LA PAURA per il coronavirus? Oppure semplicemente troppo lavoro, pressioni familiari, traumi: sono tutte sorgenti di stress, che possono causare veri e propri disturbi di ansia. Ma quali sono i meccanismi, a livello cerebrale, che portano dallo stress a queste patologie? A rispondere, oggi, è un gruppo di neuroscienziati della Vanderbilt University, negli Stati Uniti, che ha scoperto un importante anello di collegamento fra lo stress e l'ansia che ne deriva. La chiave è una molecola, sigla “2-AG”, che nel cervello risulta attivare gli stessi recettori messi in azione da alcuni dei composti presenti nella cannabis. Per questo, il risultato potrebbe aiutare a spiegare perché alcune persone utilizzano la marijuana quando sono in ansia o sotto stress, scrivono gli autori sulla pagina dell'università. In generale, la ricerca potrà aprire nuove strade per individuare composti specifici che agiscano su questo meccanismo per combattere l'ansia. I risultati, per ora su modello animale, sono pubblicati sulla rivista Neuron.
 

I risultati dello studio 

Nonostante gli avanzamenti della ricerca, da circa due decenni non ci sono nuove molecole per il trattamento dell'ansia, come riportato da un recente studio. Anche per questo i ricercatori hanno voluto approfondire come funziona l'ansia, nel cervello, con lo scopo di cercare in futuro nuove terapie.
 
Gli scienziati hanno analizzato la risposta cerebrale di topi sottoposti a fonti di stress. E hanno osservato che, in presenza di una forte sollecitazione di questo tipo, due aree del cervello, l'amigdala e la corteccia frontale, si connettono. L'amigdala è un'area coinvolta in diversi processi emozionali e in particolare nella paura, mentre la corteccia frontale è centrale nelle decisioni e nel regolare pensieri e azioni in risposta agli stimoli.
 
“Il circuito che mette in comunicazione l'amigdala e la corteccia frontale risulta più forte nelle persone che hanno alcuni tipi di disturbi d'ansia”, ha spiegato l'autore Sachin Patel, “e quando persone o animali sono esposti allo stress e diventano più ansiosi, queste due aree cerebrali si legano e la loro collaborazione aumenta”. In questo processo la molecola 2-AG ha un ruolo, dato che è una sorta di anello di collegamento fra le due aree. La connessione – e dunque il processo che porta all'ansia e alle patologie associate – si rafforza quando l'azione della molecola diminuisce. Per questo, spiegano gli autori, potrebbe essere utile cercare nuovi trattamenti farmacologici che aumentino i livelli della molecola “2-AG” per abbassare l'ansia. Questa opportunità risulta molto importante proprio oggi, dato che nonostante gli avanzamenti della ricerca, da due decenni non ci sono nuove molecole
 

Le tesi

L'idea è che di fatto in questi casi ci sia una sorta collasso del sistema endocannabinoide, scrivono gli autori, di cui fa parte anche la molecola 2-AG, che nel cervello stimola gli stessi recettori cannabinoidi attivati anche dalla marijuana: di qui il potenziale legame fra cannabis e questo meccanismo.
 
“Lo studio è molto interessante”, commenta Guido Mannaioni, professore di farmacologia e membro della Società Italiana di Farmacologia (Sif) e della Società Italiana di Tossicologia (Sitox), “perché individua e descrive un nuovo meccanismo endogeno collegato all'ansia da stress acuto, da approfondire per trovare nuovi approcci terapeutici”. Ad esempio, alcuni studi, prosegue l'esperto, hanno suggerito che il cannabidiolo (Cbd), un composto contenuto nella cannabis, possa essere efficace a breve termine del disturbo d'ansia sociale. “Tuttavia”, chiarisce Mannaioni, “da qui a dire che la cannabis terapeutica possa far bene contro l'ansia il passo è molto ampio”. Anche perché, come spiega un recente studio sul Lancet Psychiatry, l'efficacia della cannabis terapeutica nei disturbi mentali è ancora da dimostrare.
 
 
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)