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Ludopatia: nel 72% dei casi coinvolge il sesso maschile

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Ludopatia, il 72% è di sesso maschile


La bozza di decreto del Ministro Balduzzi sulla Sanità pubblica che, tra le altre misure, prevedeva anche una serie di norme sul gioco, ha scatenato numerose polemiche soprattutto nel comparto dell'intrattenimento. Le norme relative, nello specifico alla distanza minima da luoghi sensibili non è piaciuta in particolar modo agli attori del mercato che l'hanno giudicata inefficace e ambigua.


Ma giocare d'azzardo non significa necessariamente gioco patologico. Per la maggior parte delle persone, infatti, il gioco d'azzardo rappresenta uno dei tanti passatempi e rimane una semplice attività sociale. Ma chi è il vero giocatore affetto da ludopatia? Una recente ricerca coordinata dal Codacons per Aams, con la partecipazione di Sisal, e realizzata dal Gruppo Markonet sostiene che il ludopate gioca d'azzardo per sfuggire a problemi e lo fa con quantità crescenti di denaro, spesso mentendo alle altre persone per nascondere l'entità del proprio coinvolgimento nel gioco.


Secondo l'analisi del Siipac, Società italiana d'Intervento sulle patologie compulsive, il giocatore compulsivo è di sesso maschile (72%), sposato o convivente (68%) e lavoratore dipendente (51%) di età compresa tra i 30 e i 50 anni (32%), diplomato (69%). I ludopati sono maggiormente concentrati al Centro Italia (41%), seguito dal Nord (33%) e dal Sud (26%). A partire dagli ultimi anni si può affermare senza ombra di dubbio che si è passati dal gioco come fenomeno sociale all'istituzione di una vera e propria industria: 35 milioni di italiani coinvolti e una spesa complessiva, negli ultimi sei anni, di oltre 200 miliardi di euro. Ma come detto il gioco non è solo patologia: nell'Osservatorio Gioco & Giovani - Nomisma il 20,2% dei giocatori vede il gioco solo come "un div ertimento", il 15,9% come "una perdita di denaro" e il 4,7% come "un rischio".


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)