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Le origini del concetto di Internet Addiction Disorder

Le origini del concetto di Internet Addiction Disorder

RASSEGNA SULLE NUOVE DIPENDENZE TECNOLOGICHE- QUINTA PARTE: LE ORIGINI DEL CONCETTO DI “INTERNET ADDICTION DESORDER”

Da dove provengono i concetti di Internet Addiction (o Internet Addiction Desorder), (IA o IAD) e Internet Pathological Use (PIU)? Il primo studioso ad avere parlato e definito la IAD è lo psichiatra americano Goldberg, nel 1995, che propose una serie di criteri diagnostici per questa nuova patologia. L’intento originario di Goldberg era provocatorio, ma la sua proposta finì per suscitare una serie di discussioni. Fra i criteri proposti per la diagnosi di IAD da Goldberg figurano: cambiamenti drastici dello stile di vita per trascorrere più tempo in rete; diminuzione complessiva dell’attività fisica; disinteresse per la propria salute a causa dell’attività svolta in Internet; evitare attività importanti nella vita reale per trascorrere più tempo in rete; privazione di sonno o cambiamento delle abitudini di sonno per passare più tempo in rete; diminuzione della socializzazione, come risultato delle perdita di amici; trascurare la famiglia e gli amici; rifiutarsi di trascorrere una quantità di tempo prolungata lontano dalla rete; forte desiderio di trascorrere più tempo al computer; trascurare il lavoro e i doveri personali.

E’ però nel 1996, grazie al lavoro clinico pionieristico della psicologa K. Joung, che questo disturbo entra appieno nel dibattito scientifico. Per Joung (1996, 1998) il concetto di IAD indica una forma di abuso/dipendenza da Internet che, come altre forme di dipendenza, può provocare problemi relazionali, sociali, economici e lavorativi. Joung sottolinea come IAD sia classificabile come un disturbo del controllo dell’impulso, che non implica ovviamente una intossicazione. E’ perciò evidente che la studiosa adotta un approccio alla dipendenza dalla rete seguendo il modello delle dipendenze senza sostanze. Inoltre, Joung sviluppa un modello della dipendenza dalla rete distinto in tre fasi: 1) coinvolgimento; 2) sostituzione; 3) fuga. Tuttavia, negli ultimi anni i lavori di Goldberg e Young sono stati criticati per la mancanza di validi criteri diagnostici. Ad esempio, secondo Lavenia (2012, p. 93) i criteri definiti da IAD “non sono in grado di spiegare quali siano le cause né tantomeno i meccanismi che potrebbero sottostare a tale fenomeno”. Il rilievo critico di Lavenia è condiviso da diversi altri autori, secondo i quali l’approccio di Goldberg e Young è vago, non riescendo a delineare in modo rigoroso una sindrome unitaria di dipendenza.

 



(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

http://www.cesda.net/?p=12684

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)