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GAP: indagine sul gioco d'azzardo patologico

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Sorpresa: l'azzardo è donna

Dimenticate il giocatore con le fiches in una mano e il sigaro nell'altra, che aspetta la mossa dell'avversario tra i fumi di una bisca.

L'azzardo è sempre più donna, e la partita inizia al supermercato e si chiude in fila all'ufficio postale. Un giocatore su tre è una signora,

una pensionata che ha 'grattato' per la prima volta con le amiche al bar davanti a un cappuccino o una giovane mamma con il figlio in braccio

di fronte alle slot.
"Oggi le donne sono un terzo del totale: su circa 1.200.000 giocatori patologici, l'ipotesi è che la febbre del gioco abbia colpito più di

400.000 donne", dice Fulvia Prever, psicoterapeuta dell'associazione And (Azzardo e Nuove Dipendenze), che a Milano gestisce il primo gruppo in Italia per sole giocatrici.
Ma chi sono queste donne per cui l'azzardo non è più un gioco? "L'età varia dai 30 agli oltre 60 anni, il livello di scolarizzazione è medio

-basso, ma non mancano i casi di giocatrici di buona estrazione con passati brillanti e presenti di miseria e marginalità. Ci sono giovani

mamme che si ritrovano alle sale slot dopo aver portato i figli a scuola, casalinghe di mezza età, ma anche professioniste e soprattutto

pensionate".
Ma da quando l'azzardo porta i tacchi? In principio fu un cavallo. In una nota pubblicità, una donna adagiata su un destriero ricordava che

anche al gentil sesso piacciano i cavalli. E non si trattava di equitazione, ma di scommesse. Primo tentativo della gigantesca macchina del

marketing dei monopoli di stato di sfondare il muro tradizionalmente maschilista delle sale da gioco.
Poi ci fu il color pastello, con cui vennero dipinte le sale da gioco per renderle più accoglienti, accompagnato da un'illuminazione più

calda e dalla possibilità di consumare qualche bevanda.
Ma la vera rivoluzione è stato portare l'azzardo nel regno delle casalinghe: Bingo piazzati al posto dei vecchi mercati rionali, Gratta e

vinci alle Poste, biglietti della Lotteria con il resto della spesa. Geniale. Il gioco si vende come una lavatrice o, meglio, come un

pacchetto di caramelle. Perché le puntate sono bassissime, mica roba da casinò. E poi "giocare è facile", lo dice pure Claudio Bisio alla

pubblicità.
"Il gioco più diffuso tra le donne è il Bingo, perché è una sorta di Tombola camuffata, ha un'aura familiare, rassicurante", spiega la

psicoterapeuta. D'altronde basta fare un giro fuori da questi templi delle meraviglie: a qualsiasi ora, dalle 7 del mattino alle 2 di notte,

più della metà degli astanti sono gentili signore di mezza età o più..
"Questi luoghi hanno la parvenza di un ritrovo sociale, dove scambiare due chiacchiere", continua la dottoressa Prever. Altro che due

chiacchiere, una volta dentro il livello di concentrazione è altissimo e le giocate si susseguono a ritmo serrato. Ma almeno per quell'ora

non si pensa ad altro che al numero che deve uscire. "Se l'uomo lo fa per sfida, competizione, questi giochi assecondano un meccanismo

tipicamente femminile: più che un interesse per la vincita, per la donna giocare significa alienarsi, trovare solidarietà con altre persone

che come lei inseguono un sogno, in un luogo dove dimenticare e staccare dalle preoccupazioni quotidiane".

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)