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Ludopatia: una nuova piaga sociale

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Fate il vostro gioco. Ludopatia una piaga sociale

Entri in una qualsiasi tabaccheria o in un qualsiasi bar e li vedi, tutti lì, con il naso all’insù ad aspettare la prossima estrazione del “10eLOTTO” o di “Win for Life” o di uno qualunque di quei giochi che sembrano così spopolare al tempo della crisi economica.

Per chi, come me, non se ne intende di questi “passatempi”, ma vuole approfondire l’argomento, basta semplicemente accedere al sito di Lottomatica affinché, davanti agli occhi, ti si apra un vero e proprio mondo legalizzato del gioco d’azzardo: gratta e vinci, scommesse, bingo, poker, tombola, giochi d’abilità di ogni sorta e genere a cui ogni utente può accedervi con qualche semplice clic. Ricordiamo che il gioco d’azzardo, al di fuori dei Casinò autorizzati, è vietato dall’art.718 del Codice Penale; eppure il “gioco pubblico”, quello di cui lo Stato è titolare, nonché principale beneficiario, come gli esempi sopra elencati, sono perfettamente legalizzati. Certo è che gioco pubblico o gioco d’azzardo; entrambe le categorie non sono esenti dall’essere un vero e proprio problema sociale nonché un pericolo per alcuni soggetti.
Si parla, infatti, sempre più spesso di ludopatia o gioco d’azzardo patologico (Gap); la ludopatia è una vera e propria patologia medica, una dipendenza, che stando agli ultimi dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, interessa il 3% della popolazione adulta mondiale, che per quanto riguarda l’Italia s’aggira intorno a un milione e mezzo di soggetti coinvolti. Una cifra non certo da sottovalutare soprattutto perché, dal totale della popolazione italiana, vanno sottratti i bambini e i più anziani.

Il gioco, compreso quello d’azzardo, è un’attività ludica definita di per sé normale; spesso il gioco viene visto come passatempo, come voglia di evadere, come sogno di facili guadagni in un periodo in cui tutto sembra andare a rotoli, ma per alcuni soggetti diventa presto una necessità, qualcosa di cui non si può fare a meno; non si è più semplicemente liberi di giocare, ma si è costretti a farlo.
La dottoressa Enrica Gagliardi, psicologa e psicoterapeuta, che si occupa anche di ludopatia, ci dice: “Il gioco patologico è un vero e proprio disturbo della personalità, caratterizzato principalmente dal fatto che il giocatore non riesce più a controllare i propri impulsi verso uno o più giochi. La patologia, via via che si sviluppa, influenza la vita quotidiana del giocatore, in un modo tale che la famiglia, il sesso, il cibo, diventano del tutto secondari”.

Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il DSM, uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali più utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, edito dall’American Psychological Association, associazione di categoria che rappresenta gli psicologi USA, classifica il gioco d’azzardo patologico tra i disturbi del controllo degli impulsi che comprendono, tra gli altri, cleptomania, piromania e altri disturbi.
Per capire più precisamente chi è il “ludopata tipo” chiediamo chiarimenti alla dottoressa Gagliardi: “Gli uomini, rispetto alle donne, manifestano una propensione maggiore, nonostante il gentil sesso non sia esente da questo tipo di patologia. Mentre gli uomini prediligono ippica, scommesse e slot machine, le donne, invece, preferiscono Bingo e Lotto. Di solito il ludopata è un signore di mezza età, di estrazione medio-bassa, ma la patologia sta iniziando a colpire anche i più giovani, a causa della facilità con la quale si può avere accesso al gioco”.

Ma quando ci si accorge che un individuo non gioca più per semplice svago o evasione, ma è diventato dipendente da esso? Il DSM elenca dieci sintomi che possono presentarsi nei comportamenti del giocatore patologico; se l’individuo ne soddisfa almeno cinque, allora siamo in presenza di un “giocatore seriale”: 1) Concern: il soggetto ha pensieri frequenti sul gioco d'azzardo. 2) Tolleranza: la necessità di fare scommesse sempre più grandi o più frequenti affinché l’individuo possa provare il brivido. 3) Astinenza, irrequietezza o irritabilità che si verificano quando ci sono in atto tentativi di ridurre o fermare il gioco d’azzardo. 4) Evasion: la negazione del problema. 5) Revenge: l’individuo cerca di recuperare le perdite subite nel gioco, continuando a giocare sempre di più. 6) Bugie: quando si nasconde alla famiglia o al terapeuta gli importi in denaro che si perdono al gioco. 7) Perdita di controllo: si riscontra quando la persona tenta di ridurre il gioco. 8) Atti illegali: l’individuo, quando non riesce più a far fronte ai debiti contratti a causa delle perdite al gioco o perché non ha più denaro da spendere al gioco, infrange la  legge. 9) Rischiare relazioni interpersonali: nonostante sia consapevole di perdere una relazione affettiva, il lavoro o qualsiasi opportunità significativa, il ludopata non smette di giocare. 10) Appello agli altri: la persona si rivolge ad amici o ai famigliari o ad altre persone per chiedere aiuto finanziario per continuare a giocare.
La ludopatia, per sintomi e caratteristiche, è del tutto simile alla dipendenza da sostanze stupefacenti che se sottovalutata può compromettere seriamente sia la salute che la qualità della vita. Oltre che a livello psicologico, la droga del gioco influisce anche a livello fisiologico sull’organismo; come ci spiega la Dottoressa: “Mentre si scommette, l’organismo rilascia delle endorfine e le sensazioni a livello neuronale sono in tutto e per tutto simili a quelle provocate dalla droga e dall’alcol. Di conseguenza, il giocatore patologico non si rende conto della situazione in cui si trova”.
Il fenomeno del gioco d’azzardo come patologia sta diventando una vera e propria piaga sociale, soprattutto per la facilità con cui ogni giocatore seriale può procurarsi la propria dose quotidiana; come sottolinea anche la Dottoressa Gagliardi: “I gratta e vinci, come anche le slot machine, si trovano ormai in ogni bar, i centri scommesse sono ad ogni angolo di strada e si può scommettere su ogni tipo di sport”. In altre parole è praticamente impossibile, per un giocatore seriale non essere tentato; alla facilità con cui si può “reperire la propria dose”, aggiungiamo poi, le pubblicità martellanti che quotidianamente vediamo in televisione, che ci ricordano come vincere sia così facile; con una sola monetina da un euro si può diventare milionari. Queste stesse pubblicità danno un forte risalto alla possibilità che ognuno possa cambiare la propria condizione economica e di conseguenza la propria condizione sociale; d’altronde non fanno altro che alimentare quel mito a cui tutti aspirano, secondo cui per essere davvero felici si deve possedere tutto e per possedere tutto, si deve avere il denaro per comprarlo.

Come detto all’inizio lo Stato, l’entità che dovrebbe proteggere i propri cittadini, è uno, ma non il solo, dei principali beneficiari dei proventi derivanti dal gioco. Secondo l’AAMS, L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, nel 2011 gli italiani, per giocare, hanno speso 80miliardi di euro, quasi il 5 per cento del PIL; slot machine e video-lotterie hanno pesato per il 56,3% del fatturato totale, gratta e vinci per il 12,7%, il Lotto per l’8,5%, le scommesse il 4,9%, il 3% è derivato dal Superenalotto, mentre il rimanente è da spartire tra bingo e scommesse ippiche.
Nel corso del 2011 le entrate totali derivate dal gioco d’azzardo sono fruttate allo Stato 13.7miliardi di euro, con una crescita di oltre un miliardo di euro rispetto al 2010; un significativo +8,4% che sale a +10,1% se si considerano le imposte indirette su lotterie, Lotto e simili. Un aumento questo che fa impallidire la crescita in altre categorie, come ad esempio la crescita dell’1,2%, rispetto al 2010, per le entrate totali del fisco.
Il 10 novembre scorso, il Decreto-Legge 13 settembre 2012 n. 158, il cosiddetto “Decreto Balduzzi”, per promuovere un più alto livello di tutela alla salute nel nostro Paese, è entrato ufficialmente in vigore. Grazie a questo Decreto la ludopatia entra di diritto a far parte dei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero tutti quei servizi e quelle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire a tutti gli abitanti del nostro Paese; come però sottolinea la dottoressa Gagliardi, dallo stesso Decreto sono spariti i fondi che il Ministro Balduzzi intendeva mettere a disposizione per curare questa malattia. Quindi, in concreto, lo Stato non finanzierà nessun aiuto.

Sembra quindi che lo Stato italiano assuma due posizioni in netta contrapposizione tra loro: se da una parte alimenta il gioco d’azzardo, facilitando in ogni modo le possibilità di giocare, inventando sempre più soluzioni diverse affinché la persona sia tentata, sia quasi portata verso il gioco; dall’altra, ha la responsabilità morale di aiutare, tramite il Servizio Sanitario Nazionale, coloro che sono affetti da ludopatia. Inoltre, e non è da sottovalutare, il giocatore patologico che accumula debiti per continuare a giocare, prima o poi adotterà soluzioni estreme per reperire il denaro necessario al suo scopo: piccoli furti o altri reati che per lo Stato avranno un ulteriore costo: “L’esistenza del reato dipende dalle circostanze, quindi dai facilitatori ambientali e dalla personalità interessata” sottolinea la dottoressa.
Partendo dal presupposto che lo Stato concretamente non ha ancora fatto nulla per contrastare una piaga sociale come quella del gioco d’azzardo che può portare al manifestarsi di una vera e propria malattia, la ludopatia, c’è quindi da chiedersi se abbia fatto i suoi calcoli e se abbia ritenuto che il costo del sostegno e dell’aiuto a un milione e mezzo di giocatori patologici sia nettamente inferiore rispetto al guadagno che può continuare a trarre dal gioco d’azzardo, non imponendovi un limite.

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)