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La piaga della Ludopatia: intervista a Matteo Iori (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d'Azzardo)

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La piaga della Ludopatia. Intervista a Matteo Iori
E' sempre più diffusa, nel nostro Paese, la ludopatia. Ne parliamo con Matteo Iori, Presidente CONAGGA (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d'Azzardo).


Iori, recentissime ricerche sociali hanno messo in evidenza una crescita allarmante della "ludaopatia". Quanti sono i soggetti a rischio?
Il Censis già nel 2011 aveva spiegato in modo molto semplice la crescita del "gioco d'azzardo patologico" (termine internazionale con il quale è individuata questa patologia, più idoneo che "ludopatia"); il ragionamento era semplice: essendo cresciuto in modo importante il numero degli italiani che giocano, e sapendo che una piccola percentuale di tutti coloro che giocano diventano patologici, è ovvio ritenere che siano cresciuti in modo importante i dipendenti patologici. Rispetto ai numeri esatti ritengo utile sottolineare i dati della recente ricerca del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), da questi risulta che se oltre 17 milioni di italiani hanno giocato nell'ultimo anno, 2 milioni di questi hanno rischi minimi (quindi non generano grandi preoccupazioni), mentre un milione è composto da persone con rischi alti o che sono già giocatori patologici. Anche analizzando i risultati di altre ricerche analoghe ritengo sensato stimare in 3-400.000 giocatori patologici e altri 6-700.000 giocatori ad altro rischio (che ovviamente possano nel prossimo futuro diventare patologici).


Quali sono le "categorie" più colpite? Qual è l'identikit del "gambler"?
Il gioco d'azzardo patologico può essere di ogni età e di ogni ceto sociale. Non c'è un identikit specifico. La nostra esperienza dimostra con chiarezza che ci sono giovanissimi che giocano con modalità patologiche ma che non mancano neppure persone anziane. Certo è che coloro che più frequentemente instaurano forme di dipendenza le instaurano su certi giochi specifici (soprattutto i cosiddetti apparecchi: slot machine e videolottery), la maggior parte di loro sono uomini, l'età media di chi chiede aiuto per forme di dipendenza hanno un'età che va dai 40 ai 50 anni. Ma negli ultimi anni stanno aumentando in modo importante anche le richieste di aiuto provenienti dalle donne. Altra cosa che abbiamo notato negli oltre 3.700 giocatori che sono stati seguiti dai gruppi del nostro coordinamento nazionale (CONAGGA) è che generalmente le persone che abbiamo seguito sono di ceto medio-basso e ciò conferma anche quanto più volte espresso dalle ricerche dell'Eurispes.


Colpisce un particolare l'aumento del rischio tra gli adolescenti e le donne over 45. Perché?
Il rischio fra gli adolescenti è piuttosto stabile negli ultimi anni, e purtroppo è piuttosto alto. Ma il fatto che sui rischi di dipendenza le percentuali dei più giovani siano maggiori di quelle degli adulti è una costante. Il giovane deve "provarsi", rischiare, arrivare ai confini del limite per affrontare l'età dell'adolescenza e questo include anche i rischi sulle dipendenze. Di certo questo non può esimere il mondo degli adulti dal cercare di tutelarli dai pericoli, tutt'altro. Il CNR ci dice che il 47% degli studenti delle scuole superiori (dai 15 ai 19 anni) hanno giocato d'azzardo e che il 9% di questi dimostra un gioco d'azzardo problematico. Stessa cosa sta accadendo per le donne. Perché? Perché i giochi d'azzardo un tempo erano limitati in luoghi più vissuti dai maschi adulti e anche culturalmente erano interpretati come qualcosa che poco era adatto ad una donna o ad un giovanissimo. Oggi il gioco d'azzardo è divenuto "per tutti", è accettato culturalmente e anche il marketing e le pubblicità spesso sono destinate a donne o a giovani. Questo ha ovviamente portato all'estensione dei giocatori sia per genere che per età.


Qual è il gioco più pericoloso in termine di dipendenza? Le slot-machine?
In termini di rischio i giochi d'azzardo non sono tutti pericolosi nello stesso modo; ci sono alcune caratteristiche che rendono alcuni giochi a maggior rischio di addiction (cioè di dipendenza). Sono più pericolosi i giochi che: hanno stimoli visivi e sonori (che fanno perdere maggiormente la percezione del tempo), che sono molto diffusi sul territorio, che permettono subito di "rifarsi" di eventuali perdite subite, che sono più diffusi da un punto di vista temporale (cioè ai quali si può giocare per molte ore al giorno).
Negli ultimi anni i giochi diffusi hanno tutte queste caratteristiche, pensiamo alle slot machine, ma anche alle videolottery o al gioco d'azzardo on line; questi sono giochi che da un punto di vista di rischio di dipendenza sono ben più pericolosi di quelli che c'erano un tempo: totocalcio, lotto, e totip vari...


Quali altre dipendenze porta con sé l'azzardo?
Il gioco d'azzardo non porta con sé altre dipendenze. La maggior parte degli italiani gioca senza avere problemi di dipendenza e senza rischio; ma una percentuale degli italiani (stimata dall'1-3%) è invece ad alto rischio. Fra i giocatori patologici c'è di tutto: persone "normalissime" che non hanno mai avuto nessun altro problema specifico, ma anche persone con problemi che necessitano di un trattamento medico-psicologico, e persone che abusano di sostanze legali o illegali. Sicuramente quando un giocatore patologico entra in un mondo di dipendenza e di progressivo allontanamento dalla realtà, aumenta il rischio abuso di alcol o droghe.


Quanto costa alla collettività l'espansione del "gioco d'azzardo" in termini sociali ed economici?
In Italia non è mai stata fatta una ricerca sui costi sociali ed economici del gioco d'azzardo; ma a dicembre 2012 ho presentato in Senato un rapporto su questo tema che stimava fra i 5,5 e i 6,6 miliardi il costo annuale per la società per il fenomeno della patologia da gioco. E' importante dire che però questi risultati sono stati costruiti attraverso una rimodulazione di una ricerca fatta da un istituto di ricerca economico Svizzero e quindi non totalmente rapportabile al nostro Paese. Ciò significa che non si può dire con certezza che i costi in Italia siano questi, ma ritengo che si possa dire con certezza che comunque si parla di miliardi di euro di costi che il nostro Stato paga per il fenomeno della patologia da gioco, fenomeno per la cura del quale non prevede neppure un euro di spesa.


Il ruolo delle mafie nel gioco d'azzardo è molto antico. Oggi in quale settore dell'azzardo si annida la criminalità organizzata?
La criminalità organizzata lavora in tutti i settori del gioco d'azzardo. Le Procure di tutt'Italia hanno dimostrato il coinvolgimento di gruppi criminali nel: bingo, agenzie di scommessa, gratta e vinci falsi, slot machine, videolottery, casinò, ed altri ancora; sicuramente il fenomeno degli apparecchi da gioco (slot e videolottery) che raccoglie oltre la metà di tutto il fatturato italiano sul gioco d'azzardo, è uno dei campi che interessa maggiormente la criminalità. Inoltre il gioco d'azzardo è un ottimo strumento per ripulire il denaro sporco e quindi sono state numerose anche le "attività legali" di gioco d'azzardo gestite direttamente dalla criminalità organizzata.


Esiste un pericolo internet nello sviluppo della "ludopatia"?
Certo. Internet rappresenta il luogo perfetto per lo sviluppo della patologia, perché oltre ad avere tutte le caratteristiche di addiction già precedentemente elencate, ha un'ulteriore peculiarità: è possibile giocare in modo totalmente individualizzato, senza alcun rapporto umano, nel silenzio e nell'anonimato totale della propria camera, a tutte le ore del giorno e della notte. Ciò lo rende sicuramente un gioco particolarmente rischioso per un'eventuale patologia.


Questo è un settore dove è presente una forte attività di lobbyng. La politica cosa sta facendo per contrastare questa drammatica piaga? Qual è, secondo lei, la misura più urgente che si dovrebbe prendere per iniziare a contrastare il fenomeno?
La lobby del gioco è sicuramente forte e la politica è sicuramente molto sensibile alle lobby. Al tempo stesso credo che la politica si stia rendendo sempre più conto dei costi sociali di un gioco d'azzardo non governato, di una patologia non riconosciuta come garanzia di cura, di assenza di politiche di prevenzione rivolte agli adolescenti, di mancanza di informazioni sui rischi per la popolazione. Nonostante da 13 anni io chieda inascoltato alla politica di prendere in forte considerazione questi rischi e nonostante tutto dimostri che ciò non è mai realmente avvenuto, penso che in questo momento le speranze possano davvero diventare più forti e che i punti più urgenti, che ho elencato prima, possano finalmente essere inseriti in un'agenda politica reale.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)