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Gli energy drink della discordia: cresce la polemica tra Ministero e produttori

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Salute, energy drink della discordia.

Il ministero: nocivi. I produttori: come caffè.
di Ferdinando Cotugno


Il consumo di energy drink non è scevro di rischi per la salute. Può sembrare un'ovvietà, basterebbe dare un'occhiata in giro per vedere la quantità di Red Bull bevute a raffica dai ragazzini per tenersi svegli durante le serate alcoliche. Ma il parere ha fatto scalpore perché è del comitato per la sicurezza alimentare del ministero della Salute ed è la prima presa di posizione così netta in materia delle istituzioni italiane. L'Assobibe, che tutela i produttori e rivenditori di tutte le bevande analcoliche, ha risposto ricordando che «eventuali effetti sulla salute non derivano dagli energy drink in quanto tali (si tratta di bibite funzionali analcoliche con ingredienti sicuri, in commercio da oltre 15 anni, che rispettano pienamente le normative vigenti) quanto piuttosto dalla caffeina contenuta, un ingrediente peraltro molto diffuso in diversi alimenti». In pratica gli effetti nocivi di tali bevande si manifesterebbero solo con l'abuso, un principio valido anche per il consumo di caffè e te, non solo per Red Bull e affini. Chi ha ragione?


VINCOLI SULLA CAFFEINA. Gli energy drink sono bevande analcoliche che contengono glucosio, caffeina, taurina, guaranina e vitamina B. Esistono da almeno 80 anni, ma sono diventate di massa dalla fine degli Anni 90. Non ubriacano e non dissetano, ma stimolano. Il maggiore vincolo legislativo che ne regola la commercializzazione è la quantità di caffeina in ogni lattina, che non può superare i 32 mg/100 ml, più o meno come una tazzina di caffè espresso. Nel mondo, ne esistono di micidiali con un tasso di caffeina pari al doppio, ma in Italia non si possono vendere. Negli Usa dal 2006 se ne trova anche una chiamata significativamente Cocaine.


Bevande che acuiscono i rischi del consumo di alcol
I timori del Comitato per la sicurezza alimentare sono legati alla modalità del consumo e non al prodotto in sè. Secondo uno studio che citano nel loro parere, redatto dalla facoltà di medicina di Messina, il 57% degli studenti italiani consuma energy drink, spesso legandolo agli alcolici. Per questo motivo, la questione «rappresenta un rilevante problema di salute pubblica». L'energy drink porta a sottovalutare i rischi dell'alcol, a non capire in tempo di aver raggiunto il limite, a non sentire la stanchezza. Morale: bisogna, testualmente, «contrastare l'eventuale diffusione anche in Italia di energy drink alcolici, acquistabili anche online, in particolare nelle fasce di popolazione più deboli, come gli adolescenti».


GLI AMMONIMENTI DEI PRODUTTORI. L'Assobibe non l'ha presa bene. Non solo perché i produttori assicurano di rispettare la legge (il consumo è anche indicato sulle lattine), ma anche perché, già in collaborazione con il ministero della Gioventù, avevano lanciato un sito web per spingere i giovani verso in consumo più responsabile e scoraggiare l'abbinamento di queste bevande con alcolici. Inoltre, ha ricordato l'associazione, soltanto l'1% delle bibite vendute in Italia è un energy drink.

PERICOLO OBESITÀ E RISCHI PER CUORE E OSSA. Questa è solo l'ultima schermaglia sui rischi delle bevande energetiche. Per fare un esempio, la Società italiana di pediatria aveva lanciato un altro allarme al 68esimo congresso a Roma: rischio obesità. Gli energy drink la favorirebbero con l'alto tasso di zuccheri. Danni, secondo i pediatri, anche per fegato, cuore e ossa.
La taurina causerebbe inoltre tachicardia, ipertensione, alterazioni dell'umore, disturbi del sonno. Una ricerca pubblicata su Annals of Pharmacotherapy aveva misurato nel 7-10% l'aumento della frequenza e della pressione cardiaca con due lattine.


A LIVELLO MONDIALE CONSUMATI 4,8 MLN DI LITRI. La questione è aperta. In ballo c'è un mercato enorme e in continua crescita: a livello mondiale, è salito del 14% secondo Zenith International, leader nelle ricerche sul settore beverage. Siamo arrivati a 4,8 miliardi di litri: nel 2007 erano poco più di 3, secondo Zenith nel 2016 saranno 6,5. Un'espansione per cui l'unico ostacolo è rappresentato dalle regolamentazioni: in Germania il processo di approvazione è durato 5 anni.
In Italia il mercato è tutto o quasi di Red Bull (90%), ma il dato più interessante è che l'85% delle bevande viene venduto fuori dai supermercati, quindi in bar, discoteche e autogrill. Alla faccia del consumo lontano dagli alcolici.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)