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Sanità, Veronesi: Alcol, tabacco e stili di vita, l'educazione vale più dei divieti

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Sanità, Veronesi: «Alcol, tabacco e stili di vita: l'educazione vale più dei divieti»

Al professor Umberto Veronesi i divieti non piacciono e non sono mai piaciuti. E’ stato ministro della Sanità ma, soprattutto,è uno degli oncologi più famosi del mondo, grande fautore delle battaglie sulla prevenzione, specie se orientate a combattere contro il fumo e le cattive abitudini alimentari: «E tuttavia continuo ad essere favorevole alla educazione dei cittadini in fatto di salute piuttosto che alla repressione».

Professor Veronesi, il Governo pare intenzionato ad approvare una nuova stretta contro il fumo: multe più salate a chi vende sigarette ai minorenni. E’ una misura che può bastare?
«Alla lotta contro il fumo va data massima priorità. Però sono contrario a ogni forma di proibizionismo».

Per quale ragione?
«Ha dimostrato di non essere uno strumento efficace. Gli americani ci hanno provato negli anni ’20 contro l’alcool e poi hanno dovuto fare marcia indietro. Purtroppo ogni forma di proibizionismo adottata non ha fatto che dar vita un mercato nero, che va ad alimentare la criminalità, senza ottenere alcuna riduzione del consumo della sostanza proibita».

Lei, tuttavia, è fra coloro che si sono battuti più accanitamente contro il fumo.
«Io sono a favore dell’approccio educativo-informativo. Anche l’attuale legge italiana che vieta il fumo nei luoghi pubblici, che ho scritto nel 2000 quando ero ministro della Sanità, si basa sul rispetto del diritto degli altri a non respirare il fumo passivo, e non sul principio di divieto in sé. Infatti ha ridotto il consumo di sigarette ed è risultata gradita anche ai fumatori perché di fatto esercita anche su di loro un autocontrollo».

Quindi le norme esistenti possono bastare?
«Non c’è dubbio che la lotta al fumo vada ancora molto potenziata: penso ad una ampia campagna pubblicitaria nazionale su tutti i media, accompagnata da un’azione educativa capillare nelle scuole. Conosciamo bene il potere della pubblicità nell’orientare i comportamenti collettivi, perché allora non utilizzare questo potere contro la sigaretta?».

Nello stesso decreto il governo pare intenzionato a proporre una tassa ulteriore per le bevande gassate, e comunque contenenti zucchero aggiunto, compresi i superalcolici. Cosa ne pensa?
«Le bevande gassate, come l’acqua minerale, non sono dannose. Su quelle zuccherate sono incerto. Da un lato mi rendo conto che la misura potrebbe ridurre il problema dell’obesità. Ma dall’altra sono cosciente che si tratta di una forma sottilmente coercitiva, che non è parte della mia cultura. Come ho spiegato, sono a favore dell’approccio educativo».

Quando si usa la parola prevenzione significa che lo Stato deve farsi carico, anche attraverso misure restrittive, di controllare gli stili di vita dei cittadini?
«Sono convinto che la salute sia un diritto e non un dovere. Credo che lo Stato debba svolgere al massimo la sua funzione di educazione alla salute, informazione e prevenzione. C’è molto che lo Stato può fare nella prevenzione: contro le sostanze inquinanti, contro l’alimentazione scorretta e la sovralimentaizone. E contro il fumo di sigaretta. Ma, lo ripeto, lo strumento adatto a quest’opera preventiva non è la proibizione. Il cittadino va prima di tutto reso consapevole dei suoi comportamenti e delle sue scelte di salute, per poter esercitare il suo diritto di autodeterminazione».

La spesa sanitaria è tornata a essere un argomento di grande dibattito politico. Si continua a parlare di tagli, di riduzione delle strutture assistenziali, di razionalizzazione. Non si è già al limite minimo?
«Vorrei sottolineare che la nostra spesa sanitaria è allineata a quella degli altri Paesi europei. Che invece vada ristrutturato integralmente il sistema ospedaliero, è evidente per chiunque».

Un altro argomento di polemica è quello legato alle prestazioni intramoenia. L’intenzione di molti, per ora non presente nel pacchetto del governo, è quella di riportarle tutte all’interno delle mura ospedaliere, senza deroghe. Condivide?
«Non solo condivido, ma è una delle mie battaglie storiche. La sostengo da quando sono stato ministro della Sanità. Penso che il medico debba lavorare a tempo pieno nell’ospedale. Poiché tuttavia fra i diritti del paziente c’è anche quello di scegliere di farsi visitare privatamente da un determinato medico, è corretto prevedere una attività professionale privata, purché si svolga all’interno della stessa struttura ospedaliera».

Tornando al decreto del governo. E’ previsto un intervento sulle nomine delle Asl che dovrebbero avvenire attraverso criteri più trasparenti. Può bastare per diminuire il livello di controllo della politica sul funzionamento della Sanità?
«E’ un passo avanti, sicuramente. Ma bisogna fare di più per sottrarre interamente le nomine all’influenza del potere politico».

Infine una domanda sulla vicenda di Taranto: sembra si sia costretti a scegliere fra lavoro e occupazione da una parte, e salute pubblica dall’altra. Lei da che parte si schiererebbe?
«In linea di principio sceglierei la salute pubblica. Tuttavia nel caso dell’Ilva occorre approfondire molto bene la situazione e ottenere dati sicuri ed esaustivi prima di adottare misure forti che lascerebbero senza lavoro migliaia di persone».

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)