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Dipendenze Svizzera: bullismo e presdisposizione alle dipendenze

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Bullismo per un allievo su dieci

Ne parliamo con l'esperta Ada Fonzi e col magistrato dei minorenni in Ticino
Dicono che in ogni sede scolastica ci sia almeno un teppistello che tiranneggia qualche compagno. Un allarme sovrastimato? Sarà. Anche se un’indagine recente fra i giovani dagli 11 ai 15 anni promossa da «Dipendenze Svizzera», l’ex istituto elvetico per la prevenzione dell’alcolismo e di altre tossicomanie, dimostra che in Ticino i ragazzi che sostengono di avere subito vessazioni a scuola almeno 2 o 3 volte al mese nel 2010 si aggirano attorno al 10% del totale, e non son pochi. I media internazionali, anche solo quelli della vicina Penisola, continuano a raccontarci storie desolanti di adolescenti che arrivano a suicidarsi perché tormentati, fisicamente o virtualmente (con atti di «cyberbullismo»), da coetanei crudeli. Il problema indubitabilmente esiste pure in Ticino, anche se da noi fino ad oggi non sembra avere assunto i connotati tragici appena descritti. Ma anche nelle sue espressioni «normali» inquieta, e giustamente, numerose famiglie. Ce lo facciamo raccontare da due autrici d’eccezione,   Ada (A) e Carlotta (C) Fonzi, madre e figlia, la prima psicologa e probabilmente massima studiosa del fenomeno in Italia, la seconda esperta di cinema. Insieme hanno firmato il libro «Abbasso i bulli» (scritto con la W rovesciata) e sottotitolato «come guarire prepotenti e vittime», da poco pubblicato da Ponte alle Grazie.
Nel vostro libro parlate di un «ritratto cubista del prepotente». Cosa significa?

A – «Un cubo ha molti lati. Il prepotente è sfaccettato, può essere un figlio di un prepotente, oppure uno con un’energia particolarmente spiccata che però non riesce a incanalare, può essere un ragazzino che a sua volta ha subito delle prepotenze. Molte volte le vittime hanno subito delle prepotenze». 

Come riconoscere se un ragazzo è vessato?

A – «Se un ragazzino alla mattina comincia col non avere voglia di alzarsi dal letto, a non voler fare colazione, ad accusare mal di pancia eccetera, o è veramente malato oppure denuncia un suo disagio. A scuola poi un insegnante sensibile è in grado di captare il disagio: l’allievo che non interviene mai, non alza mai la mano, anche se poi fa bene nei compiti scritti. E l’insegnante allora si dice: non ha dei ritardi mentali. Vuol dire che ha delle difficoltà di integrazione nella classe. In una stessa scuola ci sono classi in cui il fenomeno si manifesta e altre in cui non c’è. Vuol dire che in certe classi non si è creata un’atmosfera sanamente democratica. Spesso anche i famigliari non sono in grado di farlo: fanno calare dall’alto delle proibizioni, ma non creano delle regole condivise. La condivisione è fondamentale, anche fra i bambini piccoli. Una volta che le regole sono fissate, sono gli stessi ragazzi che si arrabbiano se vengono trasgredite, perché sono regole fatte insieme agli adulti».

Anche il Magistrato dei minorenni in Ticino, Reto Medici, ci ha raccontato la realtà del bullismo nel Cantone: "Il bullismo si distingue per tre caratteristiche: la prima è che l’autore o l’autrice del bullismo sa di essere più forte della vittima; la seconda è che l’atto viene ripetuto più volte nel tempo e la terza è che il bullo ha sempre bisogno di un pubblico. Non bisogna insomma confondere una qualsiasi litigata tra ragazzi con il bullismo. Se due ragazzi di pari forza arrivano a misurarsi fisicamente questo può essere un episodio che capita normalmentea molti che vogliono capire chi sono».

Cosa spiegate ai ragazzi?
«Spieghiamo che il bullismo non va mai sottovalutato nelle sue conseguenze immediate e a lungo termine per le vittime. E raccontiamo che si può fare sempre un lavoro di prevenzione».

Come?
«Gli episodi di bullismo avvengono sempre in presenza di altri ragazzi, davanti a un pubblico. Il luogo dove avvengono di più sono il percorso casa-scuola, o il piazzale scolastico. O, nei casi di cyberbullismo, sui social network, luoghi virtuali dove tutti possono vedere le frasi offensive che il bullo o la bulla esprimono nei confronti della vittima. È quindi il pubblico che può giocare un ruolo fondamentale nel prevenire o far cessare atti di bullismo. Invece di essere indifferenti o di tenere la parte al bullo, basta che il pubblico si schieri dalla parte delle vittime».

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)