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Onesti o disonesti: impulsi che ci spingono a cambiare

Onesti o disonesti: impulsi che ci spingono a cambiare

Si nasce onesti o disonesti? Gli impulsi che ci spingono a cambiare

Chi è onesto ha bisogno di superare questo istinto per approfittare di un imbroglio di tanto in tanto; chi è disonesto vuole essere occasionalmente onesto e mantenere una buona immagine di sé

Nessuno è completamente onesto né, a quanto sembra, mai completamente disonesto. Piuttosto, stando a quanto emerso da una ricerca olandese di stampo neurobiologico, chi è fondamentalmente onesto di tanto in tanto può attivare coscientemente un comportamento disonesto; al contrario, chi è fondamentalmente disonesto, può al bisogno “sforzarsi” di essere anche onesto. E’ quindi possibile correggere quello che sarebbe il proprio comportamento spontaneo, e ciò grazie all’intervento di network neuronali presenti nella corteccia cerebrale prefrontale, un’area del cervello che esercita un fondamentale controllo razionale sugli impulsi.

Le due posizioni

Lo studio riconcilia in qualche modo due posizioni esistenti nella letteratura scientifica a proposito di onestà/disonestà. Secondo una di queste posizioni (in inglese will hypothesis), l’onestà sarebbe il frutto di uno sforzo di volontà, dal momento che senza questo sforzo la natura umana si comporterebbe sempre secondo la logica del massimo profitto per sé, quindi in un modo che per la società sarebbe da considerarsi potenzialmente disonesto. L’altra posizione (in inglese grace hypothesis) sostiene invece l’opposto: il primo impulso umano sarebbe onesto, ma poi ripensandoci, quasi quasi, la tentazione si farebbe strada quando si intravede un’opportunità per se stessi, anche se a scapito di qualcun altro o dell’intera società. Finora le due posizioni non avevano trovato nessun punto di convergenza, e ciascuna di esse ha studi anche sperimentali a sostegno.

Gli studi osservazionali

Questo tipo di studi è realizzato nei laboratori di psicologia mettendo in piedi situazioni nelle quali i soggetti sotto osservazione possono facilmente essere indotti nella tentazione di mettere in atto comportamenti disonesti, avendo la percezione di non poter essere scoperti e ottenendo in tal modo una ricompensa monetaria. Ad esempio, si chiede loro di predire in privato il classico testa o croce per una serie di lanci di monetina, segnando il risultato per proprio conto e ottenendo un premio in danaro per le previsioni azzeccate. E’ chiaro che se ci discosta troppo dal 50 per cento per ciascuno dei due risultati, gli psicologi possono presupporre un comportamento disonesto, ma non ne possono avere la certezza, perché alle volte la statistica può giocare degli scherzi.

L’esperimento: trova le differenze

Per sopperire a questa carenza metodologica, i ricercatori olandesi, guidati da Sebastian Speer della Rotterdam School of Management, hanno inventato un ingegnoso sistema, une revisione del gioco del “trova le differenze” tra due immagini. Ai soggetti in studio hanno presentato una serie di coppie di immagini, dicendo loro che ogni coppia aveva tre differenze -ma in realtà alcune ne avevano solo una, altre due - e che alla fine sarebbero stati remunerati economicamente in tutti i casi in cui avrebbero dichiarato di aver trovato le tre differenze. Così è stato facile scoprire chi inequivocabilmente stava barando. Si è scoperto che alcune persone erano completamente oneste, altre meno, altre meno ancora, ma soprattutto si è potuto osservare cosa succedeva nei cervelli dei partecipanti, dal momento che il tutto è avvenuto sotto osservazione di uno scanner di Risonanza Magnetica cerebrale. «L’analisi dei risultati del neuroimaging funzionale ha mostrato diversi dati importanti» dice Nobuhito Abe del Kokoro Research Center della Kyoto University, autore di un commento all’articolo di Speer e collaboratori, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences -PNAS. «Innanzitutto è emerso che l’attività del nucleo accumbens – una regione fondamentale nei processi di ricompensa – prediceva, nel momento in cui si prendeva la decisione, la frequenza del comportamento disonesto da parte dei partecipanti. Inoltre è stato osservato che i partecipanti generalmente onesti, di fronte all’opportunità di imbrogliare, avevano un aumento di attività in un network neuronale che coinvolgeva la corteccia prefrontale mediale (MPFC), la corteccia cingolata posteriore (PCC) e la giunzione temporo-parietale (TPJ)».

 C’è chi la tendenza a barare

L’interpretazione data a questa attivazione è che rappresentava lo sforzo di chi intravede la possibilità di barare e deve decidere come comportarsi. Analizzando i dati si è capito che l’attivazione di questa area di controllo superiore è risultata diversa in chi aveva tendenza a barare rispetto a chi era invece tendenzialmente onesto. Nei primi l’attivazione era maggiore quando alla fine avrebbero scelto il comportamento onesto, nei secondi quando avrebbero scelto il comportamento disonesto. La conclusione di Speer e dei suoi collaboratori è che «una persona generalmente onesta ha bisogno di superare l’istinto di essere onesto per approfittare di un imbroglio di tanto in tanto

(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:  https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/20_agosto_22/si-nasce-onesti-o-disonesti-impulsi-che-ci-spingono-cambiare-3adbfa6a-e2f6-11ea-89b3-b56dd0df2aa2.shtml
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)