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Identikit del fumatore e tentativi di riduzione del danno

Identikit del fumatore e tentativi di riduzione del danno

Smettere di fumare grazie (anche) a un test sul sangue

Abbandonare la sigaretta non è facile: ecco perché si cercano nuove soluzioni che aiutino nella disassuefazione. E intanto si fa strada l’idea della «riduzione del danno» con le sigarette senza fumo

Sarà più facile smettere di fumare grazie a un semplice prelievo di sangue? Probabilmente sì. È quanto promette uno studio realizzato da ricercatori dell’Istituto Tumori di Milano e pubblicato sulla rivista Scientific Report.
I geni del fumo

I ricercatori hanno evidenziato che persone con particolari modificazioni di un gene, chiamato CHRNA5, non solo hanno più facilità a diventare dipendenti dalla nicotina, ma hanno anche una maggiore difficoltà a smettere di fumare, nonostante le terapie farmacologiche e psicologiche. E queste alterazioni genetiche si possono scoprire analizzando alcune cellule del sangue. «Già si sapeva che la dipendenza dal fumo è scritta nel Dna - commenta Roberto Boffi, uno degli autori dello studio e responsabile della Pneumologia e del Centro antifumo dell’Istituto Tumori di Milano –. Noi abbiamo studiato 337 persone in cui il gene CHRNA5 era molto espresso, mediamente espresso o poco espresso (“espressione” significa la sua capacità di funzionare, ndr). Parliamo di un gene che ha a che fare con la produzione dei recettori della nicotina sulle cellule cerebrali. E si sa che è la nicotina a creare dipendenza». Le alterazioni di questo gene possono essere individuate in laboratorio grazie a un test sul sangue. 

 

L’identikit del fumatore

«Questo test – continua Boffi – può essere utile per costruire un identikit più preciso del fumatore e per personalizzare le terapie». Già oggi esiste una “diagnostica” del fumatore che vuole smettere e che valuta il “grado” di dipendenza: si basa su questionari che valutano il numero di sigarette fumate al giorno, ma anche, per esempio, quando viene fumata la prima sigaretta della giornata, e su test che misurano la presenza di monossido di carbonio nel sangue, un indice “reale” del numero di sigarette fumate e di quanto il fumo viene aspirato (è un dato oggettivo: il fumatore non può mentire, a differenza di quanto potrebbe fare nel questionario!). E in base a queste valutazione si decide il percorso antifumo». 

 

Le potenzialità

Che cosa aggiungerebbe il nuovo test genetico? «Permetterebbe una terapia ancora più mirata – continua Boffi-. Per esempio potrebbe suggerire un dosaggio aumentato dei farmaci, un loro impiego più lungo, un utilizzo di più sistemi anti-fumo, un supporto della terapia comportamentale più stretto. Il percorso antifumo dura almeno un anno e si basa su un’alleanza fra il medico e chi vuole smettere. Nella nostra ricerca abbiamo anche chiesto ai fumatori un’opinione sul test genetico e la risposta è stata positiva: pensano che li possa aiutare. Il fumatore che decide di smettere vuole essere informato». I risultati dello studio hanno anche confermato che smettere di fumare e soprattutto non riprendere non è facile. Infatti, benché poco dopo l’inizio della terapia anti-fumo oltre il 70 per cento delle persone riesce ad astenersi dalla sigaretta, a un anno dall’inizio del trattamento molti sono ricaduti nella loro dipendenza e solo il 47 per cento delle persone ha smesso definitivamente. 

 

 

La riduzione del danno

Se è vero che il test può forse ridurre il numero dei “recidivi”, oggi si sta facendo strada anche l’idea della “riduzione del danno”, quella che gli anglosassoni chiamano “harm reduction”. Sigarette elettroniche a parte (con più o meno nicotina), oggi si parla molto di “fumo freddo” o di sigarette senza fumo, le iQos: in altre parole sigarette che non prevedono la combustione, ma che comunque sono fatte di tabacco che viene riscaldato e, quindi, contengono nicotina. «È un qualcosa che si può accettare. – commenta Boffi –. Alcuni Paesi, nell’ottica di una sanità pubblica, si comportano in maniera differente. La Svezia, per esempio, ha consentito l’uso del tabacco da masticare come alternativa alle sigarette, ndr), gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno, invece, deciso di investire di più sulla prevenzione, scoraggiando il più possibile l’uso del tabacco. Quella della riduzione del danno è, da noi, una scelta individuale». 



(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/17_dicembre_09/smettere-fumare-grazie-anche-un-test-sangue-b423ad58-dcfc-11e7-860f-3a3cb2d35c6e.shtml

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)