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Adolescenti a rischio depressione: colpa dei social networ?

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Adolescenti a rischio depressione: colpa dei social network

Facebook, Twitter e la comunicazione virtuale sarebbero la causa principale dell'isolamento nei giovanissimi


di Eleonora Lorusso
"Se chiedi a un ragazzo chi veramente potrà essere lì con lui nei momenti difficili della vita, farà fatica a dirti il nome di qualcuno che possa davvero chiamare in quelle circostanza". Parte da questa considerazione Andy Braner, esperto di adolescenti e soprattutto convinto che la vera causa della depressione e della solitudine dei giovanissimi abbia un nome preciso: i social network. Facebook, Twitter e tutti i siti che si propongono di tenerci in contatto, uniti, secondo Braner hanno esattamente l'effetto opposto. Una tesi che ora è contenuta nel nuovo libro di Braner, Alone (letteralmente "da solo"), frutto di esperienze sul campo.


Anzi, nei campi e nei campeggi, a contatto con migliaia di giovani. Lui, infatti, da quando ha iniziato la sua avventura con Camp Kivu in Colorado, nel 2001, ha incontrato circa 20 mila ragazzi. Ciò che lo ha sconvolto maggiormente è l'aver notato come il problema principale dei bambini e dei giovani nelle prime due settimane di programma estivo fosse l'impossibilità di connettersi a internet e ai social network. La prima cosa che veniva fatta era, infatti, quella di chiudere i cellulari, gli iPhone o gli iPad di tutti in un armadietto. In questo modo tutti gli ospiti della struttura erano costretti a passare il tempo in attività che li allenavano a creare legami affettivi e a "parlare a cuore aperto", come ha spiegato lo stesso Braner.


Tra gli episodi che racconta l'educatore, riportati da The Daily Beast , c'è quello riferito alla morte improvvisa del padre di uno dei ragazzi ospiti del campo. Lui non gli scrisse una email di condoglianze, né gli mandò un messaggio tramite Facebook. Prese, invece, un aereo e volò dal Colorado al Texas per raggiungere il ragazzo. Un gesto che però non fu subito compreso dagli adolescenti, nati e cresciuti, invece, con l'abitudine e il bisogno di usare i social network.


Secondo Braner Facebook, così come gli altri social media, danno la sola illusione di un'amicizia, tramite un "click" o un "like", soprattutto nelle giovani generazioni che arrivano a non conoscere altro genere di vita, se non quella attraverso i social media. Del resto, la tesi di Braner è confermata anche da altri studi analoghi. Una ricerca di Common Sense Media ha dimostrato di recente come, nonostante la diffusione di internet tra i giovani, questi preferiscano (quando è possibile) la conversazione faccia a faccia con i coetanei alle chat on line. Intervistando un campione di 1030 ragazzi americani tra i 13 e i 17 anni, è infatti emerso che il 75% ha una pagina personale su un social network, che frequenta quotidianamente. Il 90% ha provato ad usare o usa Facebook o Twitter, ma il 49% preferisce parlare di persona con gli amici. Il dato più allarmante è però il fatto che il 41% degli adolescenti ammette di essere dipendente da smartphone o computer per connettersi alla rete, e almeno una volta al giorno sente di bisogno di controllare social network come Facebook.


Più preoccupanti ancora i dati relativi ad uno studio condotto dalla "American Academy of Pediatrics", secondo cui i teenagers che hanno poca autostima possono cadere in depressione, se si convincono di non avere un numero adeguato di amici. Quella che però potrebbe essere una fisiologica competizione tra i giovani, verrebbe accentuata dai social network, aumentando il senso di debolezza di molti ragazzi. La possibilità, sul web, di postare commenti ironici o discriminatori, inoltre, favorirebbe la diffusione del cyberbullismo. Per questo i ragazzi più fragili tenderebbero a passare più tempo collegati ad internet, nel tentativo di trovare amici e postare foto che li rendano più graditi agli altri, nascondendo i propri difetti.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)