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Ansia, depressione e farmaci: i rischi del fai-da-te

Ansia, depressione e farmaci: i rischi del fai-da-te

Ansia, depressione e farmaci: i rischi del fai-da-te

 

Ogni anno il 25 per cento della popolazione europea si ammala di ansia o depressione. A dichiararlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nell’ultimo decennio ha registrato un costante aumento del numero di persone a cui è stato diagnosticato un disturbo ansioso o depressivo, con conseguente aumento dell’utilizzo di psicofarmaci. Uno studio della fondazione Openpolis ha ripreso una pubblicazione di Civio, rivista europea partner di Edynet, la rete europea del data journalism, che accende una luce su un fenomeno poco conosciuto. Sempre secondo l’Oms i disturbi mentali rappresentano il 26 per cento di tutte le malattie nei paesi dell’Unione europea e la sola depressione raggiunge quota 15 per cento.

“Sosteniamo una vita più stressante rispetto a dieci anni fa – dice a Lumsanews il professor Fabio Lugoboni, responsabile dell’Unità Medicina delle Dipendenze del Policlinico Borgo Roma di Verona – e la risposta di fronte a queste situazioni stressanti solitamente è di tipo ‘on-off’: se facciamo fatica a fare qualcosa o avvertiamo ansia, immediatamente prendiamo un farmaco per risolvere il problema”.

Il ruolo della pandemia

Secondo il Rapporto nazionale sull’uso dei farmaci in Italia, realizzato dall’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali dell’AIFA (OsMed), nel 2020, l’anno caratterizzato dalla pandemia da Covid-19, gli antidepressivi rappresentavano il 3,7 per cento del consumo totale di farmaci, confermando un trend in aumento a partire dal 2014.

“Durante la pandemia il consumo degli psicofarmaci è aumentato soprattutto in chi li assumeva già prima dell’emergenza sanitaria”, spiega Fiammetta Cosci, direttrice del gruppo di ricerca “Smettere gli psicofarmaci”, unico centro italiano dedicato dell’Università di Firenze. “In particolar modo sono aumentati i problemi di ansia e sonno”, aggiunge Lugoboni. 

Nel 2020 l’EpiCentro, il portale di epidemiologia per gli operatori sanitari dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, ha condotto uno studio per valutare l’impatto della pandemia e della quarantena sulla salute mentale della popolazione. 

Su un campione di 20.720 partecipanti è emerso che durante il lockdown sono aumentati i livelli di ansia, depressione e sintomi legati allo stress, soprattutto in soggetti femminili, e che la prolungata esposizione a questi stimoli negativi ha aumentato il rischio di presentare sintomi ansioso-depressivi, confermando il trend in crescita.

La dipendenza da benzodiazepine: tra gli psicofarmaci più pericolosi

Una delle cause dell’aumento della dipendenza farmacologica per i disturbi d’ansia e di depressione è l’accesso sempre più facile ai medicinali antidepressivi, spesso preferiti a cure psicologiche. Tra questi le benzodiazepine, farmaci dall’attività sedativa, ipnotica e ansiolitica, il cui abuso può creare un vortice di dipendenza dal quale uscire diventa molto faticoso. “L’abuso di benzodiazepine causa una dipendenza psicofisica spesso caratterizzata dal desiderio compulsivo di assumere il farmaco”, afferma Graziano Pinna, neuroscienziato e ricercatore italiano dell’Università dell’Illinois

“Le benzodiazepine a differenza di altri antidepressivi hanno un uso raccomandato che non deve superare le quattro settimane perché – specifica Lugoboni – prolungando questo tempo il rischio di sviluppare dipendenza cresce di molto”. Quando si è sulla via dell’abuso, “si verificano principalmente due cose: dipendenza, e quindi si è costretti a continuare ad assumere il farmaco perché se viene sospeso si sta male, e tolleranza o assuefazione, cioè col tempo è necessario aumentare le dosi perché quelle iniziali non fanno più effetto”.

Tuttavia, non tutti gli addetti ai lavori hanno un’idea negativa delle benzodiazepine. “La letteratura scientifica suggerisce che non tutte sono uguali: alcune hanno una probabilità alta di indurre dipendenza mentre per altre è molto bassa”, ricorda la dottoressa Cosci. Le benzodiazepine sono state spesso al centro di una campagna denigratoria poiché considerati farmaci pericolosi ma “si tratta di farmaci il cui utilizzo è molto ampio e la cui efficacia è ampiamente dimostrata”, chiarisce Cosci. 

Dello stesso parere anche Cesare Porcelli, neuropsichiatra della Azienda sanitaria locale di Bari, che spiega: “Le benzodiazepine hanno un margine terapeutico molto ampio per cui non possono essere ritenute solo pericolose, a condizione, naturalmente, che chi ne consiglia l’uso lo faccia secondo precise regole che rispettino i vari parametri farmacologici. Sono sicuramente farmaci che possono creare dipendenza o assuefazione ma questi sono in genere effetti secondari ad un uso non corretto del farmaco”.

Anche sotto questo aspetto un ruolo importante lo ha svolto la pandemia. Secondo i dati dell’Istituto europeo per il trattamento delle dipendenze (IEuD), in Italia nei primi sei mesi del 2020 i consumi di benzodiazepine hanno subito un’accelerazione, con tassi di crescita di oltre il 4 per cento.

 



 

(...omissis...)

 

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

https://www.lumsanews.it/ansia-depressione-e-psicofarmaci-i-rischi-del-fai-da-te/

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)