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Università di Urbino : GAP e difficoltà ad esprimere le emozioni

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Dopo un anno di terapia di gruppo i giocatori patologici mostrano di acquisire gradualmente una maggiore consapevolezza di sé nella relazione affettiva con gli altri. I familiari, invece, mostrano una significativa riduzione della preoccupazione e dell'ansia nei rapporti interpersonali. Entrambi, tuttavia, sembrano esser caratterizzati ancora da una scarsa propensione a riconoscere ed esprimere liberamente i propri stati emotivi.
 Sono gli esiti della ricerca sperimentale su 'l'espressione delle emozioni e la comunicazione affettiva nei giocatori d'azzardo e famigliari in trattamento presso il Centro di Campoformido: follow up ad un anno di terapia', eseguita è stata eseguita ed elaborata da Vitantonio Chimienti, psicologo e dottore di ricerca presso l'Università degli Studi di Urbino, e da Rolando De Luca, psicologo e psicoterapeuta, responsabile del Centro di Terapia di Campoformido (Ud).
Lo studio si è proposto di verificare, dopo un anno di terapia di gruppo, l'andamento di quelle dimensioni della personalità che concorrono alla sintomatologia del gioco d'azzardo patologico. In particolare, come riscontrato in uno studio precedente, di monitorare, durante un percorso psicoterapeutico, l'evoluzione di quelle caratteristiche che evidenziano una capacità elaborativa dell'esperienza emotiva e designano una modulazione della risposta affettiva nelle relazioni interpersonali.
La sperimentazione della ricerca è stata condotta presso il Centro di Terapia di Campoformido (Ud), su soggetti in trattamento per Gioco d'Azzardo Patologico (Gap) e sui loro famigliari, su un totale di 201 soggetti ai quali è stato somministrato un protocollo di ricerca composto da una scheda socio-anagrafica e da una batteria di strumenti psicometrici.
Interessanti i risultati, resi noti durante il recente convegno promosso a Campoformido dall'Agita: si sono osservate importanti differenze fra le misurazioni effettuate dopo un anno di terapia sia all'interno di ciascun campione sperimentale che nel confronto con il campione di controllo.
Tutti i punteggi hanno mostrato un tendenziale miglioramento delle dimensioni indagate. Nello specifico, i soggetti con diagnosi di Gap (gioco d'azzardo patologico) hanno riportato un decremento della misura dell'impulsività e un aumento della dimensione fiducia.
I famigliari dei Gap hanno mostrato una diminuzione delle misure impulsività e aggressività, nonché del pattern d'attaccamento 'Disagio per l'intimità' e 'Preoccupazione per le relazioni'.
Il confronto fra i due gruppi sperimentali, ha messo in luce differenze significative rispetto alle misure dell'impulsività e dell'aggressività. Il confronto con il gruppo di controllo, invece, ha evidenziato ancora una differenza significativa della misura alessitimia (vale a dire, l'incapacità di manifestare ed esprimere i propri sentimenti) sia per i giocatori che per i famigliari e punteggi più elevati alla scala dell'ansia per i famigliari; non è emersa alcuna differenza a nessuno dei pattern d'attaccamento indagati.
 GIOCO, UN'ATTIVITA' DI MASSA - "Nel corso degli ultimi anni - osserva Rolando De Luca - il gioco d'azzardo è diventato anche in Italia un'attività di massa di enormi proporzioni economiche e sociali. Se è vero che il gioco d'azzardo non è una pratica moderna, è altrettanto vero che negli ultimi decenni (particolarmente nei paesi industrializzati più avanzati) è in costante e forte espansione". Secondo recenti ricerche oltre l'80% della popolazione italiana dedica attenzione al gioco d'azzardo. Nel complesso i dati disponibili individuano nell'1-3% della popolazione adulta l'incidenza del gioco d'azzardo patologico(il numero di persone dipendenti si aggira attualmente in Italia,a seconda delle diverse rilevazioni, da un minimo di novecentomila a un massimo di un milione e quattrocentomila persone). "Proprio per trovare una strategia terapeutica che consentisse ai giocatori d'azzardo e alle loro famiglie di raggiungere, mantenere l'astinenza dal gioco d'azzardo e riscontrare a lungo termine (anni) risultati positivi - prosegue lo psicologo e psicoterapeuta - ho iniziato nel 1995 un lavoro con alcuni giocatori d'azzardo e con le loro famiglie. L'iniziativa, nel tempo, ha avuto ottimi risultati tanto che nel 1998 si è decisa la costituzione del primo gruppo terapeutico dei giocatori e dei loro familiari".
 L'IDENTIKIT DEL GIOCATORE PATOLOGICO - De Luca fornisce anche alcuni dati riferiti al 30 settembre 2009 ed emersi in questi anni d'attività clinica rispetto allo stato civile; al titolo di studio; alla provenienza e alle abitudini di gioco; all'età e al sesso; alla professione; all'abuso di alcool, tabacco e sostanze psicotrope; alla costanza nella frequentazione delle sedute;  alle ricadute , alle percentuali d'abbandono e agli esiti conclusivi.
Per il 70 % i giocatori sono sposati o convivono; il 30 % di essi non vive in coppia. Il 7% è in possesso della licenza elementare; il 36% della licenza media; il 51% di un diploma e il 6% di laurea. I giocatori provengono per l'88% dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia; per il restante 12% dal Veneto. Il 30% dei giocatori frequentava il casinò; il 19% giocava alle new slot (ex videopoker), il 16% al lotto, il 13% al superenalotto ; il 7 % al grattaevinci; il 5% alle corse di cavalli e ancora; il 2 % frequentava le bische; il 2% giocava al Totocalcio; l'1% investiva in borsa e l'1% giocava al Bingo. Il restante 4 % infine si dedicava ad altri giochi (totogol, scommesse, ecc).
"In realtà - spiega De Luca - è molto frequente che chi gioca d'azzardo si dedichi a più di una tipologia di gioco; in particolare, secondo i nostri dati: il 55% dei giocatori si dedica a un solo tipo di gioco, il 28% pratica da 2 a 3 giochi differenti e l'11% da 4 a 5; solo il 6 % ammette di giocare a più di cinque tipi di gioco".