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Eroina, alcol e cocaina: due storie dall'abisso...

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Eroina, alcol e cocaina Due storie dall’abisso


Impossibile capire quando è successo. Impossibile capire quando hanno deciso - perché lo hanno deciso loro - di diventare tossici. Di sicuro non è stato un gioco, e di sicuro non è stato bello. Si sono distrutti, tutti e due, con l’eroina, l’alcol, la cocaina, le canne, le amfetamine e tante altre prelibatezze sintetiche. Sono anche finiti all’ospedale per problemi vari, segno che le loro abitudini li avrebbero usurati, e forse uccisi, molto in fretta.

Adesso sono in trattamento e hanno trovato il coraggio di parlare. Nè l’uno nè l’altro sanno se ce la faranno o no, lo dicono chiaro e tondo. Sanno che arriveranno momenti duri, che la voglia di farsi - in un modo o nell’altro - ritornerà. Questi due ragazzi, che hanno accettato di raccontare la loro storia alla Gazzetta di Mantova nell’ambito dell’inchiesta sulla droga ed i nuovi tossicodipendenti, stanno prendendo uno il Metadone per contrastare l’eroina e l’altro l’Etiltox contro l’alcol (al Serd e al Noa).

La prima puntata dell’inchiesta, pubblicata sulla Gazzetta di Mantova di ieri, ha messo in risalto due dati essenziali. Il primo è l’aumento del 16% in un anno delle persone che si sono rivolte al Servizio dipendenze dell’Asl. Con la prospettiva, secondo le stime dell’Osservatorio regionale, che i numeri facciano registrare un’impennata da qui al 2015.

Il secondo elemento è l’identikit del nuovo tossico. Non più un emarginato come negli anni Settanta e Ottanta; non più un dopato da performance anni Novanta. Ma una persona perfettamente mimetizzata, con una dipendenza normalizzata. Normalizzata: si comprano le sostanze online e le si mescola. Non importa quanto devastante possa essere l’effetto: tutto è programmato per rientrare nei ranghi al momento opportuno. Una possibilità, però, che ha soltanto chi non entra nel buio della dipendenza. Come è successo ai due ragazzi che si sono presentati di persona all’incontro. Le loro sono storie da brividi, sono storie dall’abisso. Ma sono storie che hanno - almeno per il momento - imboccato la strada del recupero.

Storia di Luigi, 29 anni.

«Guarda, io ci sono dentro da quando avevo 16 anni - esordisce - Avevo iniziato con la cocaina, ma poi c’era una cosa che volevo davvero. Diventare un tossico. Tanta gente intorno a me lo era, e io lo volevo. Vedevo gente che si faceva e che se ne fregava di tutto. Lo volevo, capito? Non scherzo». In ogni caso non deve essere stato facile arrivare all’eroina, ma Luigi racconta che una delusione d’amore e gli ha dato una bella spinta in avanti.

«Beh, ma adesso che ci penso io volevo diventare un tossico già da un bel po’. Mi ricordo che a undici anni mi sono letto il libro da cui hanno fatto il film “Noi, i Ragazzi dello zoo di Berlino”, e mi ricordo che è stata una roba incredibile. Che emozione. Poi ascoltavo i Nirvana, gli Alice in Chains. Insomma, hai capito. Gente che si faceva alla grande e che faceva delle canzoni che erano stupende.

«Ci ho pensato, ma ci ho messo poco. Mi ricordo che il 19 aprile del 2006 sono andato a Modena vicino alla Coop, ero con una mia amica, e lì ho comprato eroina. Ho speso trenta euro». Paura? «All’inizio neanche un po’. Poi però mi ricordo che è arrivato un tipo tutto sudato, ha comprato una dose e se l’è sparata in vena davanti a me. Ecco, io lì mi sono detto che non me la sarei mai fatta in vena».

Luigi la fumava, l’eroina: scaldava la dose dentro a un foglio di stagnola e aspirava. «Ascolta. Per me fumarla faceva una differenza, certo. Ma vorrei vedere te. Oh, ero un ragazzino e per me i tossici erano quelli che si bucavano. Che schifo».

Sta di fatto che Luigi si sente un tossico anche lui, e subito. «Subito? Dopo due secondi, altro che balle. Mi sentivo dentro alla storia dalla testa ai piedi». Come si gestisce una tossicodipendenza? Luigi racconta senza che spendeva tutto lo stipendio da operaio e che rubacchiava qualcosa alla madre. «Ma sì, ma cosa volevi che facessi? Guadagnavo mille seicento euro al mese e me li sputtanavo tutti in eroina, che continuavo solo a fumare. In più quando non mi bastava, e non mi bastava mai, fregavo qualche centino in casa, a mia madre».

Ad un certo punto Luigi sta male e viene portato all’ospedale. «Mi sono preso uno spavento incredibile e per otto mesi non ho toccato niente. Poi però alla fine ci sono ricaduto, e ho anche iniziato a farmi in vena. «Sai cosa si dice in giro? Che se stai male è meglio comprarti l’eroina in qualche modo e sparartela subito piuttosto che farti rompere le balle al Serd. Così si diceva, e io ci credevo. Ovvio che adesso ho cambiato idea».

Il lavoro nella ditta di un amico va avanti, ma qualche difficoltà inizia ad affiorare. «Difficoltà, certo. E’ che ogni tanto stavo a casa. Quando non avevo roba e stavo male allora stavo a letto o passavo giornate seduto sul water. Non potevo mica andare al lavoro e farmela addosso, no? Comunque, dopo il lavoro l’ho perso perché la ditta andava male e hanno tenuto una persona sola. E dovendo scegliere mica hanno tenuto me, io li capisco».

Luigi, dopo la morte del padre alcolista, continua a vivere in famiglia. E in famiglia continua a farsi, fino a che al matrimonio di un amico qualcuno si accorge che lui si è rintanato in bagno a fumare eroina. Ma la sua vita da tossico non cambia. A lui, del resto, non interessa niente. «Solo farmi, io volevo solo farmi. Certo c’era l’eroina, ma c’era anche altro, a seconda di quello che capitava. C’erano degli amici che andavano a vedere le partite che si buttavano giù amfetamine e bevevano. Lo facevo anch’io. Sai, è una roba normale, per stare in compagnia».

Dove si compra l’eroina a Mantova?

«Mah, in città non lo so. Anche se so che c’è chi spaccia. Comunque i posti dove se ne trova di più è dalle parti di Suzzara e Luzzara. Lì ci sono gli indiani che ne hanno tanta, anche se bisogna stare attenti perché ce n’è in giro di pericolosissima».

Amici? Fidanzata? «Amici? Mi viene da ridere. Fino a quando offrivo qualche canna in giro allora di amici ne avevo, poi non mi è rimasto più nessuno. Ma la cosa peggiore era come stavo fisicamente. Un inferno, guarda. Alla notte non dormivo più, avevo tutti i ritmi biologici sballati. Quando ti fai non riesci più ad andare in bagno, e quando sei in astinenza te la fai nei pantaloni. I rapporti sessuali sono un disastro. Cioè, sì, riesci a fare sesso ma non c’è mai soddisfazione. Se sei in astinenza, poi, ti lascio immaginare: una tragedia. Sono venuto qui al Serd spontaneamente, non ce la facevo più. Sto prendendo il Metadone da tre mesi. Lo so che sono solo all’inizio, ma mi sento di doverci provare. Spero un giorno di riuscire a riprendermi la patente che mi hanno tolto. Anche perché dove vuoi che vada senza macchina? Chi è che mi prende a lavorare se non posso neanche spostarmi? Sto ripartendo da zero, insomma, con la paura di ricascarci. Adesso sto bene, ma in futuro non so cosa succederà».

Storia di Giuseppe, 32 anni.

Quella di questo giovane uomo è una storia un po’ differente. La sua dipendenza è dall’alcol, ma nel suo corpo Giuseppe ha buttato di tutto. «Vuoi ridere? Sai come ho cominciato a bere? Avevo sedici anni e mio fratello maggiore, che era un tossico e alcolizzato e che oggi è alcolizzato e demente, mi ha fatto bere per la prima volta. Poi mi ha fatto anche provare il fumo. Mi sentivo un figo. Canne, birra, vino, campari. Ho iniziato da subito bevendo litri, litri di roba. Non so, ti faccio un esempio. Mi svegliavo e mi facevo qualche birra. Poi uscivo, andavo al supermercato e mi prendevo un po’ di lattine di quelle da 60 centesimi e me le bevevo lì, intanto che passeggiavo. Poi andavo al pub e mi facevo un paio di boccali. Ti parlo di centinaia di litri di alcol. Sai la mia specialità? Andavo al pub e puntavo chi si prendeva una birra. Lo seguivo con lo sguardo, e appena si girava per parlare con qualcuno e mollava il bicchiere, io glielo fregavo. La birra me la bevevo io, insomma. Ma sai quante birre gratis mi sono fatto così? Non ne hai neanche idea».

E la vita, al di fuori dalla dipendenza? Il lavoro? «Io ho sempre lavorato, anche adesso, e sono sempre stato rispettato. Assisto gli anziani, e nessuno mi ha mai accusato di niente. Magari qualche volta mi vedono un po’ agitato, una volta mi sembrava morto uno che non era morto, ma va be’. Secondo me non hanno capito. Non tutti, almeno».

Oltre all’alcol Giuseppe fumava erba e sniffava cocaina. «Oh, sì sì. Tanta erba e quando mi capitava anche la coca. E un po’ di acidi me li sono fatti alla grande. E anche il popper: un pomeriggio mi ricordo che ho bevuto, e ho tirato il popper quattro volte. Comunque ti volevo raccontare ’sta storia. Che non mi piace che la mafia si tenga in mano il mercato del fumo. E allora io mi ero creato il mio business. Mi rifornivo di semi e di tutto quello che serviva e mi ero fatto una serra. Tanta marijuana producevo, e roba buona davvero. La vendevo e ci guadagnavo anche. Io per me tenevo quelle cinque o sei canne al giorno. Lo so che è tanto, ma a me non sembrava».

Ma cosa piaceva davvero a Giuseppe nel periodo della sua dipendenza? La risposta è disarmante. «Ascolta, a me piaceva collassare. Era diventata un’abitudine come vomitare di continuo. Zero problemi. Vomitavo e collassavo. E stavo da dio. Una volta mi ricordo che un punkabbestia aveva una palla di speed, che è un pastone sintetico fatto con gli scarti delle amfetamine e tante altre robe. Quando il tipo ha rotto la palla mi è arrivata addosso una puzza che faceva vomitare, mi è anche venuto un conato. Ma quello che volevo io era distruggermi completamente, proprio collassare. Quindi me la sono fatta anche se non sapevo da dove poteva venire quella roba schifosa. A me comunque non importava niente». Una vita che era diventata anche una specie di militanza a tempo pieno.

«Questa te la racconto, e non mi vergogno anche se dovrei. Io vivo da solo. Quando facevo le pulizie in casa non potevo stare con la bottiglia sempre in mano perché non riuscivo a fare niente. Allora prima di iniziare le pulizie sistemavo una bottiglia di birra in ogni stanza. Così ce l’avevo sempre comoda da bere, che organizzazione. Non perdevo tempo, hai capito?».

La dipendenza di Giuseppe dall’alcol e dalle droghe ha perfino cambiato i suoi cicli vitali. Ecco come la racconta lui. «Facendo i turni non potevo presentarmi strafatto al lavoro. Insomma, ci vuole un po’ di misura. E allora se magari il giorno dopo sapevo di dovermi svegliare alle cinque mi ubriacavo e fumavo di brutto già al mattino. Così crollavo già al pomeriggio e non mi muovevo più fino a che non arrivava l’ora di alzarsi e andare al lavoro».

Viene da chiedersi quale possa essere stata la molla che ha fatto scattare in Giuseppe il desiderio di uscirne. E la spiegazione è semplice. «Intanto ho avuto dei problemi al fegato, e ci credo. Ma la cosa che mi ha fatto più paura e mi ha mandato in paranoia è stata la volta che ho fatto cilecca con una ragazza. Poi mi è successo ancora, e ancora. Insomma, non riuscivo più a fare sesso e sono andato dal dottore. Il dottore mi ha dato il Viagra e le cose sono migliorate un po’. Ma solo un po’. Non abbastanza per un ragazzo giovane. E se poi lo sanno tutti, mi sono detto? Che figura ci faccio? E’ stato allora che ho pensato di curarmi. Fino a quel punto proprio non mi passava neanche per la testa, figurati. Io guidavo anche la macchina senza problemi anche quando ero pieno come un uovo. Poi un giorno mi hanno fermato e mi hanno tolto la patente» E adesso? Che aspettative ha Giuseppe? «Senti, io non lo so cosa mi succederà. Adesso sono sedici giorni che non bevo e prendo questo veleno che si chiama Etiltox. In pratica è una medicina che se bevo alcolici sto malissimo. Vediamo, dai»


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)