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Vicenza: inchiesta sui giovani, tra alcol e bullismo

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Giovani in bilico fra alcol e bullismo
L'INCHIESTA. In aumento i casi di violenza e abbandono scolastico ma soprattutto il disagio nei rapporti con i genitori incapaci di educare i

figli. Sono 300 i ragazzi sotto tutela dei servizi sociali del Comune e circa 100 quelli seguiti dalla Questura. Crescono i casi di adozioni fallite.
Era successo qualche mese fa: una violenza di gruppo particolarmente brutale, l'interrogatorio dei minorenni responsabili, uno di loro che

ammette tutto poi si alza e al poliziotto allibito dice «ora posso andare a casa, no?». Il problema è che i giovani oggi non sono più cattivi

o più indifferenti delle generazioni precedenti. Se le famiglie sono più in crisi, i genitori meno preparati, il lavoro non si trova e la tv

ti martella che se non sei ricco, bello e famoso non sei nessuno, loro non ne hanno colpa. È il mondo intorno a loro che è cambiato. Così

anche a Vicenza chi ha a che fare con i ragazzi, dalla scuola al sociale fino agli uffici minori della questura, si è accorto della

differenza: ci sono più giovani che si ubriacano fino a finire in ospedale, sono più violenti a scuola o nemmeno la frequentano oppure hanno

la rissa più facile. Perché se è vero che bulli e vandali ci sono sempre stati, adesso è il disagio ad essere maggiore. E le famiglie sono

meno preparate. Il disagio non si misura con i numeri. Ma qualcuno può servire: i servizi sociali del Comune hanno 300 adolescenti sotto

tutela e protezione, la questura in un anno solo per i casi chiamiamoli più leggeri (problemi in famiglia, fughe) ha dovuto aprire quasi 100

fascicoli. Con 25 ragazzi scappati dalle comunità. Roberto Manfrè, responsabile della onlus di Arcugnano Firenze 21 che si occupa di disagio

minorile, conferma: «Una percentuale di violenza giovanile c'è sempre stata. Ma qualcosa di diverso oggi c'è: sono aumentati i nostri

interventi legati al disagio nelle scuole e sulle adozioni che finiscono male. Che sono sempre di più». È così anche per Stefano Panella è

coordinatore delle 12 cooperative sociali del Vicentino dell'area minori: «Ci sono più difficoltà relazionali tra i giovani, più ricorso

all'alcol, meno rispetto delle regole, un clima più trasgressivo. E tanti stimoli che una volta non c'erano. Le scuole ci segnalano la

difficoltà di gestione di questi casi. Il problema è che i ragazzi sono in fondo gli stessi, sono i genitori che sono cambiati. Tanto che

facciamo corsi per insegnare a loro, come si fa il padre e la madre». Rispetto al passato poi c'è un'aggravante: «Io mi occupo di

orientamento scuola-lavoro - spiega Panella -. Ma oggi che futuro hanno questi ragazzi? Come si rappresentano il loro destino se non c'è

lavoro? Dopo un po' non gli interessa più niente. Insomma più che il bullismo, il problema è la mancanza di futuro». E se non credi più a

niente (e la famiglia è come un fantasma) cadere è più facile. Anche la polizia, attraverso la squadra mobile del commissario Marchese e

l'ufficio minori diretto da Alessandro Campagnolo con l'ispettore capo Annamaria Traversi, si confronta con il problema-disagio giovanile. Di

buono c'è che il fenomeno delle baby gang qui non esiste. Ma si interviene più spesso per violenze a scuola e abuso di alcol: perché una

"balla" da giovani è una cosa, altro è finire ricoverati più volte in coma etilico a 15 anni. E succede anche nelle famiglie normali. Come in

aumento è il caso del genitore che scappa con il figlio. E chi paga le conseguenze? La parte più debole: il minore. Il sociologo vicentino

Ilvo Diamanti li definisce «giovani senza luogo e senza età». Perché i genitori li tengono come perenni adolescenti e non li fanno crescere.

Sono oltre 2 milioni e 200 mila in Italia i cosiddetti "ne-ne", nè lavoro nè studio. Una generazione che non esiste. E che a volte, per far

vedere che invece esiste, fa la cosa sbagliata.
Alessandro Mognon


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)