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News di Alcologia

Sono 80mila le famiglie che ogni anno perdono una persona cara per gli effetti del fumo

Sono 80mila le famiglie che ogni anno perdono una persona cara per gli effetti del fumo

Ho perso mia madre per la sua "dipendenza" da sigarette

Sono 80mila le famiglie che ogni anno perdono una persona cara per gli effetti del fumo

Quelle tra donne e fumo sono ‘relazioni pericolose’ e la sigaretta è quella che si è portata via troppo presto una mamma che non voleva nemmeno pensare di smettere. Quella sigaretta, in bocca o tra le mani, era diventata col tempo stampella e identità.

Una dipendenza talmente consolidata che anche il solo pensiero di smettere le era inconcepibile. Avrebbe voluto farmi contenta e avrebbe potuto salvarsi la vita ed evitare quella malattia così banale e scontata nei fumatori che l’ha portata via in una manciata di mesi.

Storia comune la mia, perché sono 80mila le famiglie che ogni anno perdono una persona cara per gli effetti del fumo. Cancro, cuore, ictus e molto altro. Morti evitabili, precoci. Ricordo che pochissimi mesi prima le parlai della sigaretta elettronica e le dissi: “ma proveresti a usarla?” e lei disse di sì, sia pure con tanti dubbi, ma non voleva darmi un dispiacere più che darsi una possibilità. “Però la devi comprare tu, non te la regalo, perché almeno con quel gesto ti prendi un impegno, se te la compro io poi la metti in un cassetto”. Volevo responsabilizzarla almeno un po’ almeno nella contemplazione di un tentativo se non di cessazione, almeno di riduzione dei danni. Quello che non potevo sapere è che per lei era già troppo tardi. 

Ma c’era molto altro che non sapevo e che ho studiato e appreso negli anni successivi quando come impegno personale, la mia crociata antifumo, ho scritto tre libri: sui rischi per la salute, la sigaretta elettronica e infine le storie dei fumatori messe al centro proprio nel tentativo di capire come aiutarne almeno uno. 

Purtroppo gli studi hanno scoperto che quello femminile è il sesso che ha i ratei di cessazione più bassi e maggiori difficoltà a mantenere l’astinenza a lungo termine. Le motivazioni biologiche sono diverse: un metabolismo più veloce della nicotina che induce a consumarne di più, una maggiore influenza sociale, minore fiducia nelle proprie capacità di smettere, il timore di aumentare di peso se non proprio l’uso del fumo come anoressante per controllare l’appetito.

Un recentissimo studio apparso su Journal of Smoking Cessation (Vol.6, 1; 9 - 16) ha ricordato che le donne raggiungono tassi di astinenza inferiori dopo un tentativo di smettere con la terapia sostitutiva della nicotina anche a causa di varianti genetiche che influenzano il metabolismo del farmaco nel loro organismo. 

Peggiora le cose il quadro ormonale, con una più alta incidenza di ricadute se il tentativo di smettere viene fatto nella fase follicolare, in cui calano gli androgeni. Inoltre molte dipendenze sono il risultato di un risultato di autocura di disturbi psichici come ansia e depressione. Disturbi con incidenza maggiore proprio nelle donne. 

Dovrebbe quindi esistere una visione “di genere” anche nel trattamento del tabagismo e una valutazione seria dell’aiuto che potrebbe venire dalle strategie di riduzione del rischio, da anni efficacemente usate in altre dipendenze come eroina, alcol e perché no, benzodiazepine. 

Ormai sappiamo che i percorsi di cessazione non possono sottendere una minaccia del tipo ‘quit or die’ ossia obbedisci oppure sarai abbandonato a te stesso in quanto responsabile del tuo destino. 

Una persona come mia madre che fumava 40 sigarette al giorno da 50 anni non può basarsi sulla tanto decantata forza di volontà. E ricordiamo che ci sono persone che smettono da sole, certo ma che proprio questo gruppo è quello che ha un tasso di ricaduta più alto. Chi smette da solo ha un rateo di successo dell1-3% a 12 mesi il che significa che entro un anno comincia di nuovo. 

È come se chiedessimo a un diabetico di normalizzare la glicemia con la sola forza di volontà. 

I percorsi di cessazione devono essere quindi contemplati, recepiti, accettati, fare parte di un patto terapeutico. Il fumatore di lunga data è il più refrattario e difficile. Ma non significa che debba essere abbandonato a se stesso.

Per questo ho trovato sorprendente che mentre il Ministero della Salute britannico abbia già da qualche anno affermato che la sigaretta elettronica abbatte il rischio fumo-correlato del 90%, il recentissimo Cancer Plan dell’Unione Europea dimentica di prendere in considerazione questo dispositivo che erogano si nicotina ma non le 4mila sostanze tossiche e le 70 cancerogene derivate dalla combustione del tabacco come alternativa se non ‘sana’ almeno ‘più sicura’ che per molti può fare la differenza tra la vita e la morte.

La sigaretta elettronica serve a smettere di fumare? Non deve essere questo il suo ruolo. Ci sono già protocolli evidence based validi come i farmaci, ma in una revisione ormai famosa di Kennet Warner l’autore rileva che la cessazione completa è più alta tra gli utilizzatori di eCig, probabilmente anche grazie alla possibilità di scalare gradualmente il livello di nicotina, così come avviene con le già diffuse terapie ‘sostitutive’ a base di cerotti, gomme da masticare o spray nasali. 



(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

https://www.huffingtonpost.it/entry/ho-perso-mia-madre-per-la-sua-dipendenza-da-sigarette_it_603cc6a2c5b682971501b74e?utm_hp_ref=it-salute

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)