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PNAS: le dipendenze potrebbero essere collegate anche a un virus

PNAS: le dipendenze potrebbero essere collegate anche a un virus

Dipendenze, potrebbero essere collegate anche a un virus

Uno studio su Pnas fornisce un'ipotesi sul perché alcune persone tendono a cadere nell'abuso di sostanze: potrebbe giocare un ruolo anche un residuo di un antichissimo retrovirus presente nel genoma di questi individui

di VIOLA RITA
SE SOLLECITATE negativamente, alcune persone sono maggiormente suscettibili di altre a cadere in alcune dipendenze, in particolare nell'uso di sostanze, un disturbo mentale classificato nel DSM5. Questa tendenza potrebbe trovare una base anche in alcuni virus presenti nel genoma umano: alcuni rari residui di antichi retrovirus, inglobati nel genoma centinaia di migliaia di anni fa, potrebbero, attraverso complessi meccanismi biochimici, contribuire a spiegare perché alcune persone più di altre assumono comportamenti dipendenti. A mostrare questo risultato è un gruppo della University of Oxford, che rivela che nel Dna di soggetti più sensibili e predisposti all'abuso di sostanze questo virus è statisticamente maggiormente presente. I risultati sono pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences.

• LO STUDIO 
Nei millenni, il genoma umano ha raccolto e inglobato diversi retrovirus endogeni HERV, elementi virali che probabilmente sono residui o derivano da retrovirus: questi elementi, condivisi dalla maggior parte degli individui, sono incastonati nel genoma, dunque fissi, e inattivi da tempo. Tuttavia, uno di questi, il raro retrovirus HK2, è l'unico che cresce e si diffonde ancora oggi, anche se in maniera diversa a seconda delle persone. I ricercatori di Oxford hanno identificato questo “invasore”, dimostrando che è più abbondante negli individui che fanno uso di sostanze.

Per arrivare a questo risultato, gli autori hanno analizzato i campioni dei virus dell' epatite C e dell'Hiv in pazienti che fanno uso di droghe e che hanno contratto queste infezioni per via endovenosa, iniettandosele. L'obiettivo era quello di esaminare la concentrazione del virus HK2 in questi soggetti, confrontandola con quella di un gruppo di controllo, non dipendente da sostanze. In base ai risultati, nel campione di individui tossicodipendenti la presenza del retrovirus HK2 è risultata circa 3 volte più frequente (2,5 volte nel gruppo con Hiv e 3,6 volte in quello con epatite C, per la precisone) rispetto al gruppo che non assumeva droghe.


• DAL VIRUS ALLA DOPAMINA
Gli scienziati ritengono che questi frammenti del virus HK2 possano modificare la trascrizione dei geni vicini (il passaggio delle informazioni genetiche dal Dna all'Rna, l'inizio del percorso che porta dal gene alla proteina). Partendo da questa considerazione, gli autori hanno osservato che questo antico virus è posizionato, nel genoma, vicinissimo ad un gene che regola l'attività della dopamina nel cervello. La dopamina, a sua volta, è una sostanza che trasmette le informazioni fra i neuroni, collegata ai percorsi cerebrali della ricompensa e della gratificazione: questa molecola è associata, in base ad evidenze precedenti, alla predisposizione a comportamenti dipendenti. Una volta messe insieme queste informazioni, i ricercatori hanno mostrato che, data la sua posizione, il virus potrebbe in qualche modo influenzare il gene che regola la dopamina, dunque influenzare la tendenza all'abuso di sostanze.

“La maggior parte delle persone ritiene che questi antichi virus siano innocui. In alcune occasioni è stata dimostrata la sovraespressione di HK2 nel cancro, ma è risultato difficile distinguere la causa dall'effetto”, sottolinea Gkikas Magiorkinis dell'Università di Atene, che ha guidato lo studio. “Si tratta della prima volta in cui riusciamo a distinguere la causa dall'effetto nella patogenicità dei retrovirus endogeni HERV”.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2018/10/02/news/la_tendenza_a_cadere_nella_dipendenza_dalle_droghe_potrebbe_dipendere_anche_da_un_virus-207841162/

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)