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GAP in Italia: alcuni dati

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Lo Stato biscazziere e il dramma della dipendenza

In Italia il gioco d'azzardo patologico a tutt'oggi non è riconosciuto dallo Stato al pari di altre dipendenze e, nonostante siamo il Paese

europeo in cui si gioca di più (80 miliardi di euro per il 2011), abbiamo una delle legislazioni più arretrate in materia. Anche se il gioco

d'azzardo patologico è stato inserito fra le dipendenze dall'Organizzazione mondiale della sanità già negli anni 80, e il manuale

diagnostico- statistico dei disturbi mentali lo ha classificato già dal 1994 come "malattia mentale", in Italia non è incluso nei livelli

essenziali di assistenza. Quindi, non vi è alcuna garanzia per i pazienti di poter accedere alle strutture pubbliche. Nonostante questa

palese incoerenza, i pazienti sono cominciati ad afferire sempre più numerosi ai Sert (Servizi per le tossicodipendenze): in Italia infatti i

giocatori problematici superano ormai il 3% della popolazione. La Lombardia è la prima regione per dipendenza da scommesse, gioco d'azzardo e slot machine. Ogni anno nella nostra regione si spendono per il gioco (legale), poco meno di 300 milioni e Milano è la terza città d'Italia (dopo Napoli e Roma) per volume delle giocate. Purtroppo a tutt'oggi solo pochissimi Sert milanesi accolgono in terapia questi pazienti e solo un Sert ha avviato gruppi psicoterapeutici per giocatori e familiari.
La consulta nazionale antiusura rivela che una delle motivazioni più comuni dell'indebitamento è proprio il gioco d'azzardo. E intorno a questo business fioriscono i clan criminali. E allora sorge spontanea la domanda: perché lo Stato non interviene per impedire tutto ciò? Di recente, il decreto legge 13/08/2011 stabilisce che i Monopoli di Stato «emanano tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate, potendo introdurre nuovi giochi, indire nuove lotterie...» È evidente l'intento dello Stato di non intervenire a tutela degli individui per ridurre al minimo il rischio di sviluppare un comportamento di gioco eccessivo. È ovvio che complice in ciò è anche la crisi che incentiva la speranza di risolvere i problemi economici con una "supervincita" al gioco. Come emerge da vari studi, il gioco d'azzardo si sta sempre più diffondendo proprio tra le fasce deboli dal punto di vista economico: gioca il 56% del ceto sociale medio-basso, il 47% degli strati più poveri ed il 66% dei disoccupati.
Lo Stato sottovaluta il diffondersi della compulsione al gioco d'azzardo perché la ritiene un "dramma privato"; non si rende conto che in realtà il fenomeno riguarda la collettività e la miopia di questo atteggiamento non tiene in considerazione ciò che varie stime dicono: tra un po' di anni lo Stato arriverà a pagare per il danno sociale provocato dal gioco tanto quanto quest'anno ha guadagnato dallo stesso. E a questo proposito c'è un'ultima riflessione da fare: mentre dal 2004 al 2010 i soldi giocati dagli italiani sono passati da 24,6 miliardi a 61, le entrate che ne ha ricavato l'Erario si sono mantenute pressoché costanti.

 

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)