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Quando giocare diventa una malattia: i meccanismi del gambling

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Quando giocare diventa una malattia
Il Direttore della UOC Dipendenze Patologiche dell'Ausl di Imola, Dr Stefano Gardenghi, interviene in Commissione Sanità per

spiegare cos'è il gambling e quali le azioni possibili di prevenzione e cura.
Il gioco d' azzardo patologico o gambling è un comportamento che rientra a pieno titolo tra le dipendenze o addiction. Nel

nostro Paese gli studi sul gambling si sono avviati da circa un decennio, ma è già dal 1980 che il DSM (il manuale statistico

e diagnostico psichiatrico) riconosce il gioco d'azzardo patologico come un'entità diagnostica specifica, "un comportamento

persistente, ricorrente e maladattivo di gioco, che compromette le attività personali, familiari e lavorative".
"Il nostro cervello funziona con un meccanismo di ricerca di gratificazione e di ricompensa che è attivato da stimoli

piacevoli naturali (cibo, sonno, sesso, ne sono un esempio), o artificiali, quali l'assunzione di alcune sostanze psicoattive

e comportamenti ad alta carica emotiva, quali il gioco d'azzardo, l'uso di videogiochi, internet, ecc... - ha spiegato lo

psichiatra - La ripetizione dell'assunzione di droghe o alcol e di comportamenti ad alta carica emotiva fa si che lo stimolo

artificiale prenda progressivamente il posto degli stimoli piacevoli naturali e che quindi la gratificazione indotta

artificialmente diventi parte integrante del nostro funzionamento mentale".
L'attrazione patologica verso droghe, alcol o gioco d'azzardo viene definita craving, un termine che nella nostra lingua può

essere tradotto come compulsività, impossibilità a sottrarsi ad un impulso. Nel caso del gioco non esiste una sostanza

"esterna" che provoca dipendenza fisica, come avviene nel caso di eroina, alcol o più semplicemente nicotina.
"Il craving ha certamente più componenti, tra cui quella psicologica è fondamentale - ha detto Gardenghi - ma è interessante

sottolineare quella neurobiologica. L'atto del giocare scatena nel cervello umano meccanismi di gratificazione prodotti

dall'aumento di dopamina e di altri neurotrasmettitori in grado di provocare piacere. Il soggetto quindi ricerca

continuamente questa sensazione di piacere e di ricompensa che ha provato, che già conosce e che vuole riprodurre. Il craving

quindi è il desiderio intenso e incontrollabile dell'effetto di questi comportamenti, che il cervello si è abituato a

conoscere e che placa il malessere psicofisico indotto dalla mancanza. Vi sono infatti anche specifici sintomi astinenziali

che lo accompagnano".
Entrando nello specifico, Gardenghi ha voluto chiarire che di gioco d'azzardo patologico si parla quando l'eventuale vincita

di una scommessa è dovuta quasi esclusivamente al caso e non alla perizia del giocatore.
Un giocatore patologico non riesce ad interrompere a piacimento l'atto dello scommettere e "soffre" dei sintomi tipici delle

dipendenze, sovrapponibili a quelli da droghe o alcol: la tolleranza (cioè il bisogno di giocare sempre di più per ottenere

lo stesso livello di eccitamento), l'astinenza (che si manifesta con nervosismo e ansia se si tenta di smettere) e la perdita

di controllo (con presunta capacità di poter smettere, senza riuscirci nella realtà).
"Il comportamento del giocatore patologico (gambler) finisce per compromettere le relazioni personali, familiari e lavorative

- ha continuato Gardenghi - Fermo restando la sensazione eccitante o addirittura esaltante che prova il gambler quando è in

azione, viene spontaneo chiedersi perché a fronte di queste conseguenze rovinose, non solo sotto il profilo patrimoniale, lo

stesso a un certo punto non riesce a fermarsi. Questo accade perché nelle dipendenze si determinano una serie di circoli

viziosi che automantengono il comportamento. Nello specifico risalta "l'inseguimento delle perdite". Spesso infatti dopo una

prima fase caratterizzata da qualche vincita, la tendenza dell'individuo predisposto all'abuso è quella di rincorrere altre

vincite aumentando la frequenza di gioco e le puntate. Quando il giocatore inevitabilmente inizia a perdere, attribuisce ciò

ad un periodo sfortunato e tende ad aumentare il fattore di rischio, nell'illusione di poter ottenere vincite più alte. Le

perdite a questo punto superano di gran lunga le vincite ed inizia cosi la fase dell'inseguimento delle somme perdute con un

colpo di fortuna, vedendo nel gioco l'unica possibilità di recupero".
Gardenghi ha poi descritto brevemente le fasi evolutive del gioco d'azzardo patologico.
- Fase vincente: qui il gioco è occasionale, ci sono vincite iniziali, spesso il gioco è un rimedio contro depressione o

ansia e si prova piacere.
- Fase perdente: qui il gioco è solitario, si pensa solo a questo, si utilizzano coperture e menzogne, si fanno debiti, si

inseguono le perdite e si sviluppano i sintomi della dipendenza.
- Fase di disperazione: a questo punto vi è panico, ci si isola socialmente, si compiono azioni illegali, spesso avvengono

arresti e separazioni familiari.
- Fase critica: compare finalmente il desiderio di aiuto, la speranza del cambiamento, vi è un tentativo realistico di

sospensione, si torna a lavorare e si pianificano i risarcimenti dei debiti creati.
- Fase di ricostruzione e crescita: migliorano ora i rapporti familiari e l'autostima, si pianificano gli obiettivi, c'è una

diminuzione delle preoccupazioni legate al gioco, una maggiore introspezione e un nuovo stile di vita.
L' Unità Operativa Dipendenze Patologiche dell' AUSL di Imola ha fatto la scelta di occuparsi, da oltre cinque anni, anche di

questa specifica addiction, nonostante il settore gambling non sia per ora compreso tra i servizi che i Ser.t devono fornire

per mandato istituzionale.
Attualmente le persone in carico sono una ventina, ma negli ultimi anni si è evidenziato un sensibile aumento della richiesta

di aiuto. Il target di utenza è abbastanza variegato per età e genere: non si può quindi individuare un prototipo del

giocatore nella nostra città.
"Questa patologia è curabile - ha concluso Gardenghi - anche se, come tutte le dipendenze patologiche, presenta cronicità e

recidività. La gravità della malattia è collegata alle eventuali psicopatologie sottese al disturbo. Fermo restando che i

trattamenti messi in atto dall'UODP sono sempre personalizzati e calati sui bisogni del singolo utente, il servizio ha

individuato una scaletta di interventi per affrontare il fenomeno. Prima di tutto si effettuano alcuni colloqui diagnostici e

valutativi della situazione clinica e della motivazione a smettere, quindi si innestano ulteriori colloqui specifici, con

l'utilizzo di tecniche finalizzate ad accrescere la motivazione al cambiamento. Viene definito con il paziente un contratto

terapeutico in cui ci si impegna reciprocamente nel lavoro terapeutico. Il trattamento ambulatoriale prevede poi colloqui

individuali e con la famiglia, un approccio psicoterapico di tipo cognitivo comportamentale, terapie di gruppo e l'eventuale

utilizzo di terapie farmacologiche. Se necessario il paziente viene indirizzato ad eventuale trattamento residenziale o

semiresidenziale, con relativi interventi specialistici. Infine viene costruito, in collaborazione con la famiglia o con

figure di riferimento per la gestione del denaro, un piano di rientro dai debiti".
Un ultimo elemento essenziale da ricordare è che la UODP sviluppa una serie di interventi di prevenzione primaria e di

promozione della salute in cui anche questo tema trova spazio.