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Dipendenza da videogiochi: nuovi approcci trattamentali

Dipendenza da videogiochi: nuovi approcci trattamentali

 

 


Computer e cani per guarire i piccoli “schiavi” dei videogiochi

Il ragazzino ha 12 anni, è dipendente dai videogiochi e la prima domanda che si sente rivolgere è: «Sei venuto senza far storie o ti hanno portato qui per forza?». Perché il primo problema è questo: convincerlo a staccarsi dai videogiochi e portarlo davanti allo specialista. Non è facile, spesso il tentativo non riesce. C’è diffidenza e il tentativo di staccarlo dalla consolle degenera in reazioni di evidente dipendenza. Urla, insulti, reazioni violente, botte e graffi ai genitori. Minacce di autolesionismo e ricatti emotivi: mi butto dalla finestra.

La sede di EscTeam a Milano, studio specializzato in diagnosi e cura delle dipendenze da internet, sta al pian terreno della tranquilla via Monte Bianco. Le sale sono semplici, ci sono decorazioni colorate che possono piacere a un ragazzo, l’ambiente vuol essere familiare e rassicurante.

Ci sono anche dei computer e serviranno per la terapia: provare a cancellarli dalla realtà non serve a nulla. Così non sorprende che il dodicenne, seguito dagli operatori, si trovi poi davanti al monitor di un computer a giocare.

 

Un animale per alleato
Così si spazia nel mare magnum delle possibili soluzioni. A volte si usano anche gli animali, con la pet therapy, nel tentativo di ristabilire relazioni vere, fisiche, con la realtà. Gea scodinzola: è un cagnolone che viene gestito da un’educatrice, è super sorvegliato dal punto di vista sanitario tanto da poter entrare negli ambienti medici, è addestrato per non aver mai atteggiamenti violenti.

I giochi utilizzati qui sono evidentemente diversi da quelli cui è abituato a casa, tarati per rappresentare un primo approccio con il giovanissimo “sul suo terreno” per riportarlo poi a una dimensione ragionevole: quello è un passatempo, non è un succedaneo più tranquillizzante della realtà.

Con quella realtà virtuale e alternativa che affascina i giovanissimi, fino ad arrivare a stregarli (la percentuale di soggetti che rischiano fenomeni di dipendenza da videogame tra adolescenti e preadolescenti oscilla tra il 4 e l’8 per cento della popolazione totale, numeri molto significativi) bisogna comunque fare i conti.

Così il direttore clinico Paolo Giovannelli spiega come, negli anni, si sia dovuto anche fare una cultura completa dei nuovi giochi e delle loro modalità fino a diventare un esperto: «I ragazzini non ti riconoscono autorità se non conosci benissimo il loro mondo, se capiscono che non sai nulla dell’argomento di cui si sta parlando. Tu invece devi diventare autorevole con loro», spiega lo psichiatra.

Perché uno dei sintomi della dipendenza da videogiochi è proprio questo: tende ad avere pensieri e fantasie focalizzati sul gioco, anche quando svolge altre attività. Il gioco invade ogni spazio della sua vita, della sua interiorità, dei suoi rapporti. Certo, sull’argomento c’è ancora poca letteratura medica. Una ricerca sistematica in Italia non è mai stata realizzata e i modelli non sono condivisi. Diversi da quelli usati in Corea del Sud o in Cina o in Francia.

Naturalmente ci sono altre spie: il ragazzo sta ore e ore davanti alla macchina, tende ad addormentarsi a scuola, trascura lo studio, è apatico o irascibile quando non può giocare, si infuria quando viene interrotto. Ancora, cerca di procurarsi videogiochi sempre nuovi o insiste perché glieli comprino. Dorme poco, trascura l’igiene, mangia male. Soprattutto, si ritira dal confronto con gli altri.



(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2019/03/02/AEXcy0y-computer_videogiochi_guarire.shtml

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)