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Allarme energy drink tra adolescenti e bambini

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Boom di “Drunkoressia” tra le ragazze Allarme per gli “energy drink” ai bimbi

Si mescolano alcol e digiuno: 300 mila giovani tra i 14 e i 17 anni, 8 volte su 10 ragazze. E i genitori danno bevande energizzanti persino ai bambini di 3 anni

Un mix micidiale. Alcol e digiuno, dipendenza dagli alcolici e anoressia. Un disastro che ha meritato la nascita di una nuova parola, “drunkoressia” , e che riguarda sempre più adolescenti, soprattutto le ragazze.
Gli specialisti lanciano l’allarme: da un lato, il consumo di alcol ha registrato una progressiva anticipazione a fasce di età inferiori: i primi “assaggi” – in particolare di birra, più che di vino e superalcolici – avvengono durante gli anni della scuola media. Dall’altro, c’è maggiore consapevolezza negli adolescenti degli effetti dell’alcol che, quindi, vengono appositamente ricercati in particolari circostanze, come la discoteca. «Un esempio concreto ed eloquente delle nuove tendenze tra gli adolescenti - sostiene Giuseppe Di Mauro, Pediatra e Presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) - è rappresentato dalla drunkoressia o “anoressia da happy hour” che consiste nell’abitudine di digiunare per poi consumare alcolici sia per ridurre l’apporto energetico in modo da compensare le calorie dell’alcol con il “guadagno” ottenuto dal digiuno, sia per potenziarne gli effetti inebrianti».
Un caso di anoressia su 15 si declina nella drunkoressia: la voluta e sistematica assunzione di alcol al di fuori dei pasti. Nata negli Stati Uniti, si sta diffondendo largamente anche in Italia dove si stimano 300 mila casi di ragazzi tra i 14 e i 17 anni, casi che 8 volte su 10 riguardano il sesso femminile e, in generale, presentano una tendenza ad un preoccupante aumento. Gli effetti organici della drunkoressia possono essere davvero dannosi, soprattutto sugli adolescenti: ai tradizionali danni provocati dall’alcol al fegato e alle cellule nervose si sommano, con effetto moltiplicativo più che semplicemente additivo, pericolosi sbalzi di peso, scomparsa del ciclo mestruale nelle ragazze, osteoporosi, aritmie cardiache e steatosi epatica (cioè infarcimento di grassi nel fegato, primo passo verso la cirrosi). E quasi a conferma dell’allarme dei pediatri, l’Istat ha diffuso stamane nuovi dati sul consumo di alcol tra i giovanissimi. Il quadro è critico in particolare per quanto riguarda il ’binge drinking’ (il fenomeno delle bevute compulsive che portano ad ubriacarsi fino allo stordimento), che tra gli adolescenti di 16-17 anni raggiunge livelli superiori a quelli medi della popolazione e che tra i giovani di 18-24 è ormai «un’abitudine consolidata». 

I DATI ISTAT SUL CONSUMO DI ALCOLICI TRA BAMBINI E TEEN AGERS 

L’Istat nel rapporto ’L’uso e l’abuso di alcol in Italia’, presentato oggi, spiega che comportamenti a rischio diffusi si osservano i giovani di 18-24 anni (il 21,0% dei maschi e il 9,5% delle femmine) e gli adolescenti 11-17enni (il 12,4% dei ragazzi e l’8,4% delle ragazze). Dal punto di vista territoriale, sono maggiormente diffusi tra la popolazione residente nel Nord-est e nel Nord-ovest, mentre si riducono al Sud. L’Oms raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni: per questo, tra i giovani di 11-15 anni viene considerato un comportamento a rischio il consumo anche di una sola bevanda alcolica durante l’anno. La quota di quanti hanno in questo senso comportamenti a rischio in questa fascia di età è pari al 12,4% per i maschi e all’8,4% per le femmine. Anche tra i ragazzi di 16-17 anni, continua l’Istat, il quadro dei comportamenti di consumo a rischio è piuttosto critico, interessando il 15,2% dei ragazzi e il 5,2% delle ragazze. Inoltre, già a questa età il ’binge drinking’ (il fenomeno delle bevute compulsive che portano ad ubriacarsi fino allo stordimento) raggiunge livelli superiori a quelli medi della popolazione. 
Secondo l’Istat l’abitudine da parte dei genitori ad avere almeno un tipo di comportamento a rischio nel consumo di bevande alcoliche sembra influenzare il comportamento dei figli e chi eccede nel consumo di alcol spesso associa anche altri comportamenti a rischio, tra cui l’abitudine al fumo. Infine alcuni comportamenti a rischio nel consumo di alcolici sembrano più diffusi tra chi frequenta abitualmente discoteche e luoghi in cui si balla. 
 

L’ABUSO DI BEVANDE ENERGIZZANTI TRA ADOLESCENTI E BAMBINI DAI 3 ANNI 

Oltre all’abuso di alcol, a destare un grande allarme sono anche le bevande energizzanti, i cosiddetti “energy drink”, che contengono sostanze stimolanti come caffeina, taurina, guaranà, ginseng e niacina. «Sono finalizzate a dare carica, sensazione di forza, instancabilità, resistenza e potenza e quando vengono mescolate agli alcolici contribuiscono a promuovere gli effetti di disinibizione comportamentale». A livello europeo, dal recente rapporto Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), emergono dati preoccupanti sull’uso di bevande energizzanti sia negli adulti che nei bambini: in generale, il consumo combinato con l’alcol arriva al 56% negli adulti e al 53% negli adolescenti. In particolare, se tra i primi circa il 30% dichiara di consumare abitualmente energy drink, tra gli adolescenti dai 10 ai 18 anni le percentuali salgono al 68% con un 12% di bevitori “cronici”, con un consumo medio di 7 litri al mese e un altro 12% di consumatori “acuti”. Tra gli adolescenti spesso questa moda trae spunto dal mondo dello sport con l’obiettivo perseguito sin dai ragazzi alle prime armi che mirano a raggiungere migliori risultati se non a diventare veri atleti professionisti. 

Il dato più allarmante è, poi, quello che riguarda i bambini dai 3 ai 10 anni: il 18% circa consuma energy drink e tra di essi il 16% ne consuma in media 0,95 litri a settimana (almeno 4 litri al mese), complici in questo caso certamente contesti familiari in cui i genitori o i fratelli maggiori sono i primi consumatori di tali bevande. «Soft ed energy drink, dunque, sono rappresentativi – afferma il dottor Piercarlo Salari, Pediatra Consultoriale a Milano e membro SIPPS - di due fenomeni paralleli e non complementari, che non devono essere sottovalutati».
E’ fondamentale per i genitori saper cogliere nei propri figli alcuni sintomi e segnali premonitori come la difficoltà di concentrazione e memoria, con impatto sulla resa scolastica; l’aggressività immotivata e le alterazioni del tono dell’umore; i cambiamenti nel ritmo sonno/veglia con eccessiva sonnolenza diurna; la tendenza all’isolamento; il desiderio ossessivo di migliorare le performance sportive; la ‘dipendenza’ da abitudini che tendono a ripetersi in alcuni momenti o circostanze, come per esempio il digiuno volontario in previsione di una festa o di una serata con gli amici. 
«In caso di eccessivo consumo di bevande energizzanti si possono identificare due ordini di rischi - prosegue il dottor Salari -. Sono conseguenze immediate l’accelerazione del battito cardiaco e la comparsa di episodi di tachicardia e ipertensione, nausea e/o vomito, malessere psicofisico, calo dell’attenzione e della vigilanza (ancora più pericolosa se il ragazzo è alla guida) ». COnseguenze nel più lungo termine: « dipendenza, riduzione della memoria e delle capacità cognitive , erosione dello smalto dentario. Va da sé che i rischi si amplificano se agli energy drink vengono associati alcol e sostanze stupefacenti». 
 

Per i pediatri, «Vale, forse, la pena di ricordare che il “mito del ricostituente” non è poi culturalmente molto distante dal doping sportivo come pure dall’energy drink. Il concetto di demandare il compito di risolvere un problema o migliorare una condizione a un prodotto, qualunque esso sia, può essere trasmesso al bambino molto precocemente, facendogli credere che sia sufficiente un integratore per guarire più in fretta o per non riammalarsi». In fondo «anche l’energy drink può essere considerato erroneamente una soluzione simile per vincere la stanchezza e affrontare gli impegni quotidiani in una maniera semplice, rapida, efficace e perfino piacevole e accattivante». 

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)