesa che cresca tra gli italiani una cultura più responsabile. Piace a Gianni Testino, responsabile del reparto alcologia e patologie correlate dell'Ospedale San Martino di Genova e presidente ligure della società italiana di alcologia, la proposta di Luigi Merlo per controlli a campione sui portuali mirati a limitare e cancellare l'uso di alcol e droghe («ma quest'ultimo non è un tema di mia competenza», specifica Testino).
L'uso e l'abuso di alcol quanto pesa sugli incidenti sul lavoro nei porti italiani?
«Difficile dare dati specifici su questo settore. Ma i medici stimano che circa il 40% degli incidenti sul lavoro, in generale, abbia a che fare con l'alcol. Attenzione però, non dobbiamo criminalizzare i lavoratori. Stiamo parlando di semplice uso, e non abuso dell'alcol. Bisognerebbe fare più informazione per spiegare che un semplice bicchiere crea problemi, tanto più in un ambiente lavorativo naturalmente pericoloso come è sicuramente il porto. Poi, certo, c'è anche l'alcolismo, un fenomeno che c'è in tutti gli ambienti lavorativi ma che è difficile stimare. Ma, tanto per fare un esempio, si stima che circa il 15% dei medici abbia un rapporto problematico con l'alcol. Per esperienza, posso dire che a Genova negli ultimi cinque anni abbiamo avuto una grandissima crescita delle cirrosi epatiche dovute all'abuso di alcol e che questo fenomeno tocca, purtroppo, anche i nostri giovani». Quali livelli alcolemici sono accettabili quando si lavora?
«Bassissimi. Per la legge, quando si guida, bisogna stare sotto lo 0,5%. Ma al lavoro su luoghi pericolosi, già un tasso dello 0,2% è un problema. Di notte, riduce la visibilità del 25%, quando si guida limita la "profondità di campo" in maniera notevole e questo è un problema se si è su un muletto o su una gru». A quanto equivale un tasso alcolemico dello 0,2%? «Io sono alto un metro e ottanta per 84 chili. Con un bicchiere di vino, o una lattina di birra, siamo già oltre».
La pratica dei controlli a campione sui lavoratori che Merlo vorrebbe per i portuali è già praticata in altri settori?
«Non che io sappia. È vista come una pratica limitativa della libertà delle persone, ma non è così. Chi beve sul lavoro danneggia se stesso ma anche le altre persone, è una questione di etica e rispetto. I controlli sono un deterrente, in attesa che cresca una cultura responsabile sull'uso dell'alcol. È questo il vero obiettivo da perseguire con campagne di informazione mirate, perché molti non conoscono gli effetti di un bicchiere di troppo, che d'altronde è una cosa difficile da misurare su di sé».
Secondo lei in porto dovrebbe essere vietata la vendita di bevande alcoliche?
«Sì. Ripeto: da una parte c'è il tema alcol e salute, ognuno fa quello che vuole e certo un bicchiere ogni tanto non è un problema. Dall'altra parte c'è la questione dell'alcol sui luoghi di lavoro. È un comportamento eticamente non corretto che va cancellato perché può danneggiare anche gli altri, qui la libertà personale non c'entra. L'alcol è una questione di cultura e questa cultura in Italia va modificata spiegando che un solo bicchiere può ridurre i riflessi e le performance mentre si svolgono attività pericolose».
Samuele Cafasso